(Adnkronos) – “Non si possono misurare queste cose”, così il virologo Andrea Crisanti sull’allarme, lanciato dal fondatore di Microsoft, Bill Gates, secondo il quale “siamo ancora a rischio che questa pandemia generi una variante ancora più trasmissibile e ancora più fatale” e calcola “molto al di sopra del 5%” la possibilità che non si sia “ancora visto il peggio”.
La valutazione del magnate dell’informatica, spiega all’Adnkronos Salute il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, “emerge dal fatto che in questo momento siamo di fronte a un processo evolutivo del virus che in qualche modo è spinto dalla necessità di trovare delle varianti che siano altamente trasmissibili e nello stesso tempo infettino persone vaccinate. Noi però – riflette l’esperto italiano – quello che possiamo delineare sono i contorni di questo processo evolutivo. L’esito non siamo in grado di prevederlo. Non necessariamente si avvererà quel che dice Bill Gates, non è possibile fare previsioni”.
Quanto al “caso di New York”, che sta vivendo in questi giorni un nuovo aumento dei contagi, complice una sottovariante di Omicron, sebbene rimangano bassi ricoveri e morti, “dimostra che il vaccino funziona ed è questa la cosa più importante. Le mascherine? Non fanno miracoli. Nel senso che non proteggono a livello di popolazione ma chi le indossa, che è una cosa completamente diversa”.
Mentre nella Grande Mela è tempo di valutazioni su obblighi di mascherine (e di vaccino), il virologo puntualizza: questi dispositivi “proteggono chi li indossa e nel tempo in cui li indossa. Se una persona li usa al supermercato e poi va al bar, al ristorante e allo stadio, è chiaro che la mascherina non fa miracoli. A livello di popolazione c’è un impatto trascurabile. Quindi in Italia”, dove l’obbligo è stato tolto, tranne che in alcuni precisi ambiti in cui resta in vigore fino a metà giugno, “continuiamo sulla strada che stiamo seguendo e basta”, evidenzia Crisanti, sottolineando l’importanza di proteggere i fragili per ‘riaprire’ le società.