Sull’uso dell’anakinra contro il Covid, “auspichiamo che ci possa essere una presa in considerazione da parte di Aifa il più velocemente possibile”, mentre “dall’Agenzia europea del farmaco Ema, se non ci saranno ulteriori richieste, ci aspettiamo una decisione, quale che sia di approvazione o meno” “entro la metà di ottobre”. Lo dice all’Adnkronos Salute Sergio Lai, vice president e general manager di Sobi (Swedish Orphan Biovitrum), l’industria biofarmaceutica multinazionale che ha supportato lo studio ‘Save-more’, pubblicato su Nature che dimostra come il trattamento precoce con il farmaco anakinra (già usato per trattare l’artrite reumatoide e altre gravi patologie infiammatorie) nei pazienti Covid riduca del 55% la mortalità e i ricoveri in terapia intensiva.
“La domanda di estensione e di registrazione per l’utilizzo anche nel Covid del prodotto anakinra, Kineret*nome commerciale, e che – ricorda Lai – è in uso da oltre 20 anni per altri scopi e ha un profilo di sicurezza elevatissimo, perché è un farmaco che ha delle caratteristiche naturali, è in questo momento in stato di valutazione da parte di Ema. Quindi – conclude Lai – Ema sta seguendo il suo percorso con i suoi tempi, con le sue valutazione e stiamo aspettando”.
“Lo studio che come Sobi abbiamo supportato, è un trial internazionale condotto su 608 pazienti che ha coinvolto 28 centri in Grecia e 8 centri tra i più importanti in Italia” tra cui l’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani e il Policlinico Gemelli di Roma, il San Raffaele di Milano, gli Spedali Civili di Brescia e il San Martino di Genova e “ha prodotto dei risultati straordinari. Uno studio confermativo – spiega Lai – realizzato su richiesta dell’Agenzia europea del farmaco Ema che faceva seguito a uno studio di Fase 2 sempre realizzato in Grecia, in cui abbiamo seguito tutte quelle che erano le modalità e le richieste per quanto riguarda la registrazione: uno studio randomizzato in doppio cieco, quindi uno studio di altissimo profilo”.
Ora, in attesa del pronunciamento dell’Ema, “Aifa – sottolinea il manager Sobi – ha la possibilità, come già dimostrato nel caso della terza dose di vaccino anti-Covid e in altre situazioni, di poter fare scelte autonome secondo quelle che sono la validità di dati che vengono sottoposti da parte di alcuni sperimentatori. Questo – ricorda – è avvenuto, nel senso che alcuni sperimentatori avevano mandato delle richieste di approvazione secondo quella che è la normativa 648 e Aifa ha deciso di declinare queste richieste che erano state mandate. Questo declino – precisa però Lai – era stato fatto con i dati quasi definitivi, non ancora con la pubblicazione avvenuta su Nature. Quello che noi auspichiamo ora è che, in attesa dell’approvazione dell’Ema, Aifa possa anche valutare” una approvazione autonoma.
“Sul perché Aifa non lo abbia fatto non entro nel merito perché – afferma il vice president Sobi – ogni mia dichiarazione potrebbe essere una speculazione, quindi sto semplicemente ai fatti: hanno ritenuto che non ci fossero al momento della valutazione tutti gli elementi per poter dare un’approvazione”. Ma “in questo momento – ricorda – siamo alle ultime pubblicazioni, i dati parlano molto chiaro, lo studio ha dato dei risultati straordinari: stiamo parlando di riduzione della mortalità tra il 50 e l’80%, riduzione della progressione del decadimento della parte respiratoria di oltre il 70%, della riduzione dell’ospedalizzazione da 4 a 1 giorno, di oltre il 50% di pazienti che possono essere dimessi senza carica virale. Non c’è farmaco al mondo, e lo dico a voce alta, che abbia dimostrato questi dati”.
“Sono tutti dati straordinari – sottolinea – e auspichiamo che ci possa essere una presa in considerazione da parte di Aifa più velocemente possibile. Ma – chiarisce il manager – lascio a loro la decisione, a ognuno il proprio compito. A noi spetta produrre dati validi come abbiamo dimostrato e metterli a disposizione delle autorità per poterci confrontare con loro, a loro valutarli per dare una risposta il più efficace possibile ai pazienti che fin ora – sottolinea – non hanno molte opportunità di cura altrettanto valida”.
“A livello personale – conclude Lai – mi permetto di dire che ci siamo troppo facilmente abituati ad avere 70 morti al giorno. Settanta morti al giorno vogliono dire 500 morti a settimana, un piccolo paesino italiano che se ne va. A questa cosa non mi abituerò mai. E noi riteniamo che una parte di questi 70 potevano essere salvati, tutto qua”.