(Adnkronos) –
Italia nel mirino degli hacker con un aumento del 169% degli attacchi nel 2022 rispetto al 2021. E con 2.489 incidenti gravi a livello globale, il 2022 si caratterizza per l’ennesima volta come l’anno peggiore di sempre per la cyber security: sono stati 440 gli attacchi in più rispetto al 2021, che segnano una crescita annua del 21%; la media mensile degli incidenti è stata 207, contro i 171 dell’anno precedente. Il picco massimo dell’anno, e di sempre, si è registrato nel mese di marzo, con 238 attacchi. Sono i dati che emergono dal Rapporto Clusit 2023, presentato questa mattina alla stampa da Clusit, l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica.
Nel contesto delle crescenti tensioni internazionali tra superpotenze e di un conflitto ad alta intensità combattuto ai confini dell’Europa anche l’Italia appare ormai in maniera evidente nel mirino: nel 2022 nel nostro Paese è andato a segno il 7,6% degli attacchi globali (contro il 3,4% del 2021). In numero assoluto, emerge dal rapporto, sono stati 188 gli attacchi verso il nostro Paese, dato che segna un incremento del 169% rispetto all’anno precedente. A completare il quadro italiano, la gravità elevata o critica nell’83% dei casi.
Negli ultimi cinque anni si è verificato un cambiamento sostanziale nei livelli globali di cyber-insicurezza mondiali – hanno commentato i ricercatori di Clusit illustrando i trend di crescita degli incidenti – al quale non è corrisposto un incremento adeguato delle contromisure adottate dai difensori. Dal 2018 al 2022 è stata rilevata una crescita degli attacchi pari al 60%; nello stesso periodo la media mensile di attacchi gravi a livello globale è passata da 130 a 207. In un contesto di cybercrime già in costante crescita, nel 2022 il conflitto tra Russia e Ucraina ha attivato capacità cibernetiche offensive utilizzate dai contendenti, dai loro alleati e in generale dai principali attori globali a supporto di attività di cyber-intelligence, di cyber-warfare e di operazioni ibride.
Commentando i dati relativi agli attacchi nel nostro Paese, il presidente di Clusit, Gabriele Faggioli ha dichiarato: “È necessaria una ulteriore evoluzione nell’approccio alla cybersecurity. Occorre non solo che permanga il driver normativo, ma che si mettano in atto a tutti i livelli i processi di valutazione e gestione del rischio per il business, atti a calibrare adeguatamente gli investimenti sulla base delle reali necessità”.
“Serve inoltre pensare in ottica di razionalizzazione degli adempimenti normativi, oltre ad evolvere in chiave di economia di scala, di condivisione della conoscenza, delle risorse e dei costi cyber, considerando che tanti piccoli investimenti autonomi non fanno una grande difesa ma solo tante inefficienti difese”, ha proseguito Faggioli.
“Auspichiamo che in Italia le iniziative istituzionali siano sostenute anche dalle singole imprese e pubbliche amministrazioni, in un’ottica di collaborazione pubblico-privato, tramite la costituzione e l’evoluzione di processi adeguati di monitoraggio della sicurezza, incident management, crisis management, e servizi Soc, tra gli altri”, ha concluso Faggioli.
I malware la tecnica più usata per gli attacchi
Il malware rappresenta la tecnica con cui viene sferrato il 37% degli attacchi globali; seguono vulnerabilità (12%, escludendo la componente di attacchi basati sui cosiddetti “0-day”), phishing e social engineering (12%), in crescita del 52% sul totale rispetto allo scorso anno, come gli attacchi DDoS (4%), che segnano una variazione percentuale annua del +258% e tecniche multiple (+72% la variazione percentuale annua), in virtù della natura più complessa degli attacchi. E’ quanto emerge dal Rapporto Clusit 2023, presentato questa mattina alla stampa da Clusit, l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica.
Anche nel nostro Paese, come nel resto del mondo, prevalgono gli attacchi per mezzo di malware, che rappresentano il 53% del totale italiano, un valore che supera di 6 punti percentuali il dato globale. In Italia, notano i ricercatori di Clusit, gli incidenti in questo settore hanno impatti gravi o gravissimi nel 95% dei casi.
“Gli attacchi nel nostro Paese vengono compiuti con tecniche quasi sempre standardizzate, ormai frutto dell’industria del cyber-crime che è la matrice prevalente delle attività malevole. Questo conferma come l’aumento degli attacchi in Italia sia con-causato da forti limiti nella capacità di difesa delle vittime”, ha commentato Alessio Pennasilico, membro del Comitato Scientifico di Clusit e coautore del Rapporto.
Nel nostro Paese hanno invece avuto un impatto minore rispetto al resto del mondo gli attacchi di phishing e di ingegneria sociale, pari all’8%, mentre resta preoccupante la percentuale di incidenti basati su vulnerabilità note – pari al 6%, comunque inferiore rispetto al dato globale – che denotano la persistente inefficacia dei processi di gestione delle vulnerabilità e degli aggiornamenti di sicurezza nelle nostre organizzazioni. Gli attacchi DDoS rappresentano il 4%, in linea con il dato globale, in diminuzione dal 2021 come confermato anche dall’analisi Fastweb della situazione italiana in materia di cyber-crime contenuta all’interno del Rapporto Clusit.
Secondo i ricercatori di Clusit appare probabile una migliorata capacità di protezione delle organizzazioni su questo fronte, insieme alla tendenza dei cybercriminali ad adottare tecniche di attacco meno impegnative e più redditizie, come le campagne malware. Infatti, ben il 64% degli incidenti a livello globale hanno come causa azioni “maldestre”, degli utenti o del personale informatico nelle aziende. “Ritroviamo malware, vulnerabilità, phishing e social engineering ed account cracking ancora tra le tecniche più utilizzate dai criminali informatici: questo significa che ancora non sappiamo gestire correttamente i nostri account, non teniamo aggiornati i nostri dispositivi, server o servizi e clicchiamo incautamente link pericolosi nelle email”, afferma Pennasilico.
Nel Rapporto Clusit non manca inoltre il riferimento agli eventi che hanno colpito nel 2022 i singoli cittadini e le pmi, ben messi in luce dal contributo della Polizia Postale e delle Comunicazioni. “Rileviamo che anche nel contesto della vita digitale sociale le minacce cyber stanno assumendo un grado di estensione sempre più preoccupante: è imprescindibile che la scuola, l’università, i soggetti pubblici e privati lavorino in sinergia per sviluppare una cultura della sicurezza che sia parte del patrimonio di conoscenze di tutti i cittadini, a partire dalle nuove generazioni”, ha affermato Gabriele Faggioli, presidente di Clusit.