Digitale, Italia in ritardo su formazione e solo 46% adulti con competenza di base

(Adnkronos) – Nel mondo è in corso una vera e propria rivoluzione industriale causata dall’ingresso delle tecnologie digitali nel comparto manifatturiero e in quello agricolo. Una rivoluzione che presenta numerose opportunità di leadership internazionale per l’Italia e per le sue aziende, ma anche molteplici sfide a cui rispondere in maniera coordinata tra Istituzioni, Aziende e stakeholder. Su tutte, quella delle competenze: elemento necessario per le aziende per essere competitive in mercati sempre più dinamici e come leva per garantire una maggiore inclusione economico e sociale. È questo il principio che ha guidato la realizzazione dello Studio “Verso un New Deal delle Competenze in ambito agricolo e industriale”, elaborato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Philip Morris Italia, presentato oggi nell’ambito del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte anche Marco Hannappel (Presidente e Amministratore Delegato, Philip Morris Italia) e l’Advisor scientifico e portavoce dell’iniziativa Claudio De Vincenti (Presidente, Aeroporti di Roma). 

La ricerca si è posta l’obiettivo di definire gli elementi per un New Deal delle competenze legate alle tecnologie 4.0. L’Italia mostra infatti un forte ritardo sulla formazione digitale, sia per quanto riguarda la formazione in ingresso che per quanto riguarda la formazione permanente. Questo, tuttavia, in un contesto di rapida trasformazione tecnologico- produttiva: una vera e propria nuova rivoluzione industriale, che riguarda sia il settore manifatturiero che quello agricolo, con l’introduzione di tecnologie digitali ed automazione in entrambi i comparti. La ricerca ha quindi analizzato i principali trend tecnologici legati alla digitalizzazione in manifattura e agricoltura per individuare le relative competenze richieste, tramite un’azione di analisi e dialogo con aziende, istituzioni e territori. 

L’Italia risulta in ritardo sulle competenze digitali, sia per quanto riguarda la formazione in ingresso che per quanto riguarda la formazione permanente. Il Paese risulta 24esimo su 27 nell’indice Digital Economy and Society Index (Desi) della Commissione Europea, con una performance particolarmente deludente sul fronte del capitale umano digitale. Il ritardo digitale del Paese è particolarmente forte nelle competenze , dove l’Italia si posiziona terzultima in Europa con appena il 46% della popolazione adulta con competenze digitali di base. Il ritardo è confermato da una serie di altri indicatori chiave, tra cui il numero di laureati in corsi di laurea Ict e discipline Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics), con anche un importante divario di genere (solo il 17% dei professionisti Ict è donna). 

Lo studio ha messo in evidenza alcuni punti chiave. Manifattura e agricoltura intelligente sono una direttrice imprescindibile per il successo del Paese: il 97% delle aziende manifatturiere e il 98% di quelle agricole coinvolte ha implementato progetti di digitalizzazione dei processi produttivi. Sulle competenze 4.0, le aziende agricole risultano più soddisfatte di quelle manifatturiere per il livello di competenze sviluppate dal sistema scolastico, anche per l’importanza della formazione on-the-job. Lo evidenzia la survey che, coinvolgendo più di 200 imprese, mostra che il 54% delle aziende agricole è soddisfatto delle competenze dei laureati e il 48% di quelle dei diplomati. Molto diversi, invece, i risultati in ambito manifatturiero, dove appena il 26% è soddisfatto delle competenze dei diplomati e il 40% di quelle dei laureati. 

L’Italia registra un gap significativo con i partner internazionali rispetto alla formazione tecnica post-scuola e a quella continua. Sulla formazione tecnica post-scuola, il numero di iscritti al sistema italiano degli Its (recentemente ribattezzati Its Academy) dovrebbe crescere di 40 volte per essere al passo con quello tedesco. Inoltre, l’Italia risulta particolarmente debole rispetto alla formazione continua, che rappresenta un elemento chiave per mantenere alta la competitività in un contesto di rapido cambiamento tecnologico e industriale. 

La ricerca ha mappato le competenze chiave per l’agricoltura e per la manifattura intelligente, identificando le priorità su cui investire per istituzioni e imprese. In particolare, per l’agricoltura intelligente risultano prioritarie le competenze su sostenibilità, digitale, comunicazione e competenze tecniche avanzate. Per la manifattura sono invece prioritarie le competenze Ict avanzate, di Ai e Machine learning, Data Science e Project management, senza trascurare le competenze soft, quali la multidisciplinarità e l’imprenditorialità. 

L’iniziativa di ricerca è stata guidata, oltre che dal portavoce Claudio De Vincenti, anche dagli Advisor scientifici Angelo Frascarelli, Presidente, Ismea e Docente di Economia ed Estimo Rurale, Università degli Studi di Perugia, e Giorgio Ventre, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione della Federico II e Direttore Scientifico della Ios Developer Academy di Napoli. Nell’ambito dei lavori di ricerca, è stato portato avanti un intenso lavoro con stakeholder e istituzioni. Sono infatti stati consultati mediante incontri riservati circa 25 vertici di Ministeri, Istituzioni, e Associazioni di Categoria. Sono inoltre stati organizzati 2 Tavoli di Lavoro, uno sui temi della manifattura intelligente e uno su quello dell’agricoltura intelligente, che hanno coinvolto 23 aziende. Infine, è stata lanciata una survey, che ha coinvolto circa 200 aziende provenienti dai comparti manifatturiero e agroindustriale – grazie al supporto e al coinvolgimento di Coldiretti – sondandone aspettative e gli orientamenti circa lo sviluppo delle competenze connesse all’Intelligent Manufacturing e alla Smart Agriculture” 

Sulla base delle prospettive fornite dalle attività di stakeholder engagement – survey, interviste riservate e tavoli di lavoro, sono state elaborate le 3 proposte chiave per lanciare il New Deal delle competenze per la manifattura intelligente e per l’agricoltura intelligente. 

La proposta 1 prevede di ridare centralità all’istruzione tecnico-scientifica: prevedere meccanismi di coordinamento tra Its e Università per combattere la dispersione scolastica; prevedere misure specifiche per stimolare la diffusione di competenze tecniche e digitali nella popolazione femminile; investire sull’orientamento obbligatorio a partire dal terzo anno di liceo, coinvolgendo università e imprese e lavorando in particolar modo sulle ragazze, avvicinandole al mondo Stem fin dai primi livelli di scolarizzazione; ridefinire i percorsi e i programmi degli istituti agricoli e agroalimentari favorendo un maggior allineamento con le esigenze delle imprese attraverso uno screening delle figure professionali necessarie in ciascun territorio specifico; in linea con la riforma degli Its appena realizzata, definire le nuove aree tecnologiche attorno alle 4 competenze chiave per l’agricoltore del futuro: competenze digitali, competenze tecnico-scientifiche avanzate, competenze di sostenibilità, competenze di comunicazione. 

La Proposta 2 prevede di incentivare la formazione continua: istituire titoli di studio ad hoc (es: Master brevi o Corsi di Perfezionamento) per facilitare l’interscambio tra Università e mondo dell’impresa; Potenziare i meccanismi di incentivazione per la partecipazione a corsi di formazione non solo per le imprese, ma anche per i lavoratori; Fare leva su best practices esistenti (es: Fondo per il Contrasto della Povertà Educativa) per canalizzare le risorse private e il terzo settore verso la formazione; Ridefinire i programmi di formazione aziendale secondo le 4 competenze chiave individuate e introdurre meccanismi di monitoraggio dell’efficienza dei singoli programmi; Favorire la collaborazione pubblico privato nello sviluppo di competenze, incentivando le grandi aziende e i capo filiera a costruire strutture di formazione ispirate dalle Academy aziendali di maggior successo; Creare, attraverso il ruolo dei capofiliera, dei distretti produttivi in cui incentivare la partecipazione degli associati a momenti di formazione. 

La Proposta 3 prevede di definire obiettivi quantitativi concreti sulla formazione 4.0 tra cui: la riduzione di almeno un terzo del Gap con Germania nel dimensionamento degli Its, arrivando a circa 200mila iscritti; in particolare, attraverso il potenziamento degli Ites agroalimentari, favorendo l’istituzione di almeno 1 Its agricolo per Regione (oggi 7 Regioni scoperte) e potenziando il numero di iscritti complessivi. L’aumento del numero di iscritti alle facoltà di ingegneria di 85.000 unità, in linea con i best performer europei; la riduzione del divario territoriale e di genere delle competenze digitali del 50%. L’individuazione di Kpi e fattori critici che permettano la scalabilità delle best practices su tutto il territorio nazionale. 

(Adnkronos)