E’ morto Alberto Asor Rosa, storico della letteratura e intellettuale militante

E’ morto a Roma lo storico della letteratura Alberto Asor Rosa, professore emerito di Letteratura italiana all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, dove ha insegnato dal 1972 e dove ha diretto il Dipartimento di Studi filologici, linguistici e letterari. Asor Rosa aveva 89 anni. Da una decina di giorni era ricoverato nella clinica Villa Margherita. Negli ultimi due anni l’intellettuale ha sofferto di ripetuti problemi cardiaci e polmonari.

Studioso e critico letterario militante d’ispirazione marxista, in gioventù vicino alle posizioni operaiste del filosofo Mario Tronti, Asor Rosa ha studiato soprattutto i rapporti fra letteratura e ideologie politiche, giungendo a un’idea della critica letteraria sempre permeata di rispetto nei confronti dell’individualità dell’opera. Ha seguito con continuità la produzione letteraria contemporanea e ha firmato riflessioni sul ‘canone’ dei classici e sulle origini della nostra letteratura. Ha diretto la grande impresa della “Letteratura italiana Einaudi”, apparsa fra il 1982 e il 2000 in 16 volumi, e poi la “Storia europea della letteratura italiana” (Einaudi, nel 2009, tre volumi), segnando per la prima volta il carattere compiutamente europeo della nostra letteratura. Asor Rosa ha chiuso il cerchio con la “Breve storia della letteratura italiana” (Einaudi, 2013, due volumi), fornendo al lettore un quadro al tempo stesso sintetico ed esaustivo della nostra fenomenologia letteraria.

L’intellettuale ha diretto le riviste “Contropiano” (1968-71), “Laboratorio politico” (1981-83) e il settimanale del Pci “Rinascita” (1990-91) e ha collaborato a numerosi altri periodici, tra i quali “Quaderni rossi”, “Classe operaia” e “Mondo Nuovo”. È stato deputato del Pci nel 1979-80. Figura di primo piano nella vita intellettuale della sinistra italiana, la sua lunga e intensissima attività di professore, critico militante, organizzatore di cultura, dirigente politico e saggista appare caratterizzata dalla congiunzione costante fra “la critica spregiudicata di tutto ciò che esiste” e un senso weberiano della “politica” e delle sue “responsabilità”.

Nato a Roma il 23 settembre 1933, Asor Rosa si diplomò al Liceo Classico Augusto di Roma e poi si laureò all’Università “La Sapienza” con l’illustre italianista Natalino Sapegno. Dopo il lavoro d’esordio, un profilo di Vasco Pratolini (Edizioni Moderne, 1958), pubblicò il saggio “Scrittori e popolo” (Samonà e Savelli, 1965; nuova edizione Einaudi, 1988), che suscitò vasto dibattito, “saggio sulla letteratura populista in Italia” in cui la critica letteraria tendeva a risolversi in una decisa critica della letteratura, anche quella contemporanea, bocciando, ad esempio, il romanzo di Pier Paolo Pasolini “Ragazzi di vita”.

La radicalità di questa impostazione si è andata poi stemperando a vantaggio di un’idea della critica in primo luogo rispettosa dell’individualità dell’opera e aperta a una molteplicità di apporti disciplinari.

Tra i lavori successivi: “Thomas Mann o dell’ambiguità borghese” (De Donato, 1971); “Intellettuali e classe operaia: saggi sulle forme di uno storico conflitto e di una possibile alleanza” (La Nuova Italia, 1973); alcuni studi sul Seicento (“La cultura della Controriforma”, Laterza, 1974; “Galilei e la nuova scienza”, Laterza, 1974; “I poeti giocosi dell’età barocca”, Laterza, 1975; “La lirica del Seicento”, Laterza, 1975); il contributo su “La cultura” (2º tomo del volume “Dall’Unità a oggi”, 1975) nella Storia d’Italia Einaudi. I suoi saggi pubblicati della “Letteratura italiana Einaudi” sono stati poi riuniti in “Genus Italicum: saggi sulla identità letteraria italiana nel corso del tempo” (Einaudi, 1997).

Da ricordare anche gli scritti di più diretto intervento sulla realtà (“Le due società: ipotesi sulla crisi italiana”, Einaudi, 1977; “La repubblica immaginaria: idee e fatti dell’Italia contemporanea”, Mondadori, 1988; “Fuori dall’Occidente, ovvero Ragionamento sull’Apocalissi'”, Einaudi, 1992; “La sinistra alla prova: considerazioni sul ventennio 1976-1996”, Einaudi, 1996) o di riflessione su temi vari (“L’ultimo paradosso”, Einaudi, 1985; “La guerra: sulle forme attuali della convivenza umana”, Einaudi, 2002).

Asor Rosa ha quindi riunito i suoi saggi novecenteschi in “Un altro Novecento” (La Nuova Italia, 1999) e quelli dedicati a Italo Calvino in “Stile Calvino: cinque studi” (Einaudi, 2001); ha inoltre curato il volume collettaneo “Letteratura italiana del Novecento: bilancio di un secolo” (Einaudi, 2000).

Del 2002 è il suo primo romanzo, “L’alba di un mondo nuovo” (Einaudi), ambientato nell’Italia della seconda guerra mondiale, del 2005 “Storie di animali e altri viventi” (Einaudi) e del 2010 “Assunta e Alessandro” (Einaudi). Nel 2009 è uscito il volume “Il Grande silenzio – Intervista sugli intellettuali” (Laterza, Premio Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante), in cui Asor Rosa, intervistato da Simonetta Fiori, riflette sulla storia degli intellettuali, soprattutto della seconda metà del Novecento, in Italia, mentre nel 2011 è uscita da Einaudi, ormai da tempo il suo editore, la raccolta di saggi di critica letteraria “Le armi della critica. Scritti e saggi degli anni ruggenti (1960-1970)”; nel 2013 è stata pubblicata la raccolta “Racconti dell’errore”, che indaga i temi della memoria, del tempo e della morte.

Tra le sue opere più recenti: “Letteratura italiana. La storia, i classici, l’identità nazionale” (2014); “Scrittori e popolo 1965. Scrittori e massa 2015” (2015), in cui cerca di dare ordine alla produzione letteraria degli scrittori nati dopo il 1960; la raccolta di racconti “Amori sospesi” (2017); “Machiavelli e l’Italia. Resoconto di una disfatta” (2019); “L’eroe virile. Saggio su Joseph Conrad” (2021). Nel 2005 gli sono stati dedicati studi in onore: “Critica e progetto. Le culture in Italia dagli anni Sessanta a oggi” (Carocci, a cura di Lucinda Spera), mentre è del 2020 il volume “Scritture critiche e d’invenzione”, contenente un’ampia selezione della sua produzione saggistica e letteraria (a cura di Luca Marcozzi, con uno scritto di Massimo Cacciari, saggio introduttivo di Corrado Bologna, Collana I Meridiani, Mondadori).

Il 13 aprile 2011 Asor Rosa destò scalpore e critiche per un suo articolo, pubblicato su “il manifesto”, dal titolo “Non c’è più tempo”, al tempo dell’ultimo governo Berlusconi, con il quale teorizzava “una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano” instaurasse “quello che io definirei un normale ‘stato d’emergenza'”. I suoi detrattori, specie quelli di centro-destra, lo accusarono di auspicare un colpo di Stato contro il leader di Forza Italia, che poco tempo dopo dovette lasciare l’incarico in favore di Mario Monti.

Alberto Asor Rosa era l’unico intellettuale a poter vantare un cognome palindromo. Durante il movimento cosiddetto creativo del Settantasette sui muri della “Sapienza” a Roma comparve la scritta “Asor Rosa, sei palindromo”. L’annotazione appariva stravagante, ma cosa potesse voler dire lo spiegò (da destra) con malignità il giornalista Indro Montanelli, sempre nel 1977: “Asor Rosa è un palindromo. Lo si può leggere da sinistra o da destra, e vuol dire la stessa cosa, cioè niente”.

Montanelli fu poi querelato da Asor Rosa quasi 20 anni dopo: nel marzo 1995 un articolo pubblicato dal quotidiano “La Voce” (fondato dal giornalista dopo l’abbandono del “Giornale” in seguito alla discesa in campo di Berlusconi) riferì delle presunte accuse dell’ex capo del Sisde Riccardo Malpica nei confronti di Asor Rosa, sostenendo che era stato sospettato di essere uno degli intellettuali marxisti ispiratori dei comunicati delle Brigate Rosse. Nel 1998 la vicenda giudiziaria si concluse con il ritiro della querela da parte del professor Asor Rosa, dopo che quest’ultimo aveva ricevuto da Montanelli una lettera di scuse in cui riconosceva che quell’articolo era basato su ”affermazioni risultate completamente infondate”.

(di Paolo Martini)

(Adnkronos)