(Adnkronos) – I consumi di energia elettrica si sono ridotti dell’1,1%; la diminuzione dei consumi elettrici è stata più sensibile nell’industria (-3,9%), nel residenziale (-2,8%) e nell’agricoltura (-1,7%), in aumento invece nel settore terziario (+4%). La domanda nazionale è stata soddisfatta per poco più dell’86% dalla produzione nazionale, mentre per la parte rimanente dal saldo con l’estero. Questi valori sono in linea con quelli del 2021 (ma nel 2020 la quota di produzione nazionale era stata invece del 90%). La produzione nazionale è diminuita dell’1%, mentre le importazioni sono cresciute dell’1,8% e le esportazioni del 16,4%. E’ quanto si legge nella relazione annuale 2023 dell’Arera che è stata illustrata oggi dal presidente Stefano Besseghini.
La produzione nazionale lorda nello specifico è passata dai 289,1 TWh del 2021 ai 286,9 TWh del 2022 (-1%). La produzione termoelettrica è aumentata del 7,9%, dopo la crescita del 5,2% lo scorso anno per lo scarso contributo dell’idroelettrico. A causa della crisi nel mercato del gas, aumenti molto significativi si sono registrati nella produzione da solidi (+84,9%), da prodotti petroliferi (+91,5%) e da altre fonti di energia (+38,6%), mentre il gas naturale ha visto una diminuzione del 3,7%, anche se tale fonte ha continuato a garantire poco meno della metà della produzione lorda (48,5%, era 49,5% nel 2021). Le fonti rinnovabili sono risultate in calo del 13,9%, ma al loro interno il fotovoltaico è cresciuto del 12,3%. In particolare: generazione idroelettrica -37,8%, data l’emergenza idrica registrata nel 2022; generazione da bioenergie -8,5%, da eolico -1,8% e da geotermico -1,7% rispetto al 2021. Le rinnovabili hanno contribuito per circa il 35% al mix della produzione elettrica nazionale, meno che nel 2021 (quando tale quota era del 40%).
Enel è tornato a essere il primo operatore nella generazione termoelettrica (nel 2021 per la prima volta era stata prima Eni) coprendo il 18,3% della produzione nazionale lorda, mentre per Eni, secondo operatore, la quota è pari al 13,9% (lo scorso anno la stessa si attestava al 15,8%). Enel si è confermata anche il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 21,5% della generazione lorda, in particolare con una quota significativa nell’idroelettrico (39,8%, in diminuzione rispetto al 41,2% dell’anno precedente) e la totalità di quelle nel geotermico. Tra i principali 15 gruppi che hanno contribuito alla produzione da energia rinnovabile c’è anche Eni che è il decimo operatore con generazione da eolico, solare e bioenergie. Significativa, come già negli anni passati, la quota nell’eolico di Erg pari all’11,7%, nonché quella di Edison che è pari al 9,5%. Per il 2022, i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 6,4 mld di euro, in rilevante calo rispetto agli anni precedenti (10,5 mld di euro nel 2021), per effetto degli elevati prezzi di mercato dell’energia elettrica. Nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2021 e il 31 marzo 2023 alcuni di questi costi, quelli relativi ai regimi commerciali speciali (prezzi minimi garantiti e scambio sul posto) sono stati posti a carico della fiscalità generale.
Nel corso del 2022 i diversi interventi pubblici hanno ridotto la bolletta finale dei clienti domestici, contrastando gli alti prezzi della fase di crisi. Nel caso italiano, infatti, molti degli interventi hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso soprattutto lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento è stato invece a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso. I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2022 (senza quindi considerare gli effetti dei bonus per il nostro Paese) fanno registrare aumenti del +40% in Italia e del +13% nell’Area euro (con prezzi medi finali pari a 36,43 c€/kWh in Italia e a 27,94 c€/kWh nell’Area euro), mentre nel 2021 gli aumenti in Italia e nell’Area euro si erano mantenuti nell’intorno del +5%.
In entrambi i casi, rileva l’Autorità, l’aumento dei prezzi lordi è dovuto alle sensibili variazioni dei prezzi netti (prezzi di energia e vendita e costi di rete), superiori in Italia (+72%) rispetto all’Area euro (+43%) e in parte compensate dagli effetti delle pur significative misure di riduzione della componente oneri e imposte adottate (-35% in Italia e -40% nell’Area euro). Il differenziale dei prezzi lordi rispetto all’Area euro, che si era mantenuto inferiore al +6,5% negli anni 2020 e 2021, per l’Italia nel 2022 raggiunge, in media, quota +30% ed è positivo per tutte le classi: si verifica pertanto una inversione di tendenza (rispetto al percorso di miglioramento relativo dei prezzi avviato nel 2017), in particolare, nelle classi DB (consumi da 1.000 a 2.500 kwh/a) e DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), nella quali si concentrano i maggiori consumi nel nostro Paese, dove il differenziale per i prezzi lordi era rimasto debolmente negativo nei due anni precedenti. In relazione ai prezzi netti, i differenziali si confermano come nel 2021 positivi rispetto all’Area euro per tutte le classi di consumo, con valori quest’anno prossimi al 30% in tutte le classi eccetto che nell’ultima, dove risultano pari al +43%; nelle classi DB e DC, in particolare, i differenziali erano pari rispettivamente al +7% e al +3% nel 2021.
L’ultima classe, che rappresenta una quota residuale dei consumi, è quella interessata dai maggiori divari nei prezzi di energia e vendita (+62%), compresi tra il +50% e il +55% nelle altre classi. Guardando alla classe di consumo intermedia DC (2.500-5.000 kWh/a) – rappresentativa del cliente domestico, in quanto oltre ad avere il maggior peso in termini di energia venduta (41%) include il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità – il prezzo lordo è aumentato del 46%, a fronte di un incremento medio nell’Area euro del 13% e di aumenti molto più contenuti nei paesi principali (+9% in Spagna, +8% in Francia e +3% in Germania). Sempre guardando ai valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe, pagano un prezzo di 33,71 c€/KWh che corrisponde al 58% in più delle francesi e al 9% in più delle spagnole, mentre è del tutto confrontabile con il prezzo pagato dalle famiglie tedesche, rispetto al quale lo scarto positivo è limitato al 2% circa.