Elezioni politiche 2022, le manovre al centro

“Dobbiamo fare in una settimana, quello che avremmo fatto in alcuni mesi…”. E’ la constatazione, un filo tesa, di un big di Italia Viva nel cortile torrido di Montecitorio. Camere sciolte, il Palazzo è già deserto. La prossima settimana, in una manciata di giorni, va deciso tutto. Il cantiere del centro rischia di restare un’incompiuta? “Ma no… tutti si stanno sentendo con tutti. Stiamo lavorando all’area Draghi”. Anche Renzi e Calenda? “Certo, ci sono contatti”.

Nel day after dello scioglimento delle Camere, al momento non c’è molto al di là del nome -area Draghi- del potenziale progetto che va da Matteo Renzi a Carlo Calenda, a Giovanni Toti, passando per eventuali approdi degli ex-ministri azzurri. A parte, si muove anche il progetto Sala-Di Maio che aveva appena iniziato a muovere i primi passi. Settembre sarebbe stato mese di convention. Fino all’altro ieri. Quella di Di Maio e quella di Calenda, già fissata a Milano per il 24 settembre, quando nessuno avrebbe scommesso in una campagna elettorale estiva e il voto il 25 settembre.

Se e come si aggregherà l’area centrista, il primo giorno di avvio dei lavori in vista del voto segna un dato: uno dei protagonisti del centro, Calenda rimarca le distanze con il Pd. “Proporrò un’agenda Repubblicana con chi ci sta”. Anche ai dem. Ma Calenda continua a sostenere che il Pd alla fine tornerà dai contiani nonostante le parole nette di Letta e quelle di ieri in un’intervista di Dario Franceschini. Tra i dem, le intemperanze calendiane vengono lasciate cadere.

Dice un membro della segretaria di Letta all’Adnkronos: “Martedì riuniremo i gruppi e stiamo lavorando alla Direzione. Noi faremo una nostra proposta al Paese, una proposta aperta e alternativa alla destra. Poi starà a ciascuno decidere. Ad impossibilia nemo tenetur…”. Insomma, se Calenda insiste sulla corsa in solitaria, nessuno è tenuto a fare cose impossibili.

Nel Pd diversi spingono per l’alleanza con i centristi. Uno schema che non convince tutti, però. Intanto oggi alcune indiscrezioni sul fatto che Letta sarebbe pronto ad escludere Italia Viva da ogni eventuale alleanza irrita i renziani. “Li voglio vedere nei collegi uninominali. Sarà un bagno di sangue per il Pd”, sibilia un dirigente Iv.

Intanto Azione incassa il primo ingresso della diaspora forzista. E’ il senatore Andrea Cangini, uscito da Fi dopo la mancata fiducia a Draghi. “Costruiremo un polo liberale” dice annunciando “saranno al mio, al nostro fianco Filippo Rossi della Buona Destra, amministratori locali e liste civiche”. Un nuovo arrivo insieme ai 2000 iscritti registrati nelle ultime ore, annuncia Azione. Mentre è atteso quello di Maria Stella Gelmini. “Lo spero”, dice Calenda. E magari Mara Carfagna.

Mentre è con il ministro Andrea Orlando che il leader di Azione ingaggia una diatriba via social. Calenda prima ribadisce il ‘solito’ no alle ammucchiate. “Non c’è alcuna intenzione da parte di Azione di entrare in cartelli elettorali che vanno dall’estrema sinistra a Di Maio. Questi cartelli sono garanzia di ingovernabilità e sconfitta. Agenda Draghi e agenda Landini/Verdi non sanno insieme. Sono prese in giro degli elettori”.

Poi l’affondo contro il Pd: “Agli amici del Pd dico non fate lo stesso errore di FI di virare vs il populismo. ‘Agenda Draghi’ non è una mano di vernice per nascondere il No ai rigassificatori, il Si ai sussidi a pioggia e al giustizialismo. In questa legislatura avete sbagliato tutto”. Quindi l’attacco ad Orlando: “Ricordatevi Orlando che va a complimentarsi con i 5S dopo il loro intervento contro Draghi o che difende le ragioni di Conte a crisi aperta. Caro Enrico Letta fai chiarezza in casa tua”.

Ribatte il ministro su twitter: “Non mi sono congratulato. Avevamo chiesto, tutto il Pd, di non annunciare il voto contrario e tenere uno spiraglio aperto. Ho detto al senatore 5s che speravo ci fosse ancora lo spazio per recuperare. Se tutti avessero svolto il tuo ruolo il governo Draghi sarebbe durato una settimana”.

(Adnkronos)