“Citando Leonardo Sciascia, ‘ad un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza’ è questo che andrebbe essenzialmente capito. I cittadini sul tema del fine-vita e il diritto all’autodeterminazione sono avanti rispetto alla politica. La Corte Costituzionale, d’altro canto, ha già dato delle indicazioni precise”. Così Beppino Englaro, il papà di Eluana, la giovane che è rimasta in stato vegetativo per 17 anni fino alla morte sopravvenuta il 9 febbraio 2009 a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale, interviene dopo che il ddl sul fine vita è approdato alla Camera. Beppino Englaro si è battuto per lunghi anni nelle aule della giustizia aprendo ad un ampio dibattito sul tema del fine-vita consentendo poi di giungere alla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (testamento biologico).
“E’ evidente che i cambiamenti culturali hanno i loro tempi. Nella vicenda di Eluana – sottolinea all’Adnkronos Beppino Englaro – ci sono voluti 15 anni e 9 mesi, 5.750 giorni per venire a capo di una libertà e di un diritto fondamentale costituzionale, che era già chiaro per la famiglia nel gennaio del ’92. Era la prima volta che veniva rivendicata una libertà del genere e il contesto culturale non era pronto ad accettare la scelta di Eluana. Una sua scelta rimarca anche oggi a distanza di tempo. Grazie a questa vicenda oggi abbiamo ottenuto una legge e casi come quelli di Eluana possono essere evitati perché è possibile esprimere le proprie disposizioni anticipate di trattamento”.
“Ora la questione è diversa e faccio un plauso all’Associazione Coscioni che porta avanti la sua battaglia. Possiamo considerarla – conclude – una evoluzione oltre la vicenda di Eluana, anche se quest’ultima – voglio ricordarlo a chi oggi fa ancora confusione – va distinta dal suicidio assistito che adesso si vorrebbe introdurre in Italia”. (di Sibilla Bertollini)