“Stai facendo un lavoro straordinario. Abbiamo bisogno di dimostrare che le democrazie possono funzionare e che possiamo produrre un nuovo modello economico. Tu lo stai facendo!”. Il G20 di Mario Draghi, in una Roma blindata e tornata al centro del mondo, prende il via con un Joe Biden entusiasta del lavoro portato avanti dall’ex presidente della Bce, traghettato a Palazzo Chigi da una pandemia che, nel marzo 2020, ha messo in ginocchio il Paese. Forte di una campagna vaccinale che avanza con decisione, di un’accelerazione sul green pass senza eguali in Europa e di un’Italia che finalmente è tornata a crescere, Draghi si affaccia al G20 supportato dall’asse con gli Usa.
Joe e Jill Biden arrivano in ritardo a Palazzo Chigi e con un incidente di percorso: giungono prima della folta delegazione americana. Attendono in auto l’arrivo della ‘coda’ presidenziale, che corre lungo una via del Corso blindata. Ad attenderli all’ingresso del portone principale del Palazzo che dal 1961 ospita la sede del governo, Draghi e la consorte Serena, di solito restia a prendere parte ai summit internazionali ma stavolta, per il G20 di Roma, in prima linea. Le due first ladies – l’italiana in un elegante tailleur color porpora, Jill con un completo nero damascato – si intrattengono davanti a un tè mentre inizia il bilaterale tra i due presidenti che durerà oltre un’ora.
Draghi ringrazia Biden per il sostegno alla presidenza italiana del G20 e per l’impegno sul clima. Perché tra le sfide più grandi che attendono il summit di Roma c’è proprio questa, la transizione climatica, con Cina e India irrimediabilmente distanti persino sulla data del 2050 per centrare l’obiettivo emissioni zero. E poco dopo Biden, con un corteo presidenziale di gran lunga più modesto rispetto a quello statunitense, arriva a Palazzo Chigi proprio il premier indiano Narendra Modi.
I riflettori sono tutti su Biden, ma in realtà l’India rappresenta un tassello fondamentale di questo G20. Draghi lo sa bene, perché nei suoi interventi è solito rimarcare come, per salvare il Paese, non sia sufficiente l’impegno dell’Europa: il pianeta si salva insieme. Cina e India devono fare la loro parte, ma convincerle suona come una mission impossible. Che in questo G20 si tenterà comunque di portare a casa accorciando quanto meno le distanze.
A spingere nella stessa direzione -salvare il pianeta- è un alleato che non fa parte del G20 ma che gioca un ruolo decisivo: Papa Bergoglio, il pontefice più ambientalista che la Storia ricordi, e che oggi con Biden di crisi climatica ha parlato a lungo. Con Draghi, il presidente statunitense assume “l’impegno per decarbonizzare in modo rapido il modo in cui produciamo elettricità”. Ma di carne sul fuoco, in un’ora e un quarto di confronto, il premier italiano e il presidente statunitense ne mettono molta. La sintonia appare totale, come già era emerso con forza e chiarezza nel G7 di Carbis Bay.
I due si confrontano sulla crisi afghana, Biden ringrazia l’ex numero uno della Bce per tutto quello che l’Italia ha fatto per “sostenere il popolo afghano, anche convocando una sessione straordinaria del G20 per affrontare gli sforzi contro il terrorismo e per gli aiuti umanitari”, si legge nella nota diramata dalla Casa Bianca dopo l’incontro. Una nota dove viene spiegato come i due leader abbiano “discusso le sfide alla sicurezza nella regione del Mediterraneo e riaffermato l’importanza degli sforzi della Nato per fare da deterrente e difendersi contro le minacce da ogni direzione strategica”.
Non solo. Draghi incassa il sostegno di Biden su un altro tema che gli sta particolarmente a cuore, quello della difesa europea. Centrale anche in chiave di sicurezza atlantica, in un “rapporto di complementarità”. Nel bilaterale non poteva poi mancare il ‘piatto forte’ della lotta alla pandemia, altro grande e indiscusso protagonista del summit di Roma domani in scena al quartiere Eur.
L’obiettivo da centrare è già su carta, figura nel documento della plenaria che ha visto insieme, alla vigilia del G20, i ministri delle Finanze e della Salute dei Grandi del pianeta e punta ad “almeno il 40% della popolazione in tutti i Paesi entro fine 2021, e il 70% entro metà 2022”. Forti dell’insegnamento che il Covid ha lasciato alle sue spalle: il coordinamento internazionale come pedina fondamentale per fronteggiare emergenze e pandemie. Il pianeta si salva insieme, anche dalle minacce di virus e crisi sanitarie. La sfida, non da poco, è marciare uniti. (di Ileana Sciarra)