“Sono sotto scorta da un anno. Mi aspettavo almeno un messaggio di quelli banali da Lilli Gruber, da Giovanni Floris, da Corrado Formigli”. Massimo Giletti si esprime così nello studio di Cartabianca. Il giornalista, conduttore di Non è l’Arena su La7, è sotto scorta dopo le minacce del boss mafioso Filippo Graviano. “Ogni giorno affidi la tua vita ad altre persone che diventano parte della tua quotidianità. Il problema non è quello che succede a me. Perché chi si occupa di mafia in Italia deve finire sotto scorta? Questo è il problema. Sono amareggiato perché all’inizio mi aspettavo qualche segnale dai colleghi più vicini, almeno un messaggio di quelli banali da Lilli Gruber, da Giovanni Floris, da Corrado Formigli”, dice. “Da me -aggiunge facendo riferimento ai colleghi di La7- gli unici che mi hanno sostenuto sono stati Myrta Merlino e Enrico Mentana. Se non sentono” di inviare un messaggio, “fanno a bene a non farlo. Ma è un segnale della solitudine in cui vivi, queste cose qua uno non le dimentica. Faccio i nomi perché me li chiedono continuamente. Perché devo essere ipocrita? Non mi interessa dell’sms che non arriva, ma se non fossi rimasto solo nella battaglia contro la scarcerazione dei mafiosi, non sarei diventato un obiettivo. Se uno non sente di mandare un messaggio, non lo mandi. Ma se quella battaglia viene condivisa, io non sono più isolato”, ripete.
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