La presa di posizione dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte contro la riforma Cartabia, in particolare sul nodo prescrizione “mi ha sorpreso, perché astratta, avulsa dalla realtà. Qui abbiamo a che fare con una questione di ordinamento generale del sistema che non è riducibile in chiave politico-partititica”, commenta all’Adnkronos il presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre che spiega: “Vista la durata abnorme dei processi in Italia, ci sono solo due possibili soluzioni: o si ritorna al vecchio sistema, magari aggiustando i tempi della prescrizione, oppure si deve optare, come ha fatto la Cartabia, per date-ghigliottina oltre le quali il processo si estingue”.
“Conte si pone come erede del partito dei 5 Stelle alla Travaglio, cioè dei pubblici ministeri giustizialisti – prosegue l’ex presidente della Consulta – Il suo è un posizionamento partitico,
ma quando si tratta di problemi così importanti come l’ordinamento del processo penale, non si possono fare ragionamenti di piccolo cabotaggio, di questioni partitiche. Bisogna pensare al sistema Paese. Capisco – aggiunge – che la risoluzione del problema non è facile, ma abbiamo una questione endemica per l’Italia legata alla durata dei processi che Conte ignora quando parla della prescrizione come anomalia del nostro paese rispetto agli altri. Dunque, se non si ricorre alla prescrizione proporzionata alla gravità del reato, si deve vertere per date-ghigliottina oltre le quali il processo si estingue, come ha scelto la ministra Cartabia. Non solo perché ce lo chiede l’Europa, ma anche perché è un fatto di civiltà giuridica”.
Davigo scrive sul Fatto Quotidiano che “se approvata, questa riforma ci esporrà a rilievi dell’Unione europea, già desumibili da pronunzie della Corte di Giustizia”: “Non capisco Davigo – controbatte Baldassarre – Se c’è una cosa che ci chiede l’Ue è abbreviare i tempi del processo. Davigo dimentica che l’Italia è il paese maggiormente condannato dalla Corte dei diritti umani su questo”.
“C’è un principio costituzionale derivante anche dai trattati internazionali: quello della ragionevole durata del processo che se dura troppo a lungo ostacola le libertà personali. Un individuo sotto processo per 20 anni ha subito un vulnus, è un cittadino diminuito – ricorda l’ex presidente della Consulta – Avevamo la prescrizione proporzionata alla gravità del reato, secondo la quale tanto più un reato è considerato grave tanto più lunga è la prescrizione; tanto meno è offensivo socialmente tanto più bassa è la prescrizione. Ma con Bonafede il meccanismo è saltato esponendo il sistema giustizia al rischio di processi di durata infinita. E questo – conclude – la Costituzione non lo permette assolutamente; è uno stravolgimento dei principi fondamentali della Carta in materia di diritti della persona e penale”.