Giustizia, Meloni nega scontro con toghe ma non indietreggia: “Alcune frange remano contro”

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Nega uno scontro aperto con le toghe, ma torna a puntare il dito contro alcune frange della magistratura che, a suo dire, remano in direzione opposta alle misure del governo, come nel caso del dl migranti e dell’altolà di Iolanda Apostolico: uno stop, quello della magistrata di Catania, che ha finito per aprire una breccia nel cosiddetto decreto Cutro. Giorgia Meloni termina la ‘due giorni’ a Dubai senza sottrarsi alle domande dei cronisti: inevitabile e atteso il fuoco di fila degli interrogativi sui fronti aperti con la magistratura, dal caso Delmastro, con la richiesta di rinvio a giudizio del sottosegretario e il pressing delle opposizioni per un passo indietro, alle parole di Guido Crosetto su un'”opposizione giudiziaria” pronta a colpire il governo. 

Meloni tenta di spegnere l’incendio divampato, dopo l’intervista al ‘Corsera’ del ministro della Difesa, ma non ne sconfessa la posizione. “Non credo ci sia uno scontro tra politica e magistratura – getta acqua sul fuoco la premier -: per chi viene da destra chi serve lo Stato è sempre un punto di riferimento e quindi l’idea che ci debbano essere scontri tra poteri dello Stato è sbagliata, fra l’altro noi abbiamo sempre lavorato per rafforzare il potere dei magistrati”, a partire dalla “lotta alla mafia”. Ma questo “non significa non segnalare che in ogni ambito ci sono dei problemi e il problema è – per lei – che una piccola parte della magistratura ritiene che i provvedimenti di alcuni governi che non sono in linea con una certa visione del mondo debbano essere contrastati, come è accaduto ad esempio sull’immigrazione”. Un caso, quello del dl migranti, che non è isolato per la presidente del Consiglio. 

Anche sul capitolo del premierato, per lei ‘madre di tutte le riforme’, Meloni si toglie un sassolino dalla scarpa: “non è che io penso che non si possa criticare la riforma costituzionale, lo considero perfettamente legittimo, il problema è se l’Anm mi fa come dichiarazione pubblica quella che ‘è un attacco contro la magistratura’, perché quello diventa un altro ambito”.  

“Io ho trovato francamente fuori un po’ fuori misura, ad esempio – incalza ancora la presidente del Consiglio – dire che la riforma costituzionale aveva una deriva antidemocratica, cioè a me sembra che queste dichiarazioni, che vanno bene per la politica”, siano sopra le righe se fatte dall’Anm: “per cui questo non si può non notare, perché è una realtà. Non vuol dire aprire uno scontro tra un mondo e un altro mondo, no, significa segnalare dove ci sono delle cose che obiettivamente sono un po’ fuori dalle righe”. 

Diverso il caso delle parole di Gianni Letta, che hanno generato fibrillazioni all’interno di Fi oltre che nel governo. “Non le ho viste come parole di contrasto – assicura la premier – come a voler creare dei problemi. In parte sono condivisibili e in parte no: è normale che una riforma del premierato come la stiamo facendo serva a rafforzare il governo, ma non nel senso dei poteri del governo ma della stabilità del governo, che vuol dire rafforzare le scelte strategiche. Non sono invece d’accordo quando si dice che limita i poteri del Presidente della Repubblica, perché è stata scritta in maniera tale da non toccare i poteri” del Colle, “tant’è che una contestazione che mi viene fatta è: ‘ma come? Fate una riforma del premierato in cui non è prevista la nomina dei ministri?'”.  

D’altronde, osserva Meloni, sulla riforma costituzionale “si è detto tutto e il contrario di tutto, è normale. Io penso che alla fine sia bello, normale e giusto discutere e, si ci sono elementi che possono rafforzarla, ancora di più sono anche aperta. Dopodiché, io ho fatto la riforma che gli italiani chiedevano perché penso che i governi li debbano decidere loro e quando un governo è stato scelto debba avere 5 anni per attuare il programma. Gli italiani ci diranno se la condividono o no”. 

Altro fronte aperto, la richiesta di dimissioni del sottosegretario Delmastro da parte delle opposizioni. Meloni risponde ai cronisti riavvolgendo il nastro: “I magistrati ritengono che debba essere rinviato a giudizio”, mentre “il pubblico ministero riteneva che la vicenda Delmastro dovesse essere archiviata per due volte, quindi direi – osserva – che è il caso di aspettare una sentenza di condanna passata in giudicato, eventualmente, per definirlo colpevole”.  

E se il pressing delle opposizioni sul caso Delmastro-Donzelli non si fermerà certo di fronte alle sue parole, anche la premier va all’attacco, e a muso duro, prendendo a pretesto le polemiche per la fine del mercato tutelato, un ‘the end’ che reca con sé il rischio concreto che le bollette di luce e gas lievitino, come denunciato dal suo vicepremier, mai domo, Matteo Salvini.  

“Prima del mio alleato Salvini – risponde Meloni ai cronisti – mi hanno chiesto di fare qualcosa quelli che ce l’hanno messa la riforma del mercato tutelato. Allora io posso capire che il Pd ha deciso che ha fatto una cosa sbagliata, ma prima di spiegare a me come la risolvo perché non chiede scusa? Non si può far finta che le cose erano giuste prima e quando arriva un altro governo diventano sbagliate, perché io ho sempre tenuto la stessa posizione sul tema, sono loro che stanno dicendo che hanno fatto una riforma che colpiva gli italiani. Allora prima lo dichiarino e poi io volentieri aiuto a risolvere il problema”, afferma puntualizzando che il governo “si sta molto spendendo in queste ore” per evitare una nuova stangata per gli italiani.  

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