Fila liscio l’esordio del green pass su tutti i luoghi di lavoro, una misura voluta e difesa a spada tratta dal governo e che, solo sabato scorso, aveva scatenato l’ira dei no vax, col centro di Roma teatro di scontri fino all’inimmaginabile assalto alla sede nazionale della Cgil. L’espressione che rimbalzava ai piani alti di Palazzo Chigi era ‘rischio calcolato’: sul piatto della bilancia la tenuta del sistema, dalle possibili violenze ai contraccolpi sull’economia del Paese, a partire dagli scaffali dei supermercati che qualcuno temeva restassero vuoti. Mario Draghi, racconta chi gli è vicino, non ha tentennato, puntando dritto sulla tenuta del sistema.
Da qui la decisione di non accelerare ma darsi il tempo necessario per mettere a punto, eventualmente, degli interventi aggiuntivi sui tamponi, calmierandone il prezzo o introducendo sgravi fiscali per le imprese che decidono di accollarsene il costo. Intanto le nuove regole sul green pass fanno il loro esordio anche a Palazzo Chigi. I ministri arrivano alla spicciolata, rinunciano al tradizionale ingresso dal cancello centrale, virano a sinistra dove ad attenderli ci sono i tornelli con gli scanner per i controlli.
Il più entusiasta è il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, tra i più grandi sostenitori della misura e del pugno duro nella P.A.: posta su Twitter le foto che lo ritraggono mentre si sottopone al check, mostrando fiero il passaporto vaccinale nel cortile di Palazzo Chigi. Anche in sala stampa, dopo i primi intralci, tutto fila liscio. In Cdm Draghi, raccontano, non si riconosce meriti né tantomeno si lascia andare a commenti sul pericolo scampato. Si approva il dl fiscale, ma ecco che nella maggioranza scoppia un’altra grana. Perché a Palazzo Chigi, da sempre e al netto del ‘colore’ politico di ogni governo, ogni giorno porta la sua pena. Quella di oggi, per Draghi, prende il nome di reddito di cittadinanza.
A battagliare è la Lega, sostenuta da Fi e Iv. Mentre dall’altra parte della barricata figurano il M5S e il Pd. Ad accendere la miccia, i duecento milioni di euro per rifinanziare il rdc, una delle tante poste del decreto fiscale in discussione. Il ministro e capodelegazione leghista, Giancarlo Giorgetti, si mette di traverso: “Beffardo usare i soldi di chi ha lavorato duramente per una misura simile. Rifinanziamo con i soldi dei lavoratori una misura che di lavoro non ne crea”, tuona. I ministri Renato Brunetta e Elena Bonetti si schierano dalla sua parte. Ma Stefano Patuanelli, capodelegazione del M5S al governo, non ci sta. E la tensione sale, davanti a un Draghi -raccontano – che osserva la scena alzando il sopracciglio, chiaro segno di una malcelata disapprovazione.
“Senza il reddito di cittadinanza – le parole del responsabile delle Politiche agricole in Cdm, riportate dall’Adnkronos – la tensione sociale sarebbe esplosa, non sarebbe stata gestibile. Ma qui c’è chi fa finta di non averlo capito”. Il dem Andrea Orlando si schiera al fianco di Patuanelli e fa muro, rimarcando la necessità di non smantellare la misura. Entrambi concordi sulla necessità di potenziare le politiche attive sul lavoro, “anche se – puntualizza il ministro grillino – era impensabile credere che il lavoro ripartisse e l’impianto del rdc funzionasse considerando che abbiamo dovuto fare i conti con il lockdown”.
A stretto giro fa sentire la sua voce anche l’ex premier e leader del M5S Giuseppe Conte, che pubblica un lungo post su Facebook per difendere a spada tratta lo storico cavallo di battaglia del suo Movimento. “Ogni giorno Salvini e Meloni si svegliano e lottano contro i sostegni dello Stato alle persone e alle famiglie in difficoltà economica. A ogni occasione – l’ultima il Consiglio dei Ministri di oggi – alcune forze anche di maggioranza si danno da fare per sabotarli. Si battono contro gli aiuti per chi è senza lavoro, per chi lo sta cercando o affonda nel precariato, senza percepire paghe dignitose”. “Noi ci rimbocchiamo le maniche per trovare soluzioni. Invito Salvini e Meloni, così come quelli che la pensano come loro al Governo, a fare lo stesso. E a smetterla di assaltare uno strumento di civiltà. Noi non lo permetteremo”.
E anche il segretario del Pd, Enrico Letta, pur riconoscendo la necessità di modificarne l’impianto originario, rimarca l’importanza di preservare il rdc. “Sono d’accordo col presidente del Consiglio Draghi che il reddito di cittadinanza va modificato non cancellato, cioè va reso più funzionante per quanto riguarda la fondamentale missione che è quella di aggredire le sacche di povertà che esistono nel nostro Paese, ma va completamente modificato e trasformato per l’altra missione che aveva che era quella sul tema del lavoro perché su quello non ha funzionato”.
Del resto Salvini è lungi dall’arretrare, anche oggi torna all’attacco e affonda. “Una cosa su cui dovremmo intervenire l’anno prossimo – dice – è il tema reddito di cittadinanza perché garantirlo a chi non può lavorare è sacrosanto, disabili, invalidi, persone in difficoltà, il problema è che gli abusi e i furti ormai sono quotidiani per cui regalare miliardi di euro a chi magari arriva dall’estero, fa un salto in Italia e torna a casa mantenuto a spese degli italiani non è possibile”.
Dunque il rdc “è tutto da rivedere – mette in chiaro il leader della Lega – anche perché sono 8 mld di spesa e con otto miliardi alle imprese immaginate quante assunzioni verrebbero permesse”. Intanto il primo assalto tentato oggi dalla Lega in Cdm non ha centrato l’obiettivo. Ma c’è chi è pronto a scommettere che la battaglia sarà lunga e senza esclusione di colpi.
In Consiglio dei ministri, dove si è alzata la tensione tra M5S e Lega, si sarebbe detto d’accordo sulla necessità di procedere col rifinanziamento nel dl fisco, raccontano, anche il ministro dell’Economia Daniele Franco, che non avrebbe tuttavia espresso alcun parere politico, limitandosi a sottolineare come fosse il decreto contenente norme fiscali la sede tecnicamente corretta per rifinanziare la misura.
Sostanzialmente in linea con Patuanelli e Orlando, riportano le stesse fonti, il premier Mario Draghi, che avrebbe chiuso la discussione spiegando che delle politiche attive si discuterà solo poi, nel confronto sulla legge di bilancio. Mettendo così fine a un Cdm di fuoco, ‘antipasto’ di un nuovo match che è solo rinviato: si giocherà settimana prossima. Perché ogni giorno, a Palazzo Chigi, porta la sua pena. E al netto delle vittorie, anche il governo Draghi non è immune.
(di Ileana Sciarra)