(Adnkronos) –
Entro la prima metà del 2023 potrebbero chiudere 120.000 imprese. E’ la stima contenuta nella congiuntura di settembre dell’ufficio studi di Confcommercio. Secondo il direttore, Mariano bella, si tratta di una stima ”prudenziale: abbiamo preso soltanto le imprese più piccole e solo il 10% più debole e meno redditizio, meno redditivo, di queste imprese produttive. Quindi si tratta di una stima estremamente prudenziale”.
”I costi sono fuori controllo, i prezzi alla produzione fanno +21% nei primi 7 mesi del 2022. Ma nei primi sette mesi del 2022 l’inflazione, al netto dell’energia, fa solo il 2,8%. Però questo accade grazia ai margini relativi delle imprese che si assottigliano”, dichiara il direttore Bella, in occasione della presentazione della congiuntura autunnale. ”Il sistema sta funzionando, ogni anello della filiera, dall’importazione alla produzione, ai grossisti, agli agricoltori, fino ai distributori, sta tenendo su di se un pezzo della maggiore inflazione”, secondo Bella. “Per noi nella media dell’anno avremo un 7,5% di inflazione, con una media dell’anno 2023 al 5%. Queste sono delle valutazioni abbastanza coerenti con quello che pensa anche, sotto sotto, in maniera forse confusa, la Banca centrale europea”, dichiara il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio.
”Il Pil potrebbe segnare una recessione mite” negli ultimi mesi del 2022. ”I veri problemi potrebbero riguardare il 2023, con un ritorno a una situazione di assenza di crescita, determinata dalla eventuale deviazione delle politiche dal sentiero percorso negli ultimi 18 mesi e dal permanere di impulsi avversi”, dichiara ancora Bella, secondo il quale finita la stagione turistica ”potremmo avere un rallentamento forte dei consumi nella seconda parte dell’anno”. “Per noi il pil mensile in termini di variazione congiunturale ad agosto è leggermente negativo, a settembre lo sarà ancora di più”, specifica.
Il Pil nel primo semestre ha registrato un incremento del 5,5%, quindi secondo l’ufficio studi ”qualsiasi forecast attorno al 3/3,5% annuo implica un forte rallentamento nel secondo semestre”, si legge nel documento. ”In termini congiunturali ciò può comportare una moderata recessione (due variazioni percentuali negative consecutive; a nostro avviso di modesta entità)”.
Il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio ricorda poi che “gli indicatori di redditività delle imprese sono letteralmente crollati negli ultimi trimestri, questo anche per sfatare l’altro aspetto mitologico per cui le cose le pagano le famiglie consumatrici e i pensionati. No, il maggiore costo delle bollette energetiche lo sta pagando anche il sistema produttivo”.