La prima guerra del Golfo. La liberazione di Nelson Mandela dopo 28 anni di carcere. Il maxi processo alla Mafia. I mondiali di calcio in Italia. E’ il 1990, c’è ancora il penta partito con Giulio Andreotti presidente del Consiglio. E l’inflazione, a novembre, viaggia vicina al 7%. Come succede oggi, 6,8% su base annua, certifica l’Istat.
Quando si parla di inflazione si fa giustamente riferimento al cosiddetto ‘carrello della spesa’, ovvero i prodotti acquistati quotidianamente e con maggiore frequenza. Bene, per trovare un carrello della spesa ‘pesante’ come oggi, +6,7%, è necessario tornare al 1986. E’ l’anno in cui esplode in fase di decollo lo Space Shuttle. Si consuma il disastroso incidente alla centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina. In Inghilterra si registra il primo caso di morte per la ‘mucca pazza’. C’è sempre il penta partito al governo, ma con Bettino Craxi presidente del Consiglio.
I cenni storici aiutano a comprendere quanto sia lontana nel tempo quella stagione segnata dalla corsa dei prezzi che oggi riviviamo con una fiammata tanto intensa da azzerare trentacinque anni di storia economica. Quali differenze ci sono, oggi rispetto ad allora? Diverse. la prima, più evidente guardando le serie storiche, è che nel 1986 l’inflazione stava scendendo. Aveva raggiunto un picco del 14,8% nel 1980, quando la rivoluzione iraniana aveva fatto salire alle stelle i prezzi del petrolio. Oggi invece l’inflazione sta salendo, spinta ancora dai prezzi energetici e, negli ultimi 4 mesi, dalle conseguenze della guerra in Ucraina.
C’è anche un’altra sostanziale differenza. Riguarda le protezioni offerte dal sistema ai redditi bassi, quelli più esposti all’aumento dei prezzi. E’ diverso il sistema economico, è diverso il sistema politico, e anche la società è profondamente cambiata dal 1986 e dal 1990. Ma innegabilmente è cresciuta la distanza tra chi l’inflazione la vive come un semplice dato statistico, chi come un fastidio accessorio e chi invece la sconta tutti i giorni, con un potere di acquisto che si riduce sistematicamente, mese dopo mese.
Come accade sempre quando sale l’inflazione, le associazioni di categoria e quelle dei consumatori producono stime e simulazioni che cercano di quantificare il costo pagato all’aumento dei prezzi. L’Unione nazionale dei consumatori stima per una coppia con due figli un aumento del costo della vita pari a 2302 euro su base annua: 996 per abitazione, acqua ed elettricità, 473 euro per i trasporti, 569 per prodotti alimentari e bevande, 588 per il solo carrello della spesa.
I conti possono anche essere approssimativi ma l’allarme resta. L’aumento dell’inflazione costa caro, soprattutto per chi non può permetterselo. Per questo il governo Draghi prova a fare il possibile per ridurre il peso sulle fasce più deboli. ”Noi vediamo che le politiche messe in campo nell’ultimo anno (bonus energia, tariffe e 200 euro), insieme sono in grado di annullare gli effetti dell’inflazione sul 10% delle famiglie più povere e di contenerlo anche su tutte le famiglie, ma in particolare sul 40% che si trova in maggiore disagio”, ha affermato il sottosegretario al ministero dell’Economia, Maria Cecilia Guerra, intervenendo a Radio anch’io.
Ovviamente non basta, e la coperta delle misure di sostegno resta comunque corta. Per abbassare l’inflazione serve la politica monetaria della Bce, che però se non viene gestita bene provoca le tensioni sullo spread che abbiamo visto negli ultimi giorni, e servono interventi strutturali che migliorino l’indipendenza dai fattori esterni che alzano i prezzi dell’energia. La strada è lunga ma non c’è alternativa.
(di Fabio Insenga)