Israele, attacco Hamas e assedio Gaza: cosa succederà, l’analisi

(Adnkronos) – Israele, dopo l’attacco di Hamas, ‘assedia’ Gaza: i raid proseguono, mentre vengono richiamati 300mila riservisti. I segnali autorizzano a pensare ad un’operazione con l’impiego di forze di terra in tempi relativamente brevi. Cosa può succedere nei prossimi giorni? Quali possono essere le conseguenze nella regione? Si può aprire un fronte anche tra Israele e Hezbollah in Libano? Il quadro internazionale, con la guerra in Ucraina passata in secondo piano, come può mutare? 

“Non vi è dubbio che Israele stia mettendo a punto una dottrina di uso della forza militare e di tutte le componenti che la debbono accompagnare per venire a capo della disastrosa e sanguinosa intrusione di Hamas nel suo territorio”, esordisce il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e attuale presidente della fondazione Icsa, Cultura dell’intelligence e analisi strategica. “Un compito questo complicato, anzi condizionato dalla sorte degli ostaggi e del ruolo che Hamas vuol loro attribuire: scambio di prigionieri, scudo umano, ricatto continuativo a contenimento della furia di reazione di Tel Aviv? Difficile giudicare per i non addetti ai lavori e per chi non ha tutte le informazioni sottomano”, aggiunge. 

“E tuttavia – continua – ci si può augurare che le forze schierate ai confini nord e sud restino ferme con la sola funzione, almeno per ora, di deterrenza, esattamente la funzione in mare della portaerei statunitense, e che nel contempo la Aeronautica porti avanti il lavoro non breve di neutralizzazione degli obiettivi che sicuramente si trovano in una lista lunga ed aggiornata quotidianamente. Solo dopo la componente aerea si dovrebbe orientare sugli obiettivi cosiddetti di opportunità quelli che mutano di fisionomia e che quindi non possono essere prepianificati con largo anticipo. E la madre di tutti gli auspici che viene da formulare è quello che la vita di cittadini palestinesi innocenti venga risparmiata al massimo grado, Israele ne ha la capacità e la tecnologia giusta, al contrario di quanto sta accadendo in Ucraina – sottolinea il generale – dove soprattutto da parte russa si stanno compiendo crimini contro l’umanità fin dal primo giorno di guerra in maniera primordiale”. 

“Interessante sarà anche capire se la guerra in Israele avrà qualche impatto in Ucraina. L’unica cosa sulla quale si può scommettere è che Putin stia già ora incassando un dividendo non da poco quale ricaduta sulla guerra che lo vede impegnato, in termini di ulteriore depotenziamento dell’attenzione internazionale a favore dell’Ucraina e della volontà di aiutare Zelensky a tempo e condizioni indeterminate”, afferma.  

Lo scontro tra Israele e Hamas, osserva il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi, si inserisce nel contesto di “una macroregione, quella che va dal Mar Nero al Mediterraneo orientale, da tempo interessata dalla crisi ucraina che si è andata ad aggiungere alla crisi cronica del medio oriente della quale fino ad ora il punto più preoccupante era rappresentato dalla guerra in Siria. Sono due crisi collegate, perché appartengono alla stessa area”. 

“Il fatto che ci siano delle forze navali americane in afflusso è un segnale della grande attenzione che gli Usa hanno per quello che sta succedendo, non solo in Israele. Una formazione navale con delle portaerei nel Mediterraneo orientale è in condizione di intervenire su entrambi i fronti”, afferma ancora. 

“La reazione israeliana, a mio parere, non potrà concretizzarsi in una azione forte come si è visto in passato a Gaza – aggiunge – proprio per il fatto che attualmente a Gaza c’é un numero considerevole di prigionieri e ostaggi che renderebbe questa azione particolarmente costosa in termini di perdite per Israele. Liberare questi ostaggi non si può fare con operazioni chirurgiche puntiformi, perché sono tanti, e credo che Israele si concentrerà soprattutto nel cercare di riacquistare il controllo del proprio territorio e rafforzare il confine settentrionale con il Libano”, spiega ancora. 

Il generale Giorgio Battisti, già primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico, si aspetta un segnale chiaro da Israele: “Questo preannunciato attacco israeliano nella striscia di Gaza è necessario per dimostrare di non aver subito passivamente questa aggressione che si sta dimostrando veramente terribile perché, oltre a colpire obiettivi militari, ha colpito centinaia, migliaia di cittadini inermi”. 

“E’ prevedibile l’immediata reazione che, come già annunciato dal primo ministro Netanyahu e da alcuni suoi vertici militari, sarà terribile e servirà per neutralizzare oppure distruggere una volta per tutte Hamas”, afferma. “Sarà sicuramente una operazione molto lunga, cruenta e penso di una violenza che forse non abbiamo ancora mai visto”. 

C’è il pericolo che la riaccesa tensione sul fronte israelo-palestinese possa indebolire le forniture militari ma anche l’attenzione mediatica fino ad oggi riservate alla guerra tra Ucraina e Russia? “Immagino sia il timore del presidente ucraino Zelensky – risponde il generale Battisti – perché la reazione a favore di Israele, molto forte da parte di Usa, Europa e singoli Paesi, forse non è stata la stessa quando la Russia ha invaso l’Ucraina più di un anno e mezzo fa. A questo si aggiungono l’invio del gruppo navale con la portaerei e l’attivazione e l’allerta dei reparti aerei statunitensi che sono già in Medio Oriente”. 

Come si comporteranno gli Stati Uniti? “Penso che gli Usa si stiano organizzando per poter eventualmente intervenire: sicuramente è una azione di deterrenza che serve anche, a mio avviso, verso il fronte interno del presidente Biden che immagino pensi già alle prossime elezioni, soprattutto al rischio di venire accusato di non aver supportato a sufficienza Israele, l’alleato più fedele e duraturo in Medio Oriente”. (di Silvia Mancinelli)  

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