Israele-Hamas, oggi al via i colloqui a Sharm El Sheikh. Trump ottimista: “Un paio di giorni” per l’accordo

(Adnkronos) – Al via oggi, lunedì 6 ottobre, a Sharm El Sheikh, in Egitto, il nuovo round di colloqui indiretti tra Israele e Hamas sul piano di pace per Gaza fortemente voluto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. 

Trump si è mostrato ottimista sull’esito dei colloqui affermando già alla vigilia che i negoziati “stanno andando molto bene” e che per le trattative “ci vorranno un paio di giorni”.  

“Non abbiamo bisogno di flessibilità – ha affermato il presidente Usa – perché tutti hanno praticamente accettato” il piano, tuttavia ”ci saranno sempre dei cambiamenti”, ha detto aprendo a possibili modifiche. Ma su alcuni pilastri del piano ‘The Donald’ non è disposto a fare concessioni. Hamas rischia di andare incontro al “completo annientamento” se si rifiuta di cedere il potere e il controllo della Striscia di Gaza, ha ammonito ai microfoni della Cnn. Se Hamas non rispetta i termini dell’accordo “Israele può finire il lavoro”, ha ribadito il capo del Pentagono Pete Hegseth affermando che “Israele può intervenire e assicurarsi che Hamas venga annientato”. 

Trump ha confermato tuttavia anche l’impegno di Israele a porre fine ai raid per favorire l’accordo di cessate il fuoco, come chiesto da Hamas. “Penso che gli israeliani e tutti gli altri siano consapevoli che non è possibile rilasciare gli ostaggi nel bel mezzo di un attacco, quindi gli attacchi dovranno cessare”, ha chiarito il Segretario di Stato americano Marco Rubio. “La priorità numero uno, quella su cui pensiamo di poter ottenere qualcosa molto rapidamente, è il rilascio di tutti gli ostaggi in cambio del ritiro di Israele” verso la linea gialla, dove l’Idf si trovava a Gaza a metà agosto, ha detto Rubio alla Nbc. 

Hamas oltre a un cessate il fuoco completo, con la sospensione di tutte le operazioni militari israeliane e la sospensione delle attività dell’aviazione e dei droni per dieci ore al giorno, dodici ore nei giorni in cui si svolgono gli scambi di prigionieri, chiederà di liberare alcuni dei più noti detenuti palestinesi nelle carceri israeliane in cambio degli ostaggi ancora nella Striscia di Gaza, riporta l’emittente israeliana Channel 12 citando fonti di Hamas. Tra i nomi che Hamas citerà nei colloqui che inizieranno oggi ci sono quelli di Marwan Barghouti, capo di Fatah Tanzim, incarcerato per molteplici omicidi commessi durante la Seconda Intifada, Ahmad Sa’adat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Ibrahim Hamed, condannato a 45 ergastoli per aver orchestrato l’uccisione di numerosi israeliani come comandante di Hamas in Cisgiordania durante la Seconda Intifada; Abbas al-Sayed, che orchestrò l’attentato del 2002 al Park Hotel di Netanya, in cui morirono 39 israeliani, e Hassan Salameh di Hamas, condannato a 48 ergastoli per molteplici attentati suicidi. 

Channel 12 cita una fonte di Hamas che afferma che il gruppo “non rinuncerà” a garantire il rilascio di questi e altri detenuti condannati all’ergastolo, “anche a costo di compromettere l’accordo”. Israele aveva posto il veto su questi nomi nei precedenti accordi. Attualmente in Israele ci sono 303 detenuti in stato di libertà vigilata che stanno scontando l’ergastolo. Channel 12 riferisce inoltre che la delegazione di Hamas guidata da Khalil al-Hayya negozierà contemporaneamente anche con una squadra dell’Autorità Nazionale Palestinese, nel tentativo di garantire che il meccanismo “del giorno dopo” a Gaza includa l’Anp. 

L’emittente israeliana afferma che il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas sta promettendo delle riforme all’interno dell’Anp, tra cui una costituzione temporanea entro tre mesi ed elezioni entro un anno, alle quali Hamas potrebbe partecipare solo se accettasse il diritto di Israele a esistere. Fonti di Hamas hanno anche sostenuto che il gruppo starebbe chiedendo un ritiro iniziale delle Idf più ampio di quello mostrato sulla mappa pubblicata da Trump. Saranno inoltre chieste garanzie che alla fine le Idf si ritireranno completamente da Gaza, con un calendario preciso. 

Intanto una fonte di Hamas ha fatto sapere ieri attraverso all Arabiyache il gruppo islamico avrebbe già iniziato a recuperare i corpi degli ostaggi uccisi per lo scambio. Tuttavia i media affiliati ad Hamas hanno negato la notizia diffusa da al Arabiya, di proprietà saudita. Organi di informazione come Al-Aqsa Radio di Hamas affermano che si tratta di notizie false, prive di fondamento. Smentita anche la notizia secondo cui Hamas avrebbe accettato di consegnare le sue armi a un organismo sotto supervisione internazionale. 

“Non posso garantire che Hamas accetterà di rilasciare gli ostaggi. Credo sia possibile. Spero che accada, ma non posso garantirlo”. A poche ore dai negoziati il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu resta scettico. “Se non dovesse accadere” che Hamas accetti l’accordo, ”il presidente Trump ha dichiarato che sosterrà pienamente Israele in un’azione determinata contro Hamas”, ha ribadito Netanyahu. “Speriamo di poter concludere questa situazione nel modo più semplice e non in quello più difficile”, ha aggiunto. 

“Non passeremo ad alcuna delle 21 clausole finché la prima, il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti – ha ammonito il premier – finché l’ultimo ostaggio, ognuno di loro, non sarà entrato in territorio israeliano. Solo allora passeremo ad altre clausole”, ha ammonito. 

Il suo scetticismo su una possibile intesa del resto Netanyahu l’aveva già manifestato venerdì quando aveva interpretato come risposta negativa il sì condizionato di Hamas al piano, tanto da far scattare una reazione stizzita di Trump. “Non capisco perché sei sempre così negativo. Questa è una vittoria. Accettala. – gli avrebbe detto al telefono il presidente Usa, secondo il sempre ben informato sito di Axios – Questa è la tua occasione di vittoria”. 

E spera nella vittoria ma restando freddo anche il capo della diplomazia israeliana Gideon Sa’ar. “Spero che ci siamo vicini. Siamo determinati a raggiungere un accordo il più rapidamente possibile per riportare a casa i nostri ostaggi”, ha dichiarato il ministro degli Esteri al quotidiano tedesco Bild. “Quando si tratta di Hamas, le cose che sembrano semplici possono diventare molto complesse. Non credo a Hamas, credo a Trump. Credo agli Stati Uniti e agli attori internazionali coinvolti negli sforzi per porre fine alla guerra”. 

 

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