(Adnkronos) – “Suona particolarmente ingeneroso prendersela con l’opposizione che ha perso. Eppure è un fatto che il nuovo governo stia incontrando più difficoltà al suo interno che non tra i suoi avversari. Segno che le forze del centrosinistra procedono in ordine sparso e senza idee troppo brillanti su come affrontare la fase politica aperta dal voto di settembre.
Le opposizioni sono tre, sulla carta. Le linee verso il governo appaiono essere due. Le sfumature, mille. Le soluzioni, nessuna. C’è una posizione dialogante (fin troppo, si dirà) da parte del terzo polo. Una posizione più intransigente (fin troppo, anche lei) del movimento 5 stelle. E nel mezzo un’incertezza strategica del Pd che sembra ancora stordito dalla detronizzazione elettorale di appena un mese fa.
Il partito di Letta (si fa per dire) ha intrapreso un cammino congressuale destinato a farci compagnia per qualche mese. Circa sei, stando al calendario. Un periodo nel quale si dovrebbe scegliere un segretario e prima ancora una linea. Ma che somiglia molto all’azione parallela descritta da Musil ne ‘L’uomo senza qualità’. Una sorta di ironica celebrazione della vacuità dell’impero asburgico ormai prossimo alla sua fatale conclusione. Quasi che il tempo, solo il tempo, e magari un tempo lungo, potesse propiziare il ritorno ai fasti di una volta.
Così, intanto, il governo dorme sonni tranquilli. A parte gli incubi indotti di tanto in tanto da certe alzate di ingegno di Berlusconi e/o di Salvini. Destinate però, a quanto pare, a fortune assai modeste e non così gloriose.
Questo scenario non sembra affatto propizio alle opposizioni. Le quali non possono andare d’accordo tra loro, se d’accordo non sono. Né dedicarsi a una quotidiana baruffa che servirebbe solo a tonificare una maggioranza già confortata dal proprio successo. E neppure confidare però che le difficoltà che di tanto in tanto si affacciano dall’altra parte spianino loro la strada verso la fuoriuscita dalla loro stessa crisi.
Si tratta allora di cambiare spartito. E di capire se c’è qualcosa -a parte la difficoltà dei tempi- che può consentire alla metà campo che fronteggia il governo Meloni di non accumulare, un granello dopo l’altro, la polvere dell’inutilità sulle proprie spalle.
Quel qualcosa non sarebbe così impossibile da trovare. C’è un punto infatti, forse uno solo, ma a suo modo strategico, su cui le opposizioni potrebbero battere un colpo. E anche, forse, trovare una ragione comune e dare un senso ai loro dissensi. Quel punto è la legge elettorale. Argomento che una diffusa scostumatezza ha sempre suggerito di affrontare verso la fine della legislatura. E che invece andrebbe preso di petto all’inizio, quando non sono ancora così chiari i vantaggi che ne possono derivare agli uni e agli altri.
Dunque sarebbe oggi il momento giusto per cercare di ricostruire quel sistema proporzionale che a turno un po’ tutti reclamano quando è troppo presto, o troppo tardi, per mettere le cose nero su bianco. Se ne era già parlato abbondantemente a metà della scorsa legislatura, e s’è poi visto come (non) è finita. E ancora prima, in un tripudio di buone intenzioni lasciate tristemente sulla carta.
Il ritorno della proporzionale servirebbe innanzitutto al paese, consentendo di ridurre quel divario di rappresentanza che la riduzione del numero dei parlamentari ha evidenziato (e drammatizzato). Renderebbe forse un filino meno aspri i conflitti politici. Darebbe una mano a ricostruire partiti di cui s’è persa la traccia -ma non la democratica necessità. Sarebbe insomma un passo nella giusta direzione, per tutti.
Ma all’opposizione -o meglio: alle opposizioni- una legge proporzionale tornerebbe di vantaggio anche per evitare quell’effetto ‘polli di Renzo’ che s’è visto in questi primi giorni di legislatura. A quel punto i partiti del centrosinistra potrebbero concorrere tra loro con maggiore chiarezza e minore acredine, ciascuno di essi cercando di allargare la propria sfera di consenso senza essere costretti ad alleanze innaturali.
Si dirà che in questo momento la maggioranza coltiva l’interesse opposto. Probabile, e perfino ovvio. Ma iniziare un percorso non vuol mai dire aver già tagliato un traguardo. Mentre indugiare troppo vuol dire la certezza che quel traguardo non verrà mai tagliato. Come puntualmente è già accaduto enne volte”. (di Marco Follini)