L’indagine, ‘in recupero’ prime diagnosi diabete ma critico follow up

Il diabete in Italia colpisce 4,2 milioni di persone. Si tratta di circa l’8,2% della popolazione adulta del nostro Paese. L’accesso alle cure rimane per molti aspetti una sfida aperta, in particolare con la pandemia che, all’inizio, ha creato ritardi importanti nell’assistenza. Dopo i primi sei mesi del 2020, però, si è cominciato a ‘recuperare’ sulle prime diagnosi, ma è rimasta critica la fase di follow up. In occasione della Giornata mondiale del diabete – in calendario domenica 14 novembre – Sanofi con Iqvia, ha realizzato una ricerca basata sui dati di Real World (Rwd) e su interviste a un panel di diabetologi, proprio per valutare l’impatto che il Covid-19 ha avuto nella gestione della patologia e identificare le strategie ottimali per garantire l’accesso e la continuità alla terapia. 

“Mai come quest’anno in cui si celebrano i 100 anni dalla scoperta dell’insulina, terapia che ha letteralmente rivoluzionato la cura del diabete, Sanofi sente l’esigenza di ribadire il proprio impegno per un migliore e più completo accesso all’innovazione per i milioni di italiani che convivono con questa patologia. Questa indagine con Iqvia nasce proprio dall’esigenza di registrare come il sistema abbia reagito allo stravolgimento dettato dalla pandemia, nell’ambizioso tentativo di colmare i bisogni di tutti gli attori coinvolti”, dichiara Katia Massaroni, general medicines medical head di Sanofi. L’indagine ha messo in evidenza come tra marzo e maggio 2020 le restrizioni imposte alle visite mediche e il timore dei pazienti di recarsi presso reparti e ambulatori, abbia avuto un impatto drammatico determinando ritardi significativi nelle nuove diagnosi (-41% rispetto agli stessi mesi del 2019), nell’avvio di nuovi trattamenti (-36%), nell’effettuazione delle prime visite (-66%) e dei follow-up (-56%).  

Lo studio ha confrontato il periodo della pandemia (febbraio 2020-giugno 2021) con il trend storico del 2019, evidenziando – a partire dalla seconda metà del 2020 – una progressiva ripresa di diagnosi e visite, significativamente superiore alle altre aree terapeutiche – a dimostrazione della capacità del sistema di reagire alla pandemia e mantenere il contatto con i pazienti con diabete. Per tutta la seconda metà del 2020 le nuove diagnosi e i nuovi trattamenti si sono mantenuti in linea o poco al di sopra dei livelli pre-pandemici e nel primo semestre del 2021 hanno addirittura superato i livelli del 2019, segnale della capacità di recupero dei pazienti in lista di attesa.  

“Nonostante i ritardi diagnostici e la discontinuità nell’aderenza alla terapia imputabili all’emergenza sanitaria, l’area del diabete si è affermata tra le più virtuose, dimostrando nel 2021 una grande capacità di recupero, soprattutto favorendo la ripresa delle prime visite e delle nuove diagnosi”, ha commentato Isabella Cecchini, direttrice Dipartimento ricerche di mercato di Iqvia. Si è avuto, infatti, “il completo recupero dei ritardi diagnostici accumulati durante la prima ondata (+0,2% a giugno 2021 rispetto al 2019), mentre gli avvii di nuovi trattamenti registrati tra febbraio 2020 e giugno 2021 sono superiori al 2019 (+4%). Ancora difficile garantire, però, “i contatti con i pazienti per le visite di follow up, aspetto cruciale per mantenere alta l’aderenza ai trattamenti e ai corretti stili di vita. I contatti a distanza, sperimentati durante la pandemia, potranno essere il punto di partenza per sviluppare nuovi modelli di gestione dei pazienti, integrando alle visite in ambulatorio momenti di contatto da remoto, anche grazie all’utilizzo di strumenti digitali”, ha precisato Cecchini. 

Ancora inferiori rispetto al periodo pre-pandemia risultano le richieste di visita specialistica, soprattutto per le visite di follow-up (-23%). La difficoltà a mantenere il contatto tra medico e paziente si è tradotta di conseguenza in una riduzione dell’aderenza terapeutica, che è diminuita di 5 punti percentuali rispetto al periodo pre-pandemia in Italia (dal 60% al 55% di pazienti aderenti al trattamento). “Sono dati particolarmente interessanti quelli rilevati dall’indagine perché ci permettono di avere elementi oggettivi su cui contare nel portare a gran voce in occasione della Giornata mondiale di sensibilizzazione per questa patologia il nostro appello per un accesso alle cure pieno e diffuso su tutto il territorio. Sebbene il nostro Paese vanti una condizione di tutto rispetto anche nei confronti degli altri Paesi europei, e non manchino esperienze di eccellenza, riteniamo che sussistano ancora molti casi in cui l’accesso non è pienamente garantito e in cui follow up, continuità assistenziale e aderenza alla terapia possano essere meglio gestiti”, ha evidenziato Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia Onlus. 

A fronte della difficoltà del paziente di accedere alle visite, quasi tutti i diabetologi (99%) hanno cercato di mantenere contatto con i pazienti per telefono, whatsapp e mail, per condividere esami clinici, monitorare le terapie e le condizioni di salute dei propri pazienti. Si è trattato perlopiù di iniziative spontanee, attivate con pazienti più giovani (21% under 40 anni), adulti (18% fra i 40 e i 64 anni) ma – anche se in misura inferiore – con pazienti più anziani (13% over 63), funzionali soprattutto per garantire le visite di follow up, il monitoraggio e la condivisione degli esami clinici. Pensando al futuro, i diabetologi prevedono ritardi sulle liste di attesa (prospettato dall’80% dei medici), aumento dei casi da seguire (82%), ma soprattutto aumento dei casi più gravi e complessi (78%). Il 61% dei diabetologi si augura possano definirsi in futuro modalità di contatto da remoto più strutturate, prefigurando nuovi modelli di presa in carico del paziente che prevedano la possibilità di mantenere il contatto con il paziente anche da remoto (per esempio per le visite di follow-up, il controllo degli esami o il rinnovo dei piani terapeutici). 

“La pandemia – ha commentato Stefano Genovese, Responsabile dell’Unità di Diabetologia, Endocrinologia e Malattie Metaboliche presso il Centro Cardiologico Monzino IRCCS e membro dell’Expert Group for Integrated Care and Digital Health Europe (Egide)- è stata l’occasione per porre l’accento sulle opportunità che può offrire la telemedicina in tutte le sue sfaccettature, quindi non solo televisite ma anche telemonitoraggi e teleconsulti con i medici di medicina generale. Auspico la realizzazione di centri servizi che gestiscano a 360° le necessità delle persone con diabete, realizzando un sistema di cure integrato”. 

“Intendo – ha aggiunto – un modello organizzativo che coinvolga tutti gli attori sanitari che si occupano di malattie croniche come il diabete: i medici specialisti con gli infermieri, i medici di famiglia, il personale dei distretti delle aziende sanitarie deputati alla fornitura di farmaci e presidi, i farmacisti, con il supporto delle aziende di farmaci e device. Tutto ciò per garantire uno dei principi fondamentali del nostro SSN ovvero l’equità di accesso alle cure, che purtroppo, ad oggi, non si realizza a pieno per le persone con diabete”. Ambulatori e ospedali si stanno attrezzando per sviluppare ambulatori digitali e piattaforme di telemedicina, affrontando gli ostacoli legati agli aspetti tecnologici ed educazionali.  

Attesi anche per il futuro oltre a maggiori investimenti in personale anche una maggiore integrazione fra ospedale e territorio e un maggiore coinvolgimento dei medici di medicina generale nella gestione del paziente diabetico. Forte, infine, l’attesa per una partnership e collaborazione con l’industria farmaceutica che durante la pandemia ha avuto un ruolo chiave accanto a ospedali, medici e pazienti, favorendo – attraverso servizi e iniziative – l’accesso e la continuità delle cure (per esempio servizi informativi dedicati al paziente, servizi di assistenza domiciliare, servizi per la distribuzione dei farmaci a domicilio). Le attese si indirizzano principalmente verso progetti per ottimizzare il percorso del paziente (81%) e la gestione integrata ospedale-territorio (79%), oltre che progetti di telemedicina per la gestione del paziente a distanza (70%).  

(Adnkronos)