Nuovo blitz dei carabinieri a Palermo dove è stata data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 indagati (7 in carcere e uno ai domiciliari). Sono ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, danneggiamento seguito di incendio. Le indagini, coordinate dal un pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, colpiscono ancora una volta il mandamento di Tommaso Natale, dimostrando la sua “perdurante operatività” nonostante le numerose operazioni che negli ultimi anni (‘Oscar’ nel 2011, ‘Apocalisse’ nel 2014, ‘Talea’ nel 2017, ‘Cupola’ 2.0 del 2018/2019, ‘Teneo’ del 2020 e ‘Bivio’ del 2021) hanno portato in carcere capi e gregari.
Il blitz, denominato ‘Bivio 2’, ancora una volta ruota attorno alla figura di Giulio Caporrimo, oggi in carcere, e i mesi in cui era tornato a dettare legge a Tommaso Natale. Una libertà ‘intermittente’ con lunghi periodi di detenzione quella del reggente mandamento che, tornato in libertà nel maggio del 2019 si ritrovò a fare i conti con nuovi equilibri all’interno dell’organizzazione e con una nuova leadership, quella di Francesco Palumeri, che non riconosceva. E’ il periodo dell’esilio volontario a Firenze prima del rientro a Palermo, dove riprende in mano le redini del clan, ricompattando attorno a sé il mandamento.
La seconda tranche dell’indagine Bivio, che ha portato stanotte all’esecuzione di 8 misure cautelari, ha consentito di far luce su una serie di gravi reati, commessi non solo da Giulio Caporrimo, ma anche dal figlio Francesco. Al giovane rampollo gli investigatori contestano l’incendio ai danni di un esercizio commerciale di Sferracavallo, le fiamme sarebbero servite a vincere la resistenza del titolare del locale a cederne la gestione proprio a Giulio e Francesco Caporrimo.
Minacce e attentati incendiari per vincere la resistenza delle vittime. Così i boss del mandamento di Tommaso Natale a Palermo imponevano il proprio controllo sul territorio. Undici le vicende estorsive consumate o tentate, di cui due denunciate spontaneamente dalle vittime, ricostruite dai carabinieri. Nel mirino dei boss anche i lavori della rete fognaria di Sferracavallo con l’incendio al cantiere edile per ottenere il subappalto di alcune lavorazioni.
Le indagini degli investigatori dell’Arma hanno ricostruito anche l’intimidazione a una società edile che si stava occupando della ristrutturazione di un immobile a Sferracavallo, l’obiettivo era avere la commessa per i lavori di impiantistica. E ancora il tentativo da parte di Vincenzo Taormina di vietare a un imprenditore lavori di scavo nella zona di Sferracavallo, rivendicando “la potestà sul territorio”. Estorsioni e non solo. I lunghi mesi di indagine hanno fatto emergere anche la “sistematica realizzazione di ‘cavalli di ritorno’ che consentivano agli affiliati di realizzare ingenti guadagni facendosi consegnare denaro per la restituzione di veicoli oggetto di furto”.