Milano, annullata trascrizione atto nascita figlio di due papà

(Adnkronos) – Il Tribunale di Milano ha ritenuto ammissibile il ricorso proposto dalla procura con cui è stato chiesto l’annullamento dell’atto di nascita formato all’estero di un minore figlio di una coppia di uomini, che hanno fatto ricorso alla maternità surrogata. L’atto di nascita, trascritto in Italia, riportava l’indicazione sia del genitore biologico che del genitore intenzionale. Ed è nel caso del secondo che il Tribunale è intervenuto, annullando la trascrizione.  

“Modificando il proprio precedente orientamento, il collegio giudicante – chiarisce in un comunicato stampa il Tribunale di Milano – ha ritenuto di aderire e fare propri i principi dettati dalla recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 38162 del 30.12.2022”, che nel caso di bambini nati con la maternità surrogata, vietata in Italia, valuta “non automaticamente trascrivibile” il provvedimento giudiziario straniero.  

Per questo “il Tribunale ha annullato la trascrizione dall’atto di nascita del genitore intenzionale, perché avvenuta in violazione della normativa vigente che, vietando il ricorso alla maternità surrogata, vieta altresì la trascrizione dell’atto di nascita nella parte in cui riporta quale genitore anche quello d’intenzione”. 

Per il Tribunale di Milano, sempre aderendo ai principi espressi dalla Cassazione, “il diritto del minore al pieno riconoscimento del ruolo svolto dal genitore d’intenzione non solo nel progetto procreativo ma altresì nel successivo progetto volto alla sua crescita, educazione ed istruzione potrà essere riconosciuto con il procedimento dell’adozione in casi particolari che, come oggi riformato, è in grado di garantire al minore pieno riconoscimento dello status di figlio e dei relativi diritti e al genitore d’intenzione pienezza della titolarità e dell’esercizio della responsabilità genitoriale”. 

Il Tribunale di Milano ha invece giudicato inammissibile tre ricorsi promossi dalla procura contro la trascrizione del riconoscimento di un figlio da parte della madre intenzionale. Si tratta di casi di coppie di donne, che hanno fatto ricorso all’estero alla tecnica della procreazione medicalmente assistita. I figli, già riconosciuti dalle madri biologiche, sono stati riconosciuti davanti all’ufficiale di Stato civile anche dalle madri intenzionali. Un riconoscimento, quest’ultimo, trascritto successivamente a margine dell’atto di nascita dei bambini. 

Per il Tribunale di Milano, in questo caso, è “inammissibile il procedimento di rettificazione degli atti dello Stato civile utilizzato dalla Procura della Repubblica per chiedere l’annullamento della trascrizione dell’atto di riconoscimento del figlio, già riconosciuto dalla madre biologica, da parte della madre intenzionale”. 

“Il collegio – chiarisce il Tribunale di Milano in una nota – fatta una puntuale disamina della natura dell’atto di riconoscimento e dei suoi effetti” ha ritenuto che “l’annullamento della trascrizione del riconoscimento non possa essere realizzato attraverso il procedimento di rettificazione, ma che sia invece necessaria l’istaurazione di una vera e propria azione volta alla rimozione dello stato di figlio”.  

Infatti – spiega il Tribunale di Milano – “l’ufficiale dello Stato civile può rifiutare di accettare una dichiarazione di riconoscimento del figlio, ma una volta che la dichiarazione sia stata accettata -anche se per compiacenza, per errore o in violazione di legge- e sia stata annotata in calce all’atto di nascita del minore, il riconoscimento effettuato non potrà essere contestato e quindi rimosso attraverso una rettificazione”. 

Per farlo “sarà necessario ricorrere al modello di tutela che il nostro ordinamento prevede per rimozione dello status di figlio (impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, disconoscimento di paternità, contestazione di stato) ossia un procedimento svolto secondo le forme e con la pienezza di garanzie del procedimento contenzioso di cognizione e con la specifica garanzia della nomina di un curatore speciale del minore onde tutelare il relativo interesse nell’ambito della procedura”. 

 

(Adnkronos)