(Adnkronos) – La morte di Sergio Moroni, il parlamentare socialista che nell’estate del 1992 dopo essere stato raggiunto da due avvisi di garanzia si tolse la vita, è “una tragedia umana e politica. Un periodo oscuro della nostra storia repubblicana con cui ancora una parte del paese deve fare i conti. In particolare deve fare i conti il centrosinistra, che di quella brutta storia è stato uno dei protagonisti inoculando nel sistema politico il moralismo militante, ovvero il giustizialismo che ancora inquina la politica italiana”. Così la senatrice di Forza Italia Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri di palazzo Madama, che, in occasione della ricorrenza dell’anniversario della morte del parlamentare del Psi, venerdì prossimo, rispetto al riferimento di Moroni a “forze oscure che coltivano disegni che nulla hanno a che fare con il rinnovamento e la pulizia” (contenuto nella lettera destinata all’allora presidente della Camera dei deputati, Giorgio Napolitano, per spiegare le ragioni del suo suicidio) all’Adnkronos commenta: “Quando parlo di periodo oscuro mi riferisco a questo. Ricordo ancora le lacrime di mio padre alla morte del compagno Moroni”.
“Si è creato in quel momento – sottolinea la parlamentare, ex sottosegretario di Stato agli Affari Esteri – uno squilibrio tra poteri, a cui occorre opporre rimedio per una sana vita democratica, restituendo alla giustizia il ruolo che deve avere, ovvero un servizio a tutela della ragione del cittadino. Purtroppo – rammenta – a quella rivoluzione giudiziaria il sistema mediatico partecipò, creando un circuito perverso che distrusse il sistema politico. Mentre la politica va fatta con le armi della politica, ovvero contrapponendo proposte o visioni del paese, ma non certo demonizzando l’avversario politico, un vizio ancora coltivato da questa sinistra”.
“A Sergio Moroni – sollecita Stefania Craxi – va ridato l’onore che merita, sperando che il suo sacrificio e quella terribile lettera di denuncia, a cui risposero le parole orribili di un magistrato che disse ‘qualcuno ancora per la vergogna si suicida’, non restino vane”. Perché “la storia di questi 30 anni – conclude – dimostra ciò che Sergio scrisse nella lettera a Napolitano”: “Non credo che questo nostro Paese costruirà il futuro che si merita coltivando un clima da ‘pogrom’ nei confronti della classe politica”. (di Roberta Lanzara)