Nel Pd cresce voglia di proporzionale, Borghi: “Dopo il Colle”

Nel Pd cresce a voglia di proporzionale. In particolare dopo l’assemblea di Base Riformista, l’area Guerini-Lotti che raccoglie il grosso di parlamentari, in cui il tema è stato oggetto della riunione. “E’ il momento di iniziare a ragionare sul proporzionale”, ha detto all’Adnkronos il coordinatore dell’area, Alessandro Alfieri. Oggi Stefano Ceccanti rilancia: “Serve un proporzionale con un premio di maggioranza”. Martedì Enrico Letta riunirà la Direzione del Pd e c’è chi si aspetta un passaggio sulla riforma elettorale da parte del segretario dem. Tuttavia Enrico Borghi, deputato Pd e membro della segreteria di Letta, sposta la palla avanti. “Dopo l’elezione del presidente della Repubblica”.  

“La mia opinione -dice Borghi all’Adnkronos- è che, innanzitutto, ogni cosa va fatta a suo tempo. Secondo, che l’impianto della legge elettorale è direttamente connesso con il quadro che seguirà l’elezione del presidente della Repubblica. Il percorso è chiaro: legge di bilancio, elezione del presidente della Repubblica e poi legge elettorale”.  

Una riforma che è indispensabile, spiega Borghi all’Adnkronos: “La riforma delle legge elettorale si impone a seguito del taglio del numero dei parlamentari. Questo è stato un elemento fondante del programma del Conte 2 perché con la riduzione del numero dei parlamentari” si determina una distorsione ‘iper maggioritaria’ e quindi “non viene garantita la rappresentatività: rischieremmo di avere molte commissioni in cui l’opposizione sarebbe esclusa”.  

“Fatta questa premessa di cornice -continua Borghi- si può lavorare per contemperare l’esigenza di rappresentanza con quella della governabilità. E le strade sono diverse: il proporzionale con la soglia al 5% oppure un proporzionale con correttivi maggioritari. Il punto però è politico. E cioè: la Lega accetta di un’impostazione di questo genere o preferisce restare prigioniera di uno schema in cui la leadership del centrodestra è della Meloni? “.  

“Quindi, discutere all’interno del Pd di legge elettorale, col rischio di richiamarci ognuno alla propria Weltanschauung, in questo momento rischia di essere solo un esercizio. Serve una verifica sul piano politico se esistono le condizioni per una larga convergenza sul piano parlamentare e in questo quadro l’elezione del presidente della Repubblica rappresenta una variabile importante: se ci sarà una larga condivisione, questo creerebbe il clima politico per una modifica della legge elettorale che non va fatta a sportellate e a colpi di maggioranza. Le due cose sono concatenate”.  

La modifica, ribadisce l’esponente dem, va fatta “altrimenti noi rischieremmo di riprodurre il risultato del 2018 con delle coalizione finte, che si mettono assieme per partecipare alla quota maggioritaria del Rosatellum, e poi si sfasciano”, come accadde nel Conte 1 con la Lega al governo con i 5 Stelle e Fi e Fdi all’opposizione. “Questa è la vera presa in giro degli elettori. Noi abbiamo due schieramenti: uno in costruzione ovvero il centrosinistra e uno in disgregazione ovvero il centrodestra. Queste cose qui non avrebbero bisogno della ‘droga’ della tecnica elettorale, ma della politica. Chi pensa di risolvere i problemi politici con le leggi elettorali, sbaglia e il passato lo dimostra”.  

 

(Adnkronos)