(Adnkronos) – “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. La domanda di Nanni Moretti in Ecce Bombo, i leader politici italiani se la sono posta eccome. Tutte quelle volte che hanno ricevuto un invito da un avversario. Come il caso di Elly Schlein che ha detto ‘no, grazie’ ad Atreju, la festa di FdI. O quando hanno avuto l’opportunità di ritrovarsi in un contesto particolare, non ‘confortevole’ politicamente.
Nella primavera del 1984, per la politica un altro mondo, Enrico Berlinguer fa il suo ingresso al congresso del Psi di Verona. Lo accoglie una bordata di fischi. Impassibile, il segretario del Pci siede al suo posto. Poco dopo, dal podio, tra le lunghe pause che sempre riempivamo i suoi discorsi, Bettino Craxi spiega: “So bene che non ci si indirizzava a una persona ma ad una politica che noi giudichiamo profondamente sbagliata. E se i fischi erano un segnale politico che si manifestava contro quella politica, io non mi posso unire a questi fischi solo perché non so fischiare”.
Berlinguer, suo malgrado, è protagonista di un altro episodio rimasto nella storia. Alle esequie del leader comunista, nel giugno dell’84, si presenta Giorgio Almirante. “Sono venuto per salutare un uomo onesto”, dice il leader Msi varcando la soglia di Botteghe oscure. Massimo Magliaro, ex braccio destro di Almirante, ha ricordato più volte: “All’uscita mi disse, telefona a donna Assunta. Dille che è andato tutto bene”. Non molti anni dopo, nell’88, furono Giancarlo Pajetta e Nilde Iotti a rendere omaggio alla salma di Almirante ai suoi funerali.
Altri tempi, altri scenari. Ma la sostanza del leader che decide di varcare la soglia della ‘tana’ dell’avversario non cambia. Nel ’95 Walter Veltroni invita Gianfranco Fini (che accetta) ad un faccia a faccia alla festa dell’Unità: “Il valore della festa è questo, confrontarsi tra schieramenti avversari con rispetto e nel comune obiettivo di lavorare per il bene del Paese”, dice Veltroni.
L’album dell’94 è invece pieno di foto di Indro Montanelli sotto il simbolo della Quercia: il giornalista è ospite d’onore alla festa dell’Unità di Modena, accolto con una standing ovation (Montanelli ha appena litigato con Berlusconi e lasciato il ‘Giornale’): “Vi prego, basta applausi, ve lo chiedo per legittima difesa”, implora il giornalista. Foto per foto, resta negli annali quella del ’96 del Gabibbo con Massimo D’Alema, in visita agli studi Mediaset: “Un’azienda che è un patrimonio per l’Italia”, dice il segretario del Pds.
Poi, con il passare degli anni, la politica cambia. Aumenta la quota spettacolo. E i faccia a faccia insoliti tra i leader si moltiplicano. Atreju ne ha fatto un marchio di fabbrica. Alla festa di FdI si sono visti, negli anni, Silvio Berlusconi, Fausto Bertinotti, Rosy Bindi, Walter Veltroni, Luciano Violante, Nicola Zingaretti, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Renzi, per citarne alcuni. Tutti, spesso, vittime di scherzi e spietate goliardate dei giovani ‘fratelli’.
Memorabile l’ospitata dell’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, nel 2017, accolto da qualche fischio ma uscito tra applausi scroscianti dopo aver deliziato la platea con un paio di aneddoti. Il primo, quando si ritrova nella storica stanza di Italo Balbo: “Era enorme!”. Il secondo, particolarmente entusiasmante per la platea, quando da neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio finisce alla scrivania che era stata di Benito Mussolini. “Giuliano Ferrara scrisse, quella scrivania era in buone mani!”.
Non solo Atreju, però. Giorgia Meloni, nel marzo scorso, è intervenuta al Congresso della Cgil, invitata e poi accolta da Maurizio Landini con una storica stretta di mano. E sempre la premier, ai tempi ‘solo’ leader di Fdi, ha regalato una fulminante battuta al termine di uno degli innumerevoli faccia a faccia (tra convegni e presentazioni di libri) con l’allora segretario del Pd Enrico Letta: “Siamo i Sandra e Raimondo della politica italiana”.