Nuovo patto sociale, la proposta di Magatti a 30 anni dall’accordo del ’93 di Ciampi

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Un nuovo patto sociale, per non disperdere quello che di buono è stato fatto in termini di crescita nel post Covid e affrontare i problemi strutturali che possono compromettere il futuro. Dalle colonne del Corriere della Sera, la proposta di Mauro Magatti, professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, guarda a una “collaborazione creativa tra i diversi soggetti sociali (imprese, sindacati, pubblica amministrazione, scuola, sistema finanziario)”. E richiama un precedente illustre, il ‘Patto Ciampi’ del 1993 che diede vita alla stagione della concertazione. Era un accordo tra governo e parti sociali che oggi è difficile da ipotizzare, visti i tempi e i rapporti diversi e con uno sciopero generale in vista, ma le analogie da un punto di vista della congiuntura ci sono: allora bisognava frenare la rincorsa prezzi-salari, oggi è indispensabile spezzare una spirale inflazionistica.  

L’economista della Cattolica parte dalla premessa che “i dati dell’ultimo rapporto Istat confermano che l’Italia, negli ultimi anni, è cresciuta più degli altri Paesi europei”. Prosegue però avvertendo che “non è il caso di farsi troppe illusioni. Ed è lo stesso rapporto Istat che ci spiega perché: al di là delle luci, ci sono ombre che hanno a che fare con alcuni problemi strutturali che, se non affrontati, sono destinati a compromettere il nostro futuro”.  

Magatti arriva quindi alla parte della proposta. In primo luogo, dice, “è importante che la ricchezza generata dalla crescita sia distribuita e reinvestita”. Come? “Per confermare e rafforzare i risultati degli ultimi anni, c’è bisogno di fare squadra creando un nuovo patto sociale che riconosca i diritti ma anche la contribuzione di tutti (impresa e lavoro) allo sviluppo del Paese”.  

Il secondo punto riguarda “la capacità di identificare alcune scommesse a forte contenuto simbolico che riescano a delineare il nuovo modello di sviluppo da costruire insieme”. Magatti ne cita alcune. “Vanno individuati grandi obiettivi di sistema: per esempio, si potrebbe puntare a rendere energeticamente autonome Sicilia e Sardegna o mettere mano al livello di inquinamento (senza uguali in Europa) della pianura padana”. La questione giovanile, poi, “è la chiave per contrastare il declino demografico in una prospettiva di lungo periodo”. Per sciogliere questo nodo, “serve un’azione coraggiosa e integrata che tocchi contemporaneamente diversi aspetti: revisione delle tipologie contrattuali per gli under 40; deciso investimento nel comparto formativo; accesso all’acquisto/affitto della prima casa; armonizzazione tra la vita lavorativa e familiare”.  

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