Nonostante il rallentamento registrato in questi ultimi sei mesi a seguito di una congiuntura internazionale molto difficile, l’Italia ha superato meglio dei suoi principali competitor europei gli effetti negativi provocati dalla crisi pandemica, dal caro energia e dalla crescita esponenziale registrata dai tassi di interesse. E’ quanto emerge da una analisi dell’Ufficio Studi Cgia di Mestre che ricorda come tra il 2019 (anno pre-Covid) e il 2023, l’Italia ha segnato una variazione del Pil del +3 per cento, contro il +2,3 della Spagna, il +1,8 della Francia e il +0,7 della Germania.
Tra i 20 paesi dell’Area dell’euro, quelli demograficamente più piccoli hanno registrato le crescite più elevate. Rispetto al periodo pre-Covid, infatti, l’Irlanda è cresciuta del 33,1 per cento, Malta del 14,4, Cipro del 14,2, la Croazia del 13,4, la Lituania dell’8,3 e la Slovenia del 7,7. Per contro, i paesi più importanti hanno registrato delle variazioni nettamente inferiori. La media europea è stata del +3,5 per cento. Nel 2023 la previsione di crescita del nostro Paese dovrebbe essere del +0,7 per cento, un dato nettamente inferiore al +2,4 stimato alla Spagna e leggermente più contenuto rispetto al +1 in capo alla Francia. La Germania, invece, con una variazione del -0,3 per cento rispetto al 2022 rimane in recessione.
A livello territoriale, la regione che meglio delle altre ha superato le crisi che si sono abbattute nel Paese in questi ultimi 4 anni è stata la Lombardia che, rispetto al 2019, è cresciuta del 5,3 per cento. Seguono l’Emilia Romagna con il +4,9 per cento, la Puglia con il +3,9, il Friuli Venezia Giulia con il +3,5, il Trentino Alto Adige con il +3,4 e il Veneto con il +3,3. Tra le 20 regioni presenti in Italia solo la Liguria e la Toscana non hanno ancora recuperato il terreno perso con il Covid e le crisi successive. La prima deve ancora recuperare 0,8 punti di Pil rispetto al 2019, la seconda addirittura due.
A trainare l’economia del Paese nel 2023 saranno Lombardia e Veneto. In queste due regioni il Pil è destinato a crescere dello 0,9 per cento rispetto al 2022. Seguono ad una incollatura Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Lazio tutte con il +0,8 per cento. Subito dopo scorgiamo l’Emilia Romagna, la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Toscana che sono previsti e in crescita del +0,7 per cento. In coda alla graduatoria si collocano la Basilicata e le Marche che registreranno un aumento del prodotto interno lordo rispetto all’anno scorso del +0,3 %. Il turismo, la manifattura, i consumi delle famiglie, gli investimenti e l’export hanno sostenuto questa ripresa: un trend positivo che nello scorso mese di ottobre ha spinto il tasso di occupazione a toccare il 61,8 per cento con un record di quasi 23,7 milioni di addetti.
La Cgia invita a evitare i ‘trionfalismi’ ricordando problemi come “povertà, disoccupazione femminile, lavoro nero, tasse, burocrazia, evasione, inefficienza della Pubblica Amministrazione e debito pubblico” che sono i principali punti di debolezza che frenano da almeno 20 anni la crescita del nostro Paese. Eppure nonostante i danni economici legati alla pandemia “le misure economiche/sociali messe in campo dagli ultimi esecutivi per mitigare queste difficoltà hanno sortito l’effetto sperato” evitando “una crisi sociale e garantito una ripresa dell’economia che nessuno prevedeva. O quasi”.
L’associazione ricorda che “tra contributi a fondo perduto, ristori, indennizzi, misure di sostegno al reddito, crediti di imposta, etc., tra il 2020 e il 2022 i governi Conte 2 e Draghi hanno messo a disposizione delle famiglie e delle imprese ben 180 miliardi di euro. Per mitigare il caro bollette, invece, i governi Draghi e Meloni hanno erogato altri 90 miliardi di euro di aiuti. Complessivamente, quindi, sono stati stanziati oltre 270 miliardi che hanno “anestetizzato” gli effetti negativi provocati dalla pandemia e dal caro energia”.