La smentita del Quirinale sull’incontro con Draghi e i contatti con Gentiloni, la fuga in avanti della Lega sulle risorse a debito a cui rinunciare, la richiesta delle opposizioni di averla in Aula per fugare ogni dubbio sul futuro del Pnrr. Ogni giorno la sua pena, per Giorgia Meloni. Ma da settimane, ormai, quella più grande è all’insegna del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finito ai tempi supplementari – un mese in più per ottenere la terza tranche da 19 miliardi – per dare la possibilità all’Italia di apportare modifiche e ultimare i ‘compiti a casa’.
A sparigliare, mentre la premier è a Verona per l’immancabile appuntamento del Vinitaly, ci pensa la Lega nel giorno in cui il partito di Matteo Salvini mette a segno un risultato, in Friuli Venezia Giulia, ben al di sopra di ogni più rosea aspettativa. Il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, assicura che i soldi arriveranno, ma bisogna “riflettere ed evitare sprechi facendosi prendere dalla fretta”. Perché “spenderli per spenderli senza identificare i progetti realmente necessari non ha senso -il ragionamento -. Per questo si potrebbe arrivare a valutare di rinunciare a una parte dei fondi a debito, che sono sempre soldi che vanno a pesare sulle finanze degli italiani”.
Parole che non passano inosservate. La segretaria dem, Elly Schlein, alza il tiro, e dopo aver chiesto che fosse il ministro ‘responsabile’ del Pnrr per il governo, Raffaele Fitto, a venire in Aula a riferire, chiede che sia la stessa Meloni a chiarire la vicenda in Parlamento. Sulla stessa linea il M5S, che con Giuseppe Conte non manca di rimarcare “le spaccature nel governo”, ma porge il ramoscello di ulivo tornando a chiedere che tutti, nessuno escluso, si siedano attorno a un tavolo per uscire dalla palude in cui l’Italia rischia di finire. Ma l”intuizione’ di Molinari viene presto smentita da autorevoli fonti di governo, pronte ad assicurare all’Adnkronos che il governo tirerà dritto, spendendo fino all’ultimo centesimo di quei 209 miliardi concessi in dote al nostro Paese messo in ginocchio dal Covid.
L’ipotesi di rinunciare a parte dei fondi a debito del Pnrr, nel caso in cui non fosse possibile modificarne la destinazione, “non è sul tavolo -assicurano autorevoli fonti di governo all’Adnkronos -: le risorse verranno solo rimodulate, ma al momento non c’è alcuna intenzione di rinunciare a parte dei fondi” messi a disposizione dell’Italia dall’Europa con il Next Generation Eu. “Al momento – chiariscono fonti dell’esecutivo in prima linea nella gestione del dossier – quello che si sta facendo è rimodulare i fondi di spesa. Tutti fanno finta di non sapere, ma in realtà tutti sono ben consapevoli che ci sono progetti non realizzabili al 2026”, deadline fissata per il Pnrr.
Quei progetti che rischierebbero dunque di trasformarsi in un boomerang, e per i quali l’Italia si è vista costretta a chiedere a Bruxelles un mese in più, “verranno messi a terra con il RepoweEu, così da dilatare i tempi di qualche anno, oppure dirottati sul Fondo di sviluppo e coesione, che non ha scadenza”. Le risorse così ‘liberate’, ovvero de-finanziate dal pacchetto Pnrr, “verranno riprogrammate su progetti fattibili”, oggetto della interlocuzione in corso con l’Europa. Ma, ad oggi, “la volontà è di utilizzare tutto lo spazio di spesa” a disposizione, ovvero tutti i 209 miliardi destinati all’Italia, fino all’ultimo centesimo.
Del resto ieri la stessa Meloni, rispondendo alle domande dei cronisti a margine della visita al Vinitaly, ha detto di non prendere “in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse. Prendo in considerazione – ha precisato – l’ipotesi di farle arrivare a terra in maniera efficace. E tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che noi faremo”.
Intanto a partire da oggi Fitto sarà in Senato, diviso tra commissione e Aula, per il decreto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma non è escluso, riferiscono le stesse fonti, che vada presto in Parlamento a fare il punto della situazione: “E’ una decisione che il governo assumerà nei prossimi giorni”, riferiscono infatti i beninformati.
Non escludendo, oltretutto, che possa essere la stessa Meloni a presentarsi in Aula per fare il punto. Tanto più che i tempi sono maturi per la relazione sul Pnrr da inviare alle Camere: per legge, deve essere spedita ogni sei mesi, e l’ultima del governo Draghi risale ad ottobre scorso.
“Si sta generando troppo allarmismo e non possiamo permettercelo – ragiona un ministro molto vicino al premier -. Del resto non siamo il solo Paese per cui i tempi si sono allungati, direi che siamo in ottima compagnia. Ma c’è chi gioca sporco, gettando ombre sul lavoro del governo. Ecco perché non escludo affatto, conoscendola, che in Parlamento arrivi la stessa Giorgia a metterci la faccia. Del resto, non ha nulla da temere e nulla da nascondere…”.