(Adnkronos) – Il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, in merito alle dichiarazioni della professoressa Donatella Di Cesare sulla scomparsa dell’ex Br Barbara Balzerani, ha avuto più contatti telefonici con la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni. Il ministro, riferiscono fonti del Mur, ha condiviso lo sconcerto espresso dalla rettrice anche alla luce della storia dell’Ateneo romano che ha pagato un prezzo molto alto durante la tristissima stagione del terrorismo e ha giudicato pericolose le parole della professoressa Di Cesare e inconciliabili con la responsabilità dell’insegnamento.
”Ho appena finito la lezione, non ho visto nulla. Le leggerò ma quello che avevo da dire l’ho detto e non ho più nulla da aggiungere”. Il commento all’Adnkronos della docente di filosofia teoretica Donatella Di Cesare, finita nella bufera per il post sulla scomparsa della Br Barbara Balzerani.
“Presenterò un’interrogazione parlamentare al ministro Bernini per chiedere se il ruolo della professoressa Di Cesare sia compatibile con l’insegnamento alla luce della pubblicazione di un suo post, vigliaccamente cancellato, in cui esprimeva cordoglio per la morte della brigatista, mai pentita, Barbara Balzerani”. Lo ha annunciato il vicepresidente vicario del gruppo al Senato di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon.
“Rabbrividisco nel pensare che oggi possa essere in Aula a La Sapienza di Roma, a porsi come educatrice di giovani, proprio lei che rivolgendosi alla Balzerani ha scritto ‘la tua rivoluzione è anche la mia’, e accommiatandosi con un malinconico addio. Una vicenda resa ancora più grave dalla protervia che la Di Cesare ha dimostrato dopo le polemiche nate a margine del suo post, come confermano le interviste, scritte e televisive, in cui ha parlato di ‘sconcerto’ e di ‘stupore’ per le reazioni suscitate. Gioverebbe ricordare che per molto meno colleghi della Di Cesare sono stati sospesi o addirittura hanno perso la cattedra”, ha rimarcato Speranzon, aggiungendo: “Mi attendo, quindi, che La Sapienza che ha annoverato tra le sue fila professori come Aldo Moro, Ezio Tarantelli e Vittorio Bachelet che hanno pagato con la morte il prezzo di quella folle rivoluzione, che la Di Cesare ha scritto di essere anche la sua, intervenga in maniera esemplare”.
“Ieri, la rettrice Polimeni ha espresso ‘sconcerto’ ricordando ‘l’altissimo tributo di sangue pagato dall’Università Sapienza nella stagione del terrorismo’ e condannando ‘ogni forma di violenza’ e prendendo le ‘distanze da qualsiasi dichiarazione di condivisione o vicinanza’. Bene, ma non basta. L’Università La Sapienza non può archiviare così quanto accaduto, ma servono decisioni inequivocabili che diano il segno che non ci può essere alcun cedimento o benevolenza verso chi si fa portatore di idee o valori che non rispettano i principi democratici espressi dalla Costituzione e che tanti lutti e sofferenze hanno prodotto”, ha concluso l’esponente di Fdi.
In un post pubblicato su X la docente commemorando la brigatista morta aveva scritto: “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”
“Ho pubblicato questo post subito dopo aver saputo della morte della Balzerani, questa bufera che si è sollevata mi ha sconcertato”, ha affermato all’Adnkronos Donatella Di Cesare. “Non ho mai condiviso i metodi violenti, tutto quello che ho fatto o scritto, e il mio stesso insegnamento, dimostrano la mia più assoluta lontananza. Ritengo sia importante, sempre, il confronto aperto, democratico: nulla si risolve con la violenza”.
Nel post “ho ricordato quella trasformazione radicale che molti di noi volevano negli anni ’70, un mondo diverso senza ingiustizie e senza guerre”. Del resto, “ho molta difficoltà a stigmatizzare gli anni ’70 come anni di piombo perché c’è stato in Italia molto altro – continua – Ma nulla si risolve con le armi e con la violenza e l’ho detto più volte, anche intervenendo contro la guerra. Ho ricordato quel cambiamento che molti volevano, semplicemente questo. Se lo ho poi cancellato è perché ho visto che non solo veniva frainteso ma veniva anche utilizzato per scatenare una polemica: mi inquieta se ci sono esponenti politici o di partiti che vanno in cerca di pretesti per colpire alcune persone in particolare o quelli che la pensano diversamente”.
A chi contesta la mancata distanza dai metodi usati dalla Balzerani e dagli altri brigatisti in nome di quella agognata trasformazione radicale, Di Cesare risponde: “Ho usato la parola ‘vie’, sinonimo di metodi”, proprio per questo motivo.