(Adnkronos) – Il presidente russo Vladimir Putin ”non è un politico, è un gangster”. Lo ha scritto la vedova del dissidente russo Alexei Navalny, Yulia Navalnaya, in un editoriale per il ‘Washington Post’, invitando a non riconoscere il risultato delle elezioni presidenziali. ”Non porterebbe al collasso immediato del governo Putin, ma sarebbe un segnale importante per la società civile russa e per le élite ancora fedeli a Putin così come per il mondo, che la Russia non è governata da un presidente riconosciuto da tutti, ma da qualcuno che è disprezzato e condannato pubblicamente”, ha affermato.
”Il 16 febbraio, un mese prima delle previste ‘elezioni presidenziali’ in Russia, mio marito, Alexei Navalny, è stato assassinato in prigione su ordine diretto di Vladimir Putin. Non ho mai voluto entrare in politica, non ho mai voluto parlare da un palco o scrivere per i media internazionali. Ma Putin non mi ha lasciato altra scelta”, ha affermato Navalnaya.
Facendosi portavoce del marito defunto, Navalnaya ha dichiarato che ”per sconfiggere Putin, o almeno punirlo seriamente, bisogna rendersi conto di chi è. Sfortunatamente, troppe persone in Occidente lo vedono ancora come un leader politico legittimo, discutono sulla sua ideologia e cercano una logica politica nelle sue azioni. Questo è un grave errore che genera nuovi sbagli e aiuta Putin a ingannare ancora e ancora i suoi avversari”. Ma ”Putin non è un politico, è un gangster. Alexei Navalny è diventato famoso in Russia e odiato da Putin proprio perché, fin dall’inizio della sua lotta, ha apertamente descritto Putin e i suoi alleati come gangster che avevano preso e usato il potere solo per il proprio arricchimento e per realizzare le proprie ambizioni personali”.
Yulia Navalnaya invita poi a guardare a Putin come al ”leader di un gruppo mafioso”, alla ”sua brutalità, il cinismo, la propensione alla violenza, la passione per il lusso ostentato e la sua volontà di mentire e uccidere. Tutti i suoi discorsi su religione, storia, cultura e politica potrebbero fuorviare gli occidentali. Ma in Russia, tutti sanno che i gangster hanno sempre amato ostentare grandi croci, posare nelle chiese e presentarsi come combattenti per una giustizia più elevata e valori tradizionali”.
L’editoriale insiste sul fatto che considerare ”Putin come un boss mafioso” è utile per ”capire come punirlo e accelerarne la fine”. E si chiede ”perché i paesi democratici continuano a riconoscere legittima la sua autorità criminale Perché i leader mondiali eletti in modo corretto si pongono sullo stesso piano di un criminale che per decenni ha falsificato le elezioni, ucciso, imprigionato o costretto a lasciare il Paese tutti i suoi critici, e ora ha scatenato una sanguinosa guerra in Europa attaccando l’Ucraina?”.
Navalnaya aggiunge che ”l’ampio sostegno all’Ucraina e al suo esercito nella lotta contro l’ingiustificata aggressione di Putin è diventata la scelta morale naturale per i Paesi occidentali”. “Una sconfitta militare di Putin in Ucraina dovrebbe spingere il suo governo sull’orlo del collasso. Tuttavia, ci sono stati casi nella storia in cui la sconfitta non ha portato alla caduta di un dittatore” e ”per garantire che il governo di Putin non sopravviva a un’altra crisi, comprese quelle causate dai fallimenti militari in Ucraina, è essenziale sostenere le forze che continuano a resistere dall’interno della Russia.