“Putin vuole distruggere l’Occidente e durare altri 15 anni”. Parla il dissidente Khodorkovsky

(Adnkronos) – A margine di una tavola rotonda organizzata da Ecfr, European Council on Foreign Relations, l’Adnkronos ha intervistato Mikhail Khodorkovsky, un tempo l’uomo più ricco di Russia, oggi dissidente in esilio e oppositore del regime putiniano.  

A 32 anni acquisisce, con i metodi opachi dell’era Eltsin, il gigante del petrolio Yukos, che sarà poi ri-nazionalizzato, con i metodi brutali dell’era Putin: nel 2003 Khodorkovsky viene arrestato per frode fiscale e passerà 10 anni in prigione sulla base di condanne che ha sempre considerato politicizzate e manovrate dal Cremlino. Amnistiato nel 2013, da allora vive a Londra e gira per università, think tank ed eventi pubblici con l’obiettivo di costruire una coscienza democratica nei suoi concittadini. La ricetta è condensata nel libro pubblicato l’anno scorso ‘Come uccidere un drago’: per lui la Russia può essere o unita o democratica, dunque propone di passare dal presidenzialismo a un sistema parlamentare e dal centralismo al federalismo. Eppure la frammentazione che è seguita al crollo dell’URSS negli anni ’90 non è stata sicuramente sinonimo di stabilità o democrazia. 

“Guardi, a parte un po’ di confusione e il caso estremo della Cecenia, in quegli anni la situazione non è stata così drammatica. In una Russia federale ci sarebbero diversi sistemi politici: alcune regioni, tra cui Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, diventerebbero delle democrazie piene, simili a quelle europee. Mentre altri avrebbero sistemi meno democratici, delle autocrazie ‘leggere’, ma sicuramente meno distruttive di quella attuale”.  

Si diceva che Putin lo avesse graziato in cambio della promessa di non occuparsi di politica, ma quando glielo chiedo reagisce seccato: “Non ho mai detto una cosa del genere e lo stesso Putin l’ha negata. Possibile che tutti gli altri credano a questa storia?”. Vista la fine che hanno fatto altri dissidenti, non ha paura di conseguenze su di sé o sulla sua famiglia? “Nelle dittature, chiunque è in pericolo. Soprattutto dopo tanti anni i dittatori diventano più insicuri e più aggressivi con gli oppositori. Ma io non cerco ruoli politici in Russia, sono un manager che studia e prova a fare il suo dovere civico. Se Putin domani volesse farmi fuori, dovrebbe rinunciare a far fuori qualcun altro che magari in questo momento è più insidioso per lui”.  

Putin ha due obiettivi: mantenere il potere più a lungo possibile, “anche per altri 15 anni”, e indebolire l’Occidente, con la propaganda, i sabotaggi, la minaccia nucleare. Una strategia cinese “dei mille tagli”, un processo lento ma inesorabile per introdurre e rafforzare i problemi sociali, politici ed economici. Così da costringere Europa e Stati Uniti a chiudersi in loro stessi e abbandonare velleità globaliste. “Eppure negli ultimi due anni l’Europa ha dormito, non ha capito che doveva immediatamente concentrare tutti i suoi sforzi sull’industria militare per sostenere lo sforzo ucraino, che ora è davvero al limite. Soprattutto quando parliamo di droni, la superiorità russa è impressionante. Solo adesso vi state muovendo, meglio tardi che mai. Certo, per me è inspiegabile che Macron, dopo il suo giusto discorso sulla capacità di Putin di distruggere l’Europa, mandi il suo rappresentante all’inaugurazione presidenziale a Mosca”.  

Altra fissa del potere putiniano è la contrapposizione con gli Stati Uniti, unici considerati in grado di fermare il suo disegno. “Basti pensare allo scontro tra Israele e Hamas. Ora Putin si schiera con l’Iran non perché creda alla causa palestinese, ma perché sa che questo crea problemi agli Stati Uniti”.  

Le sanzioni occidentali sono riuscite a fiaccare il regime? “E’ un bilancio in chiaroscuro. Ce ne sono di quattro tipi: personali destinate all’élite putiniana, sono state utili perché li hanno privati di molti strumenti economici; finanziarie, contro lo Stato e le aziende, non hanno creato forti conseguenze, visto che la bilancia economica russa resta positiva; energetiche, che invece hanno colpito duramente soprattutto le esportazioni di gas, e devo dire di essere stato sorpreso dalla determinazione tedesca; tecnologiche, per impedire a Mosca di accedere a chip e strumenti fondamentali per la sua industria bellica, che iniziano a fare effetto ma hanno molti difetti, soprattutto nelle categorie-colabrodo di prodotti vietati”. (di Giorgio Rutelli) 

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