(Adnkronos) – “Credo che la vera sfida, la vera campagna, sarà in autunno, speriamo con un vaccino anti-Covid di nuova generazione che veda meglio le varianti. Io spero che ci sia e sono ottimista. Se non ci fosse, allora si farà con il vaccino che abbiamo. Sappiamo che vaccinandosi si allarga il respiro della risposta immunitaria. Questa sarà la verra partita”. A evidenziarlo all’Adnkronos Salute è Alberto Mantovani, presidente della Fondazione Humanitas per la Ricerca e direttore scientifico Humanitas.
“E’ ragionevole pensare che la nostra sfida sarà l’autunno – spiega l’immunologo, in questa fase in cui il dibattito sulla quarta dose è ormai nel pieno – Lo sappiamo che sarà così perché tutti i virus respiratori, e questo non fa eccezioni, ci creano problemi durante l’autunno-inverno”. Ma c’è anche il ‘fattore influenza’, su cui Mantovani accende i riflettori. “Ci sono dati molto recenti che ci dicono che avere due nemici è peggio che averne uno in casa. Si è visto nel Regno Unito che i malati molto gravi hanno spesso la coinfezione da influenza e da Sars-CoV-2, tanto che qualcuno ha detto che dovremmo screenarli tutti per l’influenza. Per questo dico che la sfida sarà in autunno – ribadisce – sul fronte Covid, con un richiamo speriamo basato su un vaccino più mirato ai nuovi ceppi. Ma speriamo di convincere le persone a vaccinarsi anche contro l’influenza, che capiscano che non c’è nessun problema a farlo”.
“Io credo che quella sarà la partita vera – è convinto Mantovani – Ho molta fiducia che con la tecnologia dell’Rna messaggero e con quello che conosciamo si arrivi” alla nuova sfida “con un vaccino aggiornato rispetto alla variante di Wuhan. Un vaccino di nuova generazione. Ovviamente dobbiamo sempre essere umili rispetto ai dati. Ma io sono ottimista”.
Al momento la posizione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) sulla quarta dose di vaccino anti-Covid “è saggia. E’ una decisione che si preoccupa delle persone più fragili che sono quelle di cui ci dobbiamo preoccupare adesso”, dice commentando il parere espresso dalle agenzie europee, secondo cui il secondo richiamo si può prendere in considerazione per gli over 80, ma è presto per darlo a tutti, alla popolazione generale.
L’esperto parte da alcune premesse. “La prima è che stiamo facendo una cosa che non ha precedenti. Non solo perché abbiamo a che fare con un virus nuovo, che muta e che un collega australiano, un virologo evoluzionista, ha definito un virus ‘generalista’. Ma anche perché stiamo facendo una campagna di vaccinazione durante una pandemia, con il virus che circola, e che continua a mutare. E nessuno ha mai fatto niente del genere. E’ qualcosa di inedito”. Mantovani ricorda per esempio che durante il suo impegno in Gavi, l’alleanza sui vaccini, “si affrontava un’epidemia di meningite in Africa Subsahariana. In quella situazione l’epidemia arrivava, poi passava, si dava il vaccino e si tamponava. Qui invece la situazione è diversa, appunto. E quindi ci si deve muovere con saggezza sulla base dei dati che si hanno”.
L’altro elemento che Mantovani mette in evidenza riguarda proprio gli anziani, su cui si focalizza la raccomandazione europea. “Guardando ai dati raccolti in Humanitas, dati di valutazione della risposta immunitaria non solo con test di laboratorio standard (cioè la misura degli anticorpi), ma anche con test che cerchiamo di mettere a punto per misurare la risposta delle cellule T, io vedo che nelle persone molto anziane c’è una grande variabilità: c’è chi risponde benissimo, come i giovani o le persone di mezza età, e ci sono invece altri che assomigliano nella risposta molto di più alle persone immunocompromesse”. Queste sono le premesse, per Mantovani, che risponde anche alla domanda: cosa sappiamo della quarta dose al momento? “Sappiamo poco, e lo dobbiamo dire”, puntualizza. “Fondamentalmente quello che sappiamo arriva da Israele”.
“C’è uno studio, israeliano appunto – riepiloga l’immunologo – in cui l’ordine di grandezza è di qualche centinaio di persone vaccinate con quarta dose a cui è stata misurata la risposta immunitaria, sia gli anticorpi che le cellule T. E si è trovato che in questo piccolo numero di persone la quarta dose riporta la risposta al livello che si è raggiunto dopo terza dose. Poi c’è uno studio più grande – uscito in due versioni, una ‘open access’ e una pubblicata sul ‘New England Journal of Medicine’, in cui si è guardato alla popolazione over 60. E’ uno studio su oltre un milione di persone vaccinate e si è visto che la quarta dose dà protezione”.
Quanto alla sicurezza del richiamo, i dati israeliani, aggiunge Mantovani, “sono rassicuranti sulla quarta dose”. E la stessa indicazione in termini di sicurezza arriva anche dai dati “del consorzio Vax4Frail che riunisce 13 Irccs di tutta Italia e sta valutando la risposta immunitaria dei pazienti fragili”. In questo contesto, conclude l’esperto, occorre muoversi dunque “con saggezza”, avendo come faro “i dati”.