(Adnkronos) – “Le cure per la spondilite anchilosante sono sempre più efficaci. Sono stati fatti passi avanti straordinari: fino a vent’anni fa non avevamo una strategia terapeutica. Da allora abbiamo utilizzato dei farmaci che bloccano delle piccole proteine coinvolte nell’infiammazione. In questo modo abbiamo restituito una qualità di vita normale ai nostri pazienti, bloccando la progressione del danno radiografico. Più di recente abbiamo avuto la possibilità di utilizzare delle compresse da assumere per via orale giornalmente con un’azione potentissima sul dolore e sullo spegnimento dell’infiammazione. Ma la diagnosi è ancora tardiva”. Così Francesco Ciccia, professore di Reumatologia all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, a margine dell’evento ‘Non voltargli la schiena – conoscere e comunicare la spondilite anchilosante’.
Un media tutorial organizzato a Milano da AbbVie per presentare la seconda edizione della campagna di informazione e sensibilizzazione ‘Non voltargli la schiena’ (‘Don’t Turn Your Back On It’), iniziativa internazionale sviluppata dall’azienda in stretta collaborazione con associazioni di pazienti e specialisti di tutta Europa. In Italia, la campagna è condotta in collaborazione con l’Associazione nazionale malati reumatici Anmar Onlus.
“Quando si parla di spondilite anchilosante – afferma Ciccia – la diagnosi precoce è fondamentale. In Europa c’è un ritardo diagnostico di 8 anni tra la comparsa dei sintomi e la diagnosi. Questo significa condannare un soggetto giovane in età produttiva e socialmente attivo ad una invalidità sostanziale per l’entità del dolore e la limitazione funzionale. Diagnosi precoce significa restituire qualità di vita al nostro paziente e anche evitare quelle che possono essere le sequele della malattia. Infatti, l’infiammazione nella spondilite anchilosante comporta la formazione di ponti ossei con un blocco della colonna che arriva nei casi estremi a curvare e bloccare il paziente senza possibilità di movimento”.