“E’ stato terribile. A distanza di due anni sto ancora malissimo. Prendo psicofarmaci, non riesco a dormire. Penso sempre a quella maledetta notte in cui la mia amica ed io siamo state stuprate, per più di un’ora, su una spiaggia a Porto Cervo, da quattro ragazzi, quattro energumeni. Hanno abusato di noi. E adesso la Procura di Tempio Pausania chiede l’archiviazione per tutti e quattro. La stessa Procura che ha chiesto, invece, il processo per altri quattro ragazzi accusati dello stesso reato. Ma tra i miei stupratori non c’è il figlio di Beppe Grillo… Sono molto amareggiata. Non so se credere ancora nella giustizia”. Giulia – il nome è di fantasia – è la studentessa laziale di 22 anni che ha denunciato le violenze sessuali di gruppo che avrebbe subito, insieme con un’amica, la notte tra l’8 e il 9 luglio del 2019, su una spiaggia di Baja Sardinia, in Costa Smeralda, esattamente otto giorni prima del presunto stupro di gruppo denunciato dalla ragazza italo-norvegese, sempre in Costa Smeralda, a carico di Ciro Grillo, il figlio del garante del M5S e di suoi tre amici. Per tutti loro la Procura di Tempio Pausania ha chiesto il rinvio a giudizio, mentre per i quattro ragazzi accusati dalla giovane ‘Giulia’ la stessa Procura ha chiesto l’archiviazione perché non sarebbe stato dimostrato la violenza di gruppo.
E’ una bellissima ragazza dagli occhi chiari, Giulia. Occhi tristi, però. “Da quella notte soffro di depressione cronica – racconta in una intervista esclusiva all’Adnkronos – Non ho più voglia di ridere, di divertirmi. Di uscire. Non riesco più neppure a fare l’amore”. Ci sono molte similitudini tra i due casi. Anche qui c’è un video che dura una trentina di secondi. Anche qui ci sono quattro ragazzi che incontrano in discoteca due belle ragazze. Il passaggio in macchina. Nel caso di Grillo fino al residence in cui vive d’estate, in questo caso su una spiaggia a poca distanza dalla discoteca in cui i giovani si sono conosciuti. In entrambi i casi le ragazze hanno denunciato quanto avvenuto. Ma qui, le due giovani italiane, hanno raccontato tutto all’indomani dell’accaduto. In una stazione dei carabinieri di Budoni, in Sardegna. E non una settimana dopo, e a Milano, come è successo nel caso della giovane italo norvegese. “Perché per il nostro caso la stessa Procura ha chiesto l’archiviazione, mentre per il figlio di Grillo è stato chiesto il rinvio a giudizio?”, si chiede anche la madre di Giulia. E’ molto arrabbiata. E non lo nasconde.
Mentre il prossimo 9 luglio ci sarà l’udienza preliminare a carico del figlio di Beppe Grillo, Ciro, e dei suoi tre amici, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Tutti accusati di violenza di gruppo. Come nel caso dei quattro campani accusati dalle due ragazze per cui il pm ha chiesto l’archiviazione. A raccontare cosa sarebbe accaduto nella notte tra l’8 e il 9 luglio del 2019, cioè otto giorni prima dei fatti in casa Grillo, è Giulia. Non senza fatica. “Io e la mia amica lavoravamo in un villaggio turistico come animatrici per bambini. Intorno alle due di notte decidemmo di andare in discoteca. L’unica aperta in zona era il ‘Ritual’. Qui abbiamo bevuto un primo cocktail. Dopo un po’ abbiamo incontrato uno dei quattro ragazzi. Lui ci ha chiesto di scambiarci i numeri e poi ci ha chiesto se, dopo la discoteca, volevamo andare in spiaggia. Io ho detto ok. Poi con la mia amica ci siamo messe a ballare da sole”. Così le due ragazze bevono un altro cocktail, il secondo. E poi un terzo bicchiere. “Ero mingherlina, pesavo appena 47 kg – racconta Giulia – e non sopportavo molto l’alcol. Ero mezza ubriaca e anche la mia amica era brilla. Poi, finita la serata, uno dei ragazzi campani ha detto ‘Andiamo i spiaggia’, che si trovava ad appena due minuti dalla discoteca. Credo si chiamasse ‘Spiaggia dei gabbiani’. E siamo andate. All’inizio ci siamo messi a ballare”.
Poi sono passati altri tre ragazzi, gli stessi che poi saranno decisivi per la richiesta di archiviazione del pm, perché sono loro a fare un video di una trentina di secondi, in cui si vedono da lontano le due ragazze abbracciate che vengono penetrate da alcuni dei giovani indagati. “Poi quei tre si sono allontanati”, ricorda ancora Giulia. Poco dopo, manca poco all’alba, le due amiche vanno a fare il bagno. I ragazzi le tolgono le tute che indossano e restano solo con gli slip. “Io resto un po’ indietro, quando uno dei ragazzi mi da un grosso morso su una natica e dice ridendo: ‘Dove lo avevi nascosto questo culo?’. Io sono corsa in acqua senza dire niente. Subito dopo sono tutti entrati in acqua”. E qui accade quanto poi denunciato dalle due ragazze, appena 24 ore dopo. “Io mi ricordo che erano già nudi, solo uno aveva le mutande che si è tolto dopo. Ce li siamo visti venire addosso. Siamo state accerchiate. Io e la mia amica ci siamo abbracciate per la paura”.
E qui sarebbe avvenuto lo stupro, a turno. L’acqua era alta. “Mi arrivava al collo – dice Giulia – Avevo paura di annegare se mi fossi mossa. Per questo non urlavo. Ci hanno violentate”. “Mi sentivo paralizzata – dice – Si cambiavano tra loro, a turno, tra me e la mia amica”. Ed ecco che appare il video. Meno di un minuto. A girarlo, con il telefonino sono i ragazzi incontrati prima e che, sentiti dai pm, dicono di avere sentito dei “gemiti”. “Non delle grida di aiuto”, sostengono.
“Eravamo bloccate dalla paura – dice ora la ragazza – Ho dei vuoti totali. In questi due anni ho fatto un lavoro con la psicologa che mi segue e con la mia psichiatra. Il mio cervello ha rimosso molte cose”. “Per non annegare mi appoggiavo alla mia amica – dice ancora – mentre uno dei ragazzi mi alzava le gambe e io andavo giù”. Passa quasi un’ora. Di terrore puro, secondo il racconto di Giulia. “Non ricordo neppure come sono uscita dall’acqua – dice – ho iniziato a cercare la mia amica. L’ho presa per mano. Lei era sulla sabbia e c’era un ragazzo che le metteva i genitali sul viso”.
In quel momento arrivano i ragazzi di prima e le due amiche scoppiano a piangere. “Eravamo nude. E loro sono andati a prenderci i vestiti, le borse, i cellulari”. Ecco quanto scrive dei giovani intervenuti la Procura nella richiesta di archiviazione: “S. (il testimone ndr) si avvicinava a loro, chiedendo cosa fosse capitato, mentre porgeva loro degli asciugamani per coprirsi e le stesse apparivano sotto choc, tanto da rispondere in maniera confusa, piangendo, dandosi la colpa e giustificandosi nel dire di essere andate in spiaggia solo per farsi un bagno”. “Il teste allora si scusava con le ragazze per non avere compreso la situazione e di non essere intervenuto”. Peraltro, il video girato dai giovani che da lontano hanno assistito ai rapporti sessuali in acqua, è stato poi condiviso su una chat di whatsapp “cui partecipava tutto il gruppo di amici in vacanza in Sardegna dal nome ‘Fiocchi Sardi'”.
Giulia e la sua amica tornano al villaggio turistico intorno alle sei e mezzo del mattino. “Siamo andate a letto e ci siamo alzate alle due del pomeriggio – racconta – Io sanguinavo dalle parti intime. Eravamo entrambe doloranti. Lo abbiamo raccontato a una collega che ci ha detto di andare al Pronto soccorso, e così abbiamo fatto”. “Ma all’ospedale non sono stati molto accoglienti. Eravamo sotto choc”. “Non ci hanno fatto fare neppure l’esame delle urine per vedere se siamo state drogate, con la droga dello stupro, ad esempio. Ci hanno solo fatto flebo di antibiotici”. Ventiquattro ore dopo le due giovani donne si recano alla stazione dei Carabinieri di Budoni. C’era un maresciallo molto gentile”. Qualche ora dopo uno dei ragazzi denunciati, senza sapere della querela, chiama al telefono Giulia. “Voleva sapere se volevamo fare ancora ‘animazione in acqua’ – dice lei – ma io gli ho risposto: ‘Dopo quello che ci avete fatto avete il coraggio di chiamare?’. E tornai ai Carabinieri per segnalare questo sms. Perché in questo modo è stato possibile individuare il primo dei quattro ragazzi e poi gli altri tre”. A confermarlo un collega della ragazza che ha assistito alla telefonata. Giulia ricorda anche di essere stata sentita “per più di dodici ore dai pm”.
E poi Giulia racconta quella notte in cui fu sentita dalla pm della Procura di Tempio Pausania: “La pm continuava a dirmi: ‘Ma sei sicura che sia andata così?”. “Guarda che se non sei sicura, devi dirlo’. Io ero allibita”. Secondo la presunta vittima, nella richiesta si archiviazione mancherebbe “la deposizione in cui un testimone dice che da lontano si vedeva che io non ero consenziente”. “E mancano anche le perizie che dicono che devo prendere dei farmaci in seguito a quella violenza sessuale”.
“Cosa hanno in più nell’altra vicenda? Che c’è il figlio di Grillo? – dice – Forse in quel caso c’è una questione anche politica. Ma io non voglio entrare in questi discorsi. So soltanto che sono stata stuprata ma la Procura non mio crede. E sono davvero amareggiata”. “Mia figlia è molto arrabbiata – dice la madre – E io voglio andare fino in fondo. Devono pagarla. Con il nostro avvocato, Giovanna Porcu, hanno ristudiato tutto il fascicolo, parola per parola. E a nostro avviso la pm si è dimenticata di mettere tante cose”. (di Elvira Terranova)