Da martedì 3 agosto scatta il cosiddetto ‘semestre bianco’, vale a dire gli ultimi sei mesi di mandato del presidente della Repubblica, durante i quali non può sciogliere le Camere in anticipo rispetto alla scadenza naturale. A meno che il periodo non coincida con la fine della legislatura, circostanza che non riguarda l’attuale capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Negli ultimi 6 mesi del suo mandato il presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere. La norma, contenuta nell’articolo 88 della Costituzione, recita infatti: “Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà -sottolinea il secondo comma- negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”. La disposizione venne inserita nella Carta dai costituenti e inizialmente prevedeva lo stop alla fine anticipata della legislatura tout court. Fu una successiva modifica approvata nel 1991 ad introdurre la deroga in caso di coincidenza tra conclusione del settennato e della legislatura.
Il semestre bianco per il presidente Mattarella scatta dal 3 agosto 2021, fino alla scadenza naturale del suo mandato settennale e cioè gennaio 2022.
Fu il deputato del Pci Renzo Laconi, durante l’esame dell’articolo che assegnava al presidente della Repubblica il potere di scioglimento delle Camere, a proporre l’emendamento, poi approvato il 24 ottobre del 1947, che introdusse il cosiddetto semestre bianco. “E’ stata approvata la disposizione -spiegò Laconi- che in caso di scioglimento delle Camere, i poteri del Presidente sono automaticamente prorogati. Se noi a questo punto non stabilissimo un certo limite nella facoltà del presidente, riguardo allo scioglimento delle Camere, il presidente della Repubblica avrebbe la possibilità di fare un piccolo colpo di Stato legale, e cioè potrebbe sciogliere le Camere per avere prorogati i poteri e avvalersi di questo potere prorogato per influenzare le nuove elezioni”. “Se domani il presidente della Repubblica -ribadì Laconi- allo scadere del suo mandato, si trovasse con due Camere le quali in modo evidente non gli fossero favorevoli, egli potrebbe benissimo sciogliere le Camere e prorogare i suoi poteri per avere nuove Camere che potrebbero essere a lui più favorevoli”.
A completare la disposizione contenuta nell’articolo 88, intervenne poi la legge costituzionale del 4 novembre 1991, nata su iniziativa del deputato socialista Silvano Labriola e sottoscritta anche da Giuliano Amato e Franco Bassanini. La proposta, presentata a febbraio e approvata nel giro di pochissimi mesi, nasceva per far fronte al cosiddetto ‘ingorgo istituzionale’, mai verificatosi nella storia repubblicana, vale a dire la coincidenza della fine del mandato di Francesco Cossiga, che sarebbe terminato il 3 luglio del 1992, con la conclusione della legislatura, prevista il primo luglio dello stesso anno.
“Gli inconvenienti dell’ingorgo sono palesi -spiegava Labriola- da un lato esso non consente di sciogliere le Camere prima della loro scadenza, neppure delle poche settimane necessarie a celebrare le elezioni nella usuale stagione primaverile”, proprio a causa del ‘semestre bianco’; “dall’altro esso comporta che il Capo dello Stato sia addirittura prorogato sino ad oltre l’entrata in funzione delle nuove Camere, che, a norma dell’articolo 61” della Costituzione, “scavalcherebbe inevitabilmente l’agosto”.
Va infatti ricordato che l’articolo 85 della Costituzione, al quale fecero riferimento sia Laconi che Labriola, mettendo in luce tuttavia problematiche diverse, prevede che “se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione” l’elezione del Capo dello Stato “ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica”.
Una volta approvata la modifica costituzionale del 1991, effettivamente si crearono in varie occasioni le premesse tecniche e politiche perché si arrivasse ad uno scioglimento anticipato durante il semestre bianco. Fu proprio Cossiga il primo ad applicare la norma, quando sciolse le Camere il 2 febbraio del 1992, spiegando che le Assemblee parlamentari “avevano ormai, con tutta evidenza, esaurito una ordinaria capacità di legiferare”.
Altri due presidenti della Repubblica si trovarono alle prese con la coincidenza di semestre bianco e scadenza naturale delle Camere. Così Carlo Azeglio Ciampi l’11 febbraio 2006 decretò con qualche settimana di anticipo la fine “di una legislatura giunta sostanzialmente alla sua scadenza naturale”. Stessa scelta compiuta da Giorgio Napolitano il 22 dicembre 2012, una volta accertato che erano venuti meni i presupposti politico-parlamentari per il prosieguo dell’attività del Governo Monti.
Il presidente della Repubblica Antonio Segni, nel primo messaggio inviato da un capo dello Stato al Parlamento, il 16 settembre 1963, a 15 anni dall’entrata in vigore della Costituzione volle metterne in luce “qualche manchevolezza” da “eliminare con sollecitudine per gli inconvenienti che ne derivano”. Il riferimento era a questioni relative alla Corte costituzionale e al mandato del presidente della Repubblica e, per quest’ultimo aspetto, proprio al tema del semestre bianco che l’allora capo dello Stato inevitabilmente legava alla questione della rieleggibilità.
E’ stato l’attale inquilino del Quirinale a tornare sul tema il 3 febbraio scorso, quando ha richiamato quelle parole di Segni in occasione del 130esimo anniversario della sua nascita. Quel messaggio alle Camere, ha ricordato Mattarella, rappresentò “l’occasione per esprimere la convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della ‘non immediata rieleggibilità’ del Presidente della Repubblica. In quell’occasione Segni definiva ‘il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato’. Inoltre –aggiungeva- ‘la proposta modificazione vale anche ad eliminare qualunque, sia pure ingiusto, sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione'”. “Di qui l’affermazione -notava ancora Mattarella- che ‘una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell’articolo 88 comma 2 della Costituzione, che toglie al Presidente il potere di sciogliere il Parlamento negli ultimi mesi del suo mandato'”. “Una disposizione – ha concluso Mattarella – che -a giudizio del Presidente Segni- ‘altera il difficile e delicato equilibrio tra poteri dello Stato e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti'”.
“Il semestre bianco è un istituto anacronistico. E’ nato per evitare che il Presidente della Repubblica potesse proditoriamente sciogliere le camere o ricattarle per farsi rieleggere. Per evitare la concentrazione di potere, gli è stato tolto, negli ultimi 6 mesi del suo mandato, il potere di sciogliere le Camere, che è probabilmente il potere più grande che ha”, ha detto il costituzionalista Alfonso Celotto all’AdnKronos. “All’epoca della Costituente -ha rivelato il docente- si discusse a lungo, in particolare tra Moro e Togliatti, se limitare a un solo mandato la durata della carica, poi non si trovò l’accordo e si lasciò il settennato: un tempo abbastanza lungo da sconsigliare rielezioni, che tuttavia sono ammesse. Adesso -spiega Celotto- il semestre bianco ha meno senso, il Presidente della Repubblica è una carica neutra, di garanzia, non c’è rischio che possa abusare del suo potere”.
All’atto pratico dal primo gennaio “se ci fosse una crisi di governo, non si potrebbero sciogliere anticipatamente le Camere. Ma -afferma il costituzionalista- davvero in questa fase politica non mi pare che si possa arrivare a qualcosa del genere, non siamo nella situazione di 6 mesi fa, con le fibrillazioni del Conte bis. Il semestre bianco sposta poco, non c’è nessuna deminutio del potere del Capo dello Stato”. Il fatto poi che, proprio pochi giorni prima dell’inizio del semestre bianco, Mattarella abbia inviato un duro richiamo a Parlamento e Governo sull’abuso di decretazione d’urgenza e decreti omnibus, per Celotto “è solo un caso. Il problema dei decreti va avanti da 30 anni, lo fecero anche Ciampi e Napolitano, andava fatto un richiamo ma non c’è nessuna grande sorpresa, si tratta di un atto dovuto”.
“Viene sterilizzato questo potere del capo dello Stato – spiega all’Adnkronos Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta- un potere che normalmente si esercita sentiti i Presidenti di Camera e Senato, e che viene usato quando il Parlamento non può funzionare, perché non si trova una maggioranza. L’idea della Costituente -prosegue il costituzionalista- è che il Presidente della Repubblica non possa usare questa prerogativa per ottenere una maggioranza favorevole ad una sua rielezione. Ma il rischio è che il semestre bianco venga invece utilizzato dai partiti per giochi politici. Per questo lo stesso Mattarella, a febbraio, richiamò l’ipotesi di modificare la Costituzione, eliminando il semestre bianco, ma stabilendo la non rieleggibilità del Capo dello Stato”.
Mirabelli continua: “Il semestre bianco non è un gran problema se c’è stabilità. Oggi più che una coesione vera, c’è una coesione legata all’emergenza e determinata dalla necessità di utilizzare le risorse europee per il Covid in tempi predeterminati e rapidi. Se nei prossimi giorni ci fosse una crisi irrimediabile, non si potrebbero sciogliere le Camere, e quindi si dovrebbe far ricorso ad un governo ‘istituzionale’ o ‘del presidente’ a tempo, fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato e poi alle elezioni politiche”. Per Mirabelli, infine che il richiamo di Mattarella sui decreti arrivi proprio a pochi giorni dall’inizio del semestre bianco “è un retropensiero. Il richiamo fa riferimento a pratiche più volte segnalate, cioè i decreti legge che dovrebbero essere monotematici vista la loro natura di necessità e urgenza. E il sempre stigmatizzato ricorso ai maxi emendamenti su cui porre le fiducia. Ma lettere simili sono state inviate anche da altri Presidenti, come Napolitano. E ci saranno stati richiami informali in precedenza, quindi la lettera di venerdì 23 luglio non è una sorpresa”.