(Adnkronos) – Partecipazione, parola d’ordine per uno sviluppo all’insegna dell’equità, dei valori condivisi e della sostenibilità con un obiettivo: il bene comune da raggiungere con il coinvolgimento della società civile. È l’impegno del Festival Nazionale dell’Economia Civile, un percorso nato sei anni fa e che si svilupperà nei prossimi appuntamenti: a Perugia, 20-21 giugno, per il convegno internazionale ‘Manifesto e frontiere della ricerca per un Rinascimento economico’, evento di accompagnamento e preparazione all’incontro annuale del prossimo ottobre, dal 3 al 6, a Firenze.
“In questi sei anni di cammino abbiamo provato a compiere un percorso che ha una doppia valenza culturale ma anche civile e politica – spiega all’Adnkronos Leonardo Becchetti, direttore del Fnec e co-fondatore NeXt Economia – Con il Festival dell’Economia Civile di Firenze abbiamo messo in evidenza il fatto che questa società ha una carenza fondamentale, che è quella di comprendere quanto sia importante l’azione dal basso della società civile e questo corrisponde anche a una visione dell’economia diversa che si sta affermando progressivamente sul campo: una visione dell’economia dove la persona non è homo oeconomicus ma una persona ricca di relazioni e felice quando è generativa, quando ha un impatto sociale e ambientale. L’impresa non è solo massimizzatrice di profitto ma è un’impresa che ha come obiettivo l’impatto e non solo il profitto e l’azione politica non è solo dall’alto ma è anche dal basso”.
Idee raccolte all’interno del Manifesto per una nuova economia. “Questi principi fondamentali dell’economia civile sono diventati un po’ la linea guida di un percorso, e questo è il senso del prossimo evento di Perugia del 20 e 21 giugno, che ha coinvolto tanti colleghi economisti sensibili: abbiamo firmato un Manifesto con più di 300 colleghi che vogliono mettere in evidenza il fatto che l’economia deve aprire le finestre, deve superare delle gabbie e deve assumere degli indicatori di benessere diversi. Noi misuriamo col Festival dell’Economia Civile da anni la generatività delle province italiane, cioè la capacità di aiutare i cittadini ad avere una vita ricca di senso, di felicità, mettendo in atto quelli che sono i loro progetti”.
A Perugia si incontreranno comunità scientifica e cittadini. Poi, a seguire, a ottobre, l’evento annuale a Firenze. “Il tema centrale è quello della partecipazione, perché sulla partecipazione ci giochiamo tutto, sia a livello personale che a livello di società e politico. Oggi il rischio è di creare una società dove ci siano tante persone sole, tristi, leoni da tastiera, rancorosi, che cercano semplicemente di capire chi potrebbe essere il nuovo leader. Invece la politica è tutta un’altra cosa, lo vediamo oggi sui nostri territori: gli amministratori quando hanno un problema chiamano la società civile, c’è l’amministrazione condivisa e quindi l’idea che terzo settore, profit e amministrazione debbano risolvere assieme problemi fondamentali come la lotta alla povertà, i problemi della sanità, ecc… Quindi la partecipazione è la parola chiave sia per il successo della vita politica di questo Paese, sia per la soddisfazione e ricchezza di senso delle nostre vite personali”. L’obiettivo è “aumentare la massa critica della società civile” perché “le azioni più belle in politica oggi le fa la società civile”.
Al centro dell’appuntamento di Perugia anche il tema delle disuguaglianze. A parlarne tra gli altri Fabrizio Barca, coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. “Siamo oggi in una situazione grave sia dal punto di vista delle disuguaglianze sociali che ambientali – spiega Barca all’Adnkronos – Una situazione che si è accumulata in 40 anni perché sono stati negati tutti i principi della società civile. L’idea di una persona che sostanzialmente passerebbe la vita a massimizzare la propria utilità personale non avendo alcun interesse per gli altri; non la concorrenza, ma il monopolio. L’idea che il ruolo dei cittadini sia sostanzialmente e si esaurisca con il voto e magari con l’andarsene, come diceva Hirschman, votare con i piedi, non combattere e impegnarsi nel territorio in cui sta e, anche, il ruolo del lavoro negato nella sua necessità di organizzarsi nelle nostre società capitaliste”.
“Le disuguaglianze sono aumentate per tutte queste ragioni e quindi vuol dire che, esattamente tornando ai principi corretti che la società civile esprime, l’Italia si regge in parte grazie a una serie di nodi produttivi e sociali con cui hanno rapporti tutte le reti. Il Forum Disuguaglianze e Diversità è esso stesso un incontro di 100 accademici e di otto organizzazioni di cittadinanza, quindi è nazionale e territoriale. Da un lato elabora proposte, che vengono portate all’attenzione del sistema e dall’altro è in connessione, fa da ponte fra questi luoghi del territorio. Perché si stanno sperimentando nel nostro paese già molte soluzioni avanzate, ma queste soluzioni non riescono ad essere portate, non sono ascoltate dai livelli di governo e di sistema. E l’impegno di tutti quanti noi è quello anche di intervenire e di cambiare la cultura, la cultura politica che in questi anni ha determinato l’arretramento di cui ho parlato”, conclude.