(Adnkronos) – Un nuovo processo per Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in via definitiva per la strage di Erba in cui vennero brutalmente assassinati Raffaella Castagna, il figlio di solo 2 anni Youssef Marzouk, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. A proporre la revisione – contenuta in un atto di 58 pagine in possesso dell’Adnkronos -, il pg di Milano Cuno Tarfusser per il quale nuove prove e scienza sgretolerebbero la condanna dei coniugi “probabilmente vittime di errore giudiziario”, che avrebbero reso “false confessioni”. La richiesta di revisione del pg è legata a due delle quattro ipotesi previste dall’articolo 630 del codice di procedura penale ovvero “la scoperta di ‘nuove prove’ successivamente alla condanna tale da dimostrare che i condannati debbano essere prosciolti (lettera c) e quella, in parte discendente quale conseguenza delle ‘nuove prove’, di cui alla lettera d, ovvero la dimostrazione che la condanna venne pronunciata in conseguenza anche di falsità in atti o in giudizio”.
“Moltissimi – scrive Trafusser – erano gli elementi che sin dal giudizio di primo grado sarebbero stati idonei, se solo valutati dai giudici, a giudicare inattendibile la prova del ‘riconoscimento’, fortemente dubbia la prova della ‘macchia di sangue’ e indotte, con modalità che definire poco ortodosse è fare esercizio di eufemismo, le ‘confessioni’, trattate invece alla stregua di prove regine”. Oggi, a distanza di oltre 17 anni, “la scienza – se auspicabilmente ammessa a farlo nel giudizio rescissorio – è fortunatamente in grado di fornire da sola, ma soprattutto in unione alle numerose criticità in atti e non in atti, comunque mai valutati, quelle certezze scientifiche idonee a fare sgretolare i tre pilastri probatori su cui fondano la condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi”, si legge ancora.
Olindo Romano e Rosa Bazzi per il pg sarebbero quindi innocenti. La richiesta di revisione viene sollevata dal magistrato “in tutta coscienza, per amore di verità e di giustizia e per l’insopportabilità del pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo”. In tal senso chiede che la corte d’Appello di Brescia, titolata a esprimersi sulla questione, voglia procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante, “l’esame dei 57 consulenti tecnici che hanno redatto e sottoscritto le consulenze tecniche sulle modalità, le tecnologie, gli accertamenti da loro effettuati e sui risultati cui sono giunti, e voglia disporre, previa acquisizione degli atti processuali, ogni ulteriore accertamento ritenuto utile e necessario ai fini del decidere secondo verità e giustizia”.
“Le dichiarazioni auto accusatorie” di Olindo e Rosa, scrive ancora “sono da considerarsi false confessioni acquiescenti. Tali conclusioni si fondano sui più recenti ed avanzati dati scientifici che corrispondono ai criteri che, se mancanti, rendono le confessioni, false confessioni”. Una conclusione dettata dai consulenti consultati dal magistrato documentata in ben 16 allegati che si rifà a “recenti ricerche scientifiche successive al 2010”, ma anche “sulla base degli elementi nuovi, e altri già presenti nel fascicolo processuale ma mai valutati”.
E ancora: per il pg il riconoscimento effettuato dal testimone oculare Mario Frigerio, che nella strage di Erba ha perso la moglie Valeria Cherubini, non sarebbe attendibile. “Il peggioramento della condizione psichica e i deficit cognitivi manifestati da Mario Frigerio nel corso della degenza ospedaliera, le errate tecniche di intervista investigativa dense di numerosissime suggestioni su di lui attuate e la palese violazione di precise e note leggi scientifiche in materia di memoria e di riconoscimento di volti dimostrano in modo incontrovertibile che la memoria riguardante Olindo Romano quale suo aggressore è una falsa memoria e che Mario Frigerio era soggetto inidoneo a rendere valida testimonianza circa i fatti avvenuti la sera dell’11 dicembre 2006”, si legge nel documento. “Non si può non rilevare – si legge – come questo riconoscimento abbia avuto una genesi tortuosa, sia inficiato da evidenti e gravi elementi di criticità che lo rendono estremamente dubbio ma, soprattutto, che si fonda su elementi che pur essendo in atti, mai sono stati scrutinati e valutati dalle Corti di merito”.
Infine, la macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini che sarebbe stata trovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano non sarebbe una prova regina della colpevolezza di Olindo e della moglie Rosa Bazzi, ma prova regina della loro innocenza. In particolare, si legge nelle 58 pagine firmate dal magistrato della procura generale, “le caratteristiche della traccia ematica, cosi come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo e repertazioni eseguite”. La repertazione e documentazione dei prelievi “appare assai carente circa il rispetto di comuni parametri di attendibilità e verificabilità scientifica, ancora di più qualora si riporti la competenza di tale attività in ambito forense”.
Questa ‘scientificamente accertata inconciliabilità’ tra la traccia repertata e la traccia analizzata “pone una serie di domande in termini di genuinità delle attività compiute e degli atti redatti che non possono rimanere senza risposta” sottolinea il pg che sembra mettere in discussione il lavoro svolto sul caso, così come fatto in una contro inchiesta del programma tv ‘Le Iene’. “La domanda di fondo – scrive il pg Tarfusser – riguarda il perché questo accertamento, delicatissimo e potenzialmente decisivo, alla ricerca di possibili tracce riconducibili ai delitti commessi viene svolto a 15 giorni di distanza, alle ore 23.00, da un solo brigadiere dei Carabinieri e non, con tutti i crismi in termini di professionalità, competenza e con la strumentazione tecnica adeguata, dagli specialisti del Ris già sul posto”.
Se l’unica traccia di sangue che lega presunti colpevoli e una delle quattro vittime può destare qualche perplessità sulla “genuinità”, il pg prova a invertire il ragionamento. “Laddove mai esistesse la ‘prova regina’, questa è una prova regina. Prova però dell’innocenza dei due condannati. Salvo che non si attribuisca loro, oltre ad una straordinaria freddezza ed abilità, anche delle doti miracolistiche. Quelle cioè di essere riusciti a non lasciare alcuna loro traccia sul luogo dove hanno scatenato una sfrenata rabbia lasciando un bagno di sangue e di essere riusciti a non ‘portare’ alcuna traccia del crimine appena commesso nelle loro pertinenze”.
Per Tarfusser, quindi, il contesto in cui le tre prove, – riconoscimento da parte del testimone oculare Mario Frigerio e macchia di sangue trovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano, prima e le confessioni (di Olindo e della moglie Rosa Bazzi), successivamente, sono maturate in “un contesto che definire ‘malato’ è fare esercizio di eufemismo”. “Si tratta di considerazioni e di osservazioni che, se approfondite e valutate, avrebbero già sin dal giudizio di primo grado potuto portare ad un diverso esito processuale, ma che oggi probabilmente da sole non avrebbero la forza necessaria per infrangere il giudicato”, si legge nel documento di 58 pagine.
“Esse però sono in grado di tracciare un netto punto di partenza, la base, su cui si innestano gli accertamenti tecnico-scientifici che attraverso tecniche e metodologie nuove e più sofisticate valutate unitamente agli elementi già in atti, valutati e non valutati, dimostrano che gli imputati devono essere prosciolti”, conclude.