Superbonus, oltre metà imprese edili coinvolte e costi fuori controllo

Più si parla di Superbonus, più i dati e le analisi disponibili descrivono gli effetti della misura, più si delinea il problema principale con cui si deve fare i conti oggi, a tre anni dall’introduzione della maxi agevolazione fiscale: è stata utilizzata molto, più che nelle attese di chi l’ha pensata, e ha prodotto conseguenze in palese conflitto tra loro, con una spinta sulla crescita, difficilmente quantificabile in maniera puntuale ma consistente, e un peso difficilmente sostenibile per i conti pubblici.

Per descrivere l’impatto del Superbonus, è utile rileggere la testimonianza di Pietro Tommasino, Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, in Parlamento a fine marzo scorso. Mette in risalto, in particolare, tre elementi indispensabili per capire fino a che punto la misura sta pesando sull’economia italiana: il numero di imprese edili coinvolte, gli effetti sulla crescita, quelli sui conti pubblici. Sono gli stessi tre elementi che incidono sulle scelte che deve fare il governo per ‘uscire’ dal ciclo del Superbonus.

 

Nel Sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi condotto all’inizio dello scorso autunno, circa il 70 per cento delle imprese operanti nell’edilizia residenziale con almeno 10 addetti aveva dichiarato di avere svolto lavori che hanno usufruito del Superbonus nei primi nove mesi del 2022. Nell’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita, condotta trimestralmente dalla Banca d’Italia, la quota di imprese attive nell’edilizia con almeno 50 addetti i cui lavori hanno beneficiato, almeno in parte, del Superbonus si è collocata intorno al 55 per cento alla fine dello scorso anno e al 50 per cento nel primo trimestre del 2023. Percentuali analoghe si riscontrano nelle attese formulate per il complesso dell’anno in corso, con una diminuzione nell’Indagine più recente rispetto a tre mesi prima della percentuale di aziende che segnalano quote superiori a un terzo dei lavori che beneficiano dell’incentivo. Tale evidenza è coerente con un impatto del bonus sulla produzione del settore in attenuazione progressiva e moderata nel corso di quest’anno.

 

L’impatto macroeconomico dei bonus edilizi “non è limitato alla realizzazione di investimenti in costruzioni ‘aggiuntivi’. All’effetto meccanico dell’aumento degli investimenti si sommano anche quelli moltiplicativi determinati dall’attivazione della domanda aggregata e dell’occupazione: secondo le nostre valutazioni, basate sulle elasticità incorporate nel modello econometrico della Banca d’Italia, il moltiplicatore associato a una maggiore spesa in costruzioni potrebbe essere superiore all’unità, non dissimile da quello degli investimenti pubblici”. Il moltiplicatore associato alle risorse pubbliche impiegate per agevolare interventi ‘sostitutivi’, ovvero per finanziare investimenti che sarebbero stati effettuati anche in assenza dell’incentivo, “è anch’esso positivo”. Queste risorse “producono effetti economici liberando fondi privati che si rendono così disponibili per usi alternativi; si configurano quindi come una sorta di trasferimento alle famiglie da parte del settore pubblico”.

 

Le misure adottate “hanno un costo rilevante per i conti pubblici che va valutato considerando il minore impatto di questa tipologia di investimenti sulla produttività e sulla crescita economica nel lungo periodo rispetto a possibili impieghi alternativi”. Inoltre, detrazioni con aliquote pari o superiori al 100 per cento “possono accrescere i costi, dato che il contribuente – non partecipando in alcun modo alla spesa o partecipando in modo limitato – non ha interesse a contenerli”. Il costo degli interventi “si è rivelato molto superiore alle stime iniziali. Questo conferma gli inconvenienti in termini di trasparenza delle somme effettivamente stanziate e di controllo dei conti connessi con l’utilizzo dei crediti di imposta come strumento di politica di bilancio”.

 

Superata questa fase di discussione e ripensamento del Superbonus e delle altre agevolazioni per l’edilizia, “andrà fatto uno sforzo per disegnare incentivi in materia di efficienza energetica che siano stabili nel lungo periodo (dovendo produrre effetti coerenti con gli impegni presi dall’Italia in ambito europeo) e sostenibili per le finanze pubbliche; efficienti ed efficaci, cioè in grado da un lato di massimizzare la quota di investimenti “aggiuntivi” e dall’altro di avere un impatto significativo su una quota ampia del patrimonio immobiliare; equi, cioè tali da concentrare le risorse sulle famiglie più bisognose (a beneficio anche della loro efficienza)”. (Di Fabio Insenga)

(Adnkronos)