Oggi, 7 giugno, scatta finalmente il ‘Tax Freedom Day’ 2022 in Italia, ossia il primo giorno dell’anno in cui i lavoratori italiani – dopo aver ‘terminato’ di versare le tasse e i contributi previdenziali allo Stato il 6 giugno – metteranno nelle proprie tasche ogni successivo ricavo. Rispetto al 2021, anno che ha registrato il record storico di pressione fiscale , quest’anno l”appuntamento’ più atteso dagli italiani arriva un giorno prima, anche se è del 2005 il primato del ‘giorno di liberazione fiscale’ più ‘precoce’.
Ad elaborare il calcolo è stata la Cgia di Mestre, un puro esercizio teorico che però serve a dimostrare, “se ancora ce ne fosse bisogno, l’eccessivo peso fiscale che grava sugli italiani”. E a dimostrazione del fatto ricorda come a giugno si profili un vero e proprio ingorgo fiscale: i contribuenti italiani dovranno assolvere ben 141 scadenze fiscali e di queste, ben 122, l’86,5% del totale, imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio.
“Dopo poco più di 5 mesi dall’inizio dell’anno, praticamente dopo 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche, il contribuente medio finisce di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e da martedì 7 giugno inizia a guadagnare per sé”, spiega ancora la nota che da una comparazione con i Big dell’Ue evidenza come “solo la Francia, nel 2021, ha registrato una pressione fiscale superiore alla nostra. Se a Parigi era al 47,2% del Pil, a Berlino si è attestata al 42,5% e a Madrid al 38,8%. Da noi, invece, il peso fiscale ha raggiunto la soglia record del 43,5%. Tra i 27 dell’Ue, l’Italia si è collocata al sesto posto: ci hanno preceduto la Danimarca (48,1%), la Francia (47,2%), il Belgio (44,9%), l’Austria (43,8%) e la Svezia (43,7%). L’anno scorso la media Ue si è “fermata” al 41,5%, due punti in meno rispetto all’Italia.
L’anno maggiormente ‘in ritardo’ è stato il 2021, giacché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è scoccato l’8 giugno. E’ corretto segnalare, prosegue la Cgia, che questo picco record di pressione fiscale non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l’anno scorso a famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5%) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9%), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate.
E il mese di giugno, denuncia ancora Cgia, è caratterizzato da un vero e proprio ingorgo fiscale: 141 le scadenze fiscali da rispettare di cui 122, l’86,5% del totale, imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio. “Un calendario fiscale da far tremare i polsi, che solleva ancora una volta un grande problema: in Italia non solo subiamo un prelievo fiscale eccessivo, ma anche le modalità di pagamento delle imposte provocano un costo burocratico che non ha eguali nel resto d’Europa”.
Nel 2022 , comunque, nonostante la crescita economica dovrebbe attestarsi attorno al 2,5 % il peso del fisco è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi. “Se teniamo conto del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche che si riflette sull’andamento del gettito, secondo il Mef nel 2022 lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021”, annota ancora Cgia che segnala come però “una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7%”.
“Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche”, conclude la Cgia.