(Adnkronos) – Il rapporto tra i taxi e la concorrenza è sempre stato difficile. Ogni tentativo di liberalizzazione si è infranto sulle rivendicazioni di una categoria che vuole proteggere il valore della propria licenza e la propria quota di mercato. Ci hanno provato diversi governi, diverse maggioranze si sono spaccate in Parlamento, e le città si sono bloccate più volte per la stessa ragione, come sta avvenendo oggi: le proteste dei tassisti contro i tentativi di apportare modifiche alle regole, attraverso le leggi annuali per la concorrenza.
Le proteste dei tassisti fanno rumore, anche perché il mondo dei taxi è profondamente legato alla politica. Perché costituisce un bacino elettorale consistente e soprattutto perché i tassisti hanno una forza capillare sul territorio, sia per la loro capacità di influenzare l’opinione pubblica, sia per la facilità con cui attraverso gli scioperi riescono a dare risonanza alle proprie rivendicazioni.
Gli scioperi di oggi e domani sono legati all’esame in Parlamento del Ddl concorrenza. In particolare, viene contestato l’articolo 10 del provvedimento che prevede “l’adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti”. Una formulazione che preoccupa i tassisti, convinti che faccia “presagire l’interesse a regalare la gestione del settore a intermediari che pensano di arricchirsi alle spalle dei lavoratori, relegando la funzione del tassista a quella di un rider della mobilità”.
Il tassista come un rider della mobilità. L’immagine è efficace per descrivere il rischio percepito e anche per mettere sul tavolo il vero problema che va affrontato. L’innovazione tecnologica e la diffusione di forme di servizio ‘on demand’ per la mobilità hanno già fatto il loro corso. C’é Uber, si sono le app per la mobilità che spaziano dal car sharing, alle biciclette e ai monopattini. Ci sono le app per i taxi, che già funzionano come un aggregatore della domanda e dell’offerta. Tutto questo impone una forma di liberalizzazione che è inevitabilmente incompatibile con il numero chiuso delle licenze e con la ‘protezione’ del settore dalla concorrenza.
Lo slogan più urlato in piazza, “la licenza non si tocca, la licenza non si tocca”, sintetizza la chiusura che da sempre porta al muro contro muro. Il quadro è complicato ma l’immobilismo non aiuta a risolvere problemi che affondano le loro radici anche in una difesa corporativa di rendite di posizione che si sono stratificate nel tempo.
Servono nuove regole e, come in tutte le transizioni, servono nuove regole che tengano conto anche delle esigenze dei tassisti che finora hanno lavorato in un sistema impermeabile al cambiamento. La richiesta di stralciare l’intero articolo 10 del ddl concorrenza difficilmente sarà accolta. E l’invito a riscrivere le norme per migliorare il settore non con una legge delega inserita nella legge annuale ma attraverso un provvedimento a valle di un confronto tra categoria, governo e sindacati viene considerato un passo ‘strumentale’.
La posizione del governo è quella espressa dalla viceministra ai Trasporti Teresa Bellanova, che ha riunito il tavolo con i sindacati senza riuscire a raggiungere un’intesa. “Auspichiamo che il confronto possa riprendere il prima possibile per pervenire rapidamente ad una soluzione condivisa sulla base delle proposte del Governo”, spiega, aggiungendo come il governo “abbiamo manifestato la disponibilità a riscrivere l’articolo 10 senza però stravolgere l’impianto del ddl”.
La Legge annuale per la concorrenza 2021 è in discussione in commissione Attività produttive della Camera e deve essere approvata da Montecitorio, in seconda lettura, entro il 22 luglio. I tempi stringono, anche perché non è escluso un passaggio del testo in terza lettura al Senato. Anche perché la concorrenza è uno dei pilastri su cui poggia il Pnrr e, nonostante le tensioni messe in conto sui capitoli delle concessioni balneari e dei taxi, il governo Draghi ha bisogno di rispettare la serrata tabella di marcia su cui si è impegnato con Bruxelles.
(di Fabio Insenga)