Telefoni e cancelleria, ecco le città fuori parametri su spese

(Adnkronos) – Quanto costano a Regioni e città italiane le bollette telefoniche? E nell’era della digitalizzazione, chi spende di più per carta e cancelleria? Oggi, domenica 27 febbraio, seconda puntata della ricerca realizzata dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana, che ha stilato una classifica dei costi sostenuti nel 2020 da Regioni e capoluoghi di Provincia per il mantenimento dei loro uffici e delle loro strutture. Il focus di oggi è sulla spesa degli Enti locali per telefonia mobile, telefonia fissa, carta e cancelleria. Sul sito www.adnkronos.com tutte le tabelle e le cifre del report (Tabella 1 – Tabella 2). 

Napoli vince il campionato italiano dell’efficienza per quanto riguarda le spese in telefonia fissa, mobile e carta, scoprendosi virtuosa per tutte e tre le voci di spesa: nel 2020 il capoluogo campano ha speso 351.166 euro per la telefonia fissa, 69.946 euro per quella mobile e 40.001 euro per carta e cancelleria guadagnando il primo posto della classifica. Completano la top 10 dei Comuni capoluogo di provincia più efficienti: Arezzo, Cuneo, Reggio Calabria, Asti, Imperia, Forlì, Viterbo, Cagliari e Piacenza. Andando in fondo alla classifica si scoprono le spese “fuori controllo”, ovvero quelle che secondo il Centro Ricerche della Fondazione Gari sforano i parametri di riferimento per quel singolo Ente. Parma (73esima in classifica), per esempio, nel 2020 ha speso 200.978 euro per carta, cancelleria e stampati; Pisa (76esima) ha sborsato 52.875 euro per la telefonia mobile, mentre Sassari (82esima) ha speso per la stessa voce 123.797 euro.  

Una telefonata allunga la vita, ma anche le voci di costo in bolletta. E’ il caso della Regione Piemonte che, stando ai dati elaborati dal Centro Ricerche della Fondazione Gazzetta Amministrativa, nel 2020 ha speso 503.814 euro in bollette di telefonia mobile per le sue strutture. Una cifra che, sebbene in calo rispetto ai 555.950 euro spesi nel 2019, viene comunque considerata “fuori controllo” dalla Fondazione Gari. Al Piemonte è stato assegnato – per quanto riguarda le spese di telefonia mobile – il voto più basso, ovvero il rating ‘C’.  

Viene considerata eccessiva rispetto ai parametri di riferimento anche la performance dell’Emilia Romagna (425.995 euro), che infatti ottiene una ‘B’. Nell’elenco delle Regioni più ‘efficienti’, premiate con un rating ‘AAA’, troviamo: Abruzzo, che nel 2020 ha speso solo 12.345 euro in chiamate dal cellulare; Calabria (15.006 euro); Lazio (41.056 euro); Lombardia (87.898 euro).  

Bene anche Liguria (25.129 euro) e Puglia (63.316 euro), alle quali la Fondazione Gazzetta Amministrativa assegna una doppia ‘A’. 

Telefoni ‘roventi’ in Puglia, che si attesta come la Regione più ‘spendacciona’ per quanto riguarda i costi di telefonia fissa. Spulciando le tabelle si scopre che le strutture della Regione governata da Michele Emiliano nel 2020 hanno speso 3 milioni 240 mila euro di telefonia fissa, a fronte degli 847.382 euro spesi nel 2019: anche questo un esborso giudicato dalla Fondazione Gari come “fuori controllo” perché supererebbe di oltre il 100% la spesa media del parametro di riferimento per quell’Ente, in relazione alla voce di spesa in esame. Per questo motivo alla Puglia viene assegnato un rating ‘C’, il più basso. Sotto la lente di ingrandimento anche la somma sborsata dall’Abruzzo per la telefonia fissa (601.985 euro), una performance di spesa valutata con una ‘B’.  

In cima alla classifica troviamo le Regioni ‘virtuose’ e quindi premiate con una tripla ‘A’, dal momento che la cifra spesa viene considerata dall’algoritmo del Centro Ricerche della Gazzetta Amministrativa “inferiore o uguale” alla media di riferimento per quel singolo Ente. Parliamo di: Basilicata, che nel 2020 ha speso 17.745 euro in bollette di telefonia fissa; Liguria (41.532 euro); Lombardia (160.026 euro); Sicilia (171.223 euro); Veneto (103.618 euro). Bene anche Marche (88.928 euro) e Toscana (180.119 euro), che si guadagnano una doppia ‘A’. 

La transizione digitale è una delle ‘mission’ del Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo strumento nel quale il governo italiano ha predisposto le riforme necessarie per ottenere i miliardi del Next Generation Eu. La digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche costituisce proprio uno dei punti cruciali del pacchetto di misure messe in campo dall’esecutivo: dalle infrastrutture digitali alla migrazione al cloud, dallo sportello digitale unico all’adozione dell’app Io come punto di collegamento tra Enti pubblici e cittadini per la fruizione dei servizi pubblici digitali. Ma aspettando la digitalizzazione, la cara vecchia carta rimane ancora un’importante voce di spesa per molte amministrazioni pubbliche. E la Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana segnalata la spesa “fuori controllo” da parte delle Regioni Calabria, Lazio e Sicilia per quanto riguarda carta, cancelleria e stampati.  

L’esborso della Calabria, per esempio, si attesta a 252.838 euro, mentre il Lazio ha speso 732.093 euro e la Regione Siciliana 615.431 euro: performance che, secondo il Centro Ricerche della Fondazione Gari, superano di molto i rispettivi parametri di riferimento ottenendo il rating più basso, la ‘C’. Nel 2019 per esempio la Regione Calabria spendeva 116.914 euro per la carta mentre nel 2018 i costi erano pari a 53.990 euro. Nel 2019 la spesa del Lazio per questa voce era di 914.487 euro, in netto aumento rispetto ai 294.926 euro spesi nel 2018. La Sicilia, invece, nel 2019 per la carta effettuava una spesa pari a 653.690 euro. In cima alla classifica troviamo le Regioni più virtuose, alle quali la Fondazione Gari ha assegnato il massimo punteggio, la tripla ‘A’. Si tratta della Lombardia, che nel 2020 ha speso per la carta, cancelleria e stampati 92.941 euro, e del Piemonte (44.153 euro). Positive anche le performance di Emilia Romagna (139.548 euro), Toscana (85.366 euro) e Veneto (154.543 euro): a queste Regioni spetta il rating ‘AA’. 

“Ormai da anni il tema della digitalizzazione della pubblica amministrazione e della dematerializzazione dei documenti è al centro della Riforma della Pubblica Amministrazione. Spesso i due concetti vengono confusi e sovrapposti, ma in realtà la dematerializzazione dei documenti è ‘condicio sine qua non’ della digitalizzazione dei processi ed il punto di riferimento per entrambi si rinviene nel Codice dell’Amministrazione digitale (Cad)”, commenta la Fondazione Gazzetta Amministrativa. La “dematerializzazione” dei documenti “impone con urgenza la riduzione della produzione e conservazione dei documenti cartacei al fine di generare risparmi connessi alla gestione della carta. ‘Pitagora’, quindi, consente di verificare attraverso il marcatore ‘carta, cancelleria e stampati’ quale sia il grado di emancipazione tecnologica dell’Ente valutato anche seguendo l’andamento progressivo di riduzione della spesa nel corso degli anni”, conclude la Fondazione Gari illustrando il suo report. 

 

(Adnkronos)