Trump, oggi la sentenza che fa tremare l’impero del tycoon a New York

(Adnkronos) –
E’ attesa per oggi, 31 gennaio, la decisione del giudice sul destino dell’impero immobiliare e finanziario di Donald Trump a New York. Dopo 11 settimane di animate udienze del processo civile per frode contro l’ex presidente, i suoi due figli adulti e la Trump Organization, il giudice Arthur Engoron infatti ha annunciato che spera arrivi entro oggi, anche se non ha dato certezze sulla data, la sentenza che potrebbe avere conseguenze molto pesanti per il tycoon.  

La procuratrice generale di New York Letitia James non solo chiede un risarcimento di 370 milioni di dollari – cifra che è lievitata durante il processo rispetto a quella iniziale di 250 milioni – ma chiede anche che venga vietato a Trump a vita di fare affari a New York, la città in cui ha costruito il suo impero e la sua immagine di imprenditore di successo che gli ha permesso la scalata alla Casa Bianca.  

Il giudice ha già stabilito che Trump, come sostiene l’accusa, ha commesso frode manipolando i valori dei propri beni, compresi quelli simbolo della sua immagine come Trump Tower e Mar a Lago, per ottenere vantaggi fiscali, con le banche e le assicurazioni. Quello che dovrà decidere è se accogliere a pieno o meno le richieste di James.  

Le decisioni già prese da Engoron – che inoltre ha dichiarato gli esperti chiamati dalla difesa non credibili e gli argomenti chiave non convincenti – sembrano dare delle indicazioni nette a favore delle posizioni dell’accusa, tanto che anche il giudice, e non solo la procuratrice, è da tempo oggetto di attacchi sui social da parte di Trump che ha continuato a sfidare il gag order, “l’ordine museruola”, emesso da Engoron per impedirgli di continuare ad attaccarli online. 

“La mia è una grande società che è stata diffamata da questa caccia alle streghe politica – ha scritto Trump nei giorni scorsi su Truth Social – è molto ingiusto e chiedo l’aiuto delle più alte corti di New York o del sistema federale, questa non è l’America”. L’ex presidente ha infatti non solo definito “corrotta” la procuratrice”, ma ha parlato anche di processo “manipolato e falso”, accusando il giudice Engoron che lo presiede di aver “subito influenze negative”.  

Nello stabilire già prima del processo che Trump ha commesso frode, Engoron ha ordinato in pratica la dissoluzione dell’impero di Trump, azione bloccata dall’appello dell’ex presidente. Il giudice ha cancellato le licenze per una serie di entità di Trump a New York, a partire della Trump Organization, e chiesta la dissoluzione di altre società, tra le quali quella che gestisce la Trump Tower e la residenza Seven Spring nella Westchester County. Ora dovrà rispondere ad altre accuse presentate dai procuratori, compresa quella di complotto, false dichiarazioni finanziarie, falsificazione di documenti e frode assicurativa.  

Nel processo, l’accusa ha cercato di mostrare la diretta responsabilità di Trump nell’operazione di manipolazione dei valori dei beni: “Era certamente informato della revisione e approvazione delle dichiarazioni”, ha detto Andrew Amer, uno dei procuratori. Mentre la difesa ha sostenuto che non c’è nessuna prova di frode e che, per quanto riguarda i prestiti alle banche, spettava a loro valutare i beni, a prescindere da quelli forniti dalla Trump Organization.  

Rimane però aperta la questione del coinvolgimento dei figli Donald Trump jr e Eric Trump. All’inizio era imputata anche Ivanka, ma poi la sua posizione è andata in prescrizione, dal momento che lei ha lasciato tutti gli interessi nella società di famiglia quando è andata a lavorare al fianco del padre alla Casa Bianca dopo la vittoria del 2016.  

Se la procura newyorkese chiede di revocare a vita a Trump la possibilità di fare affari a New York, per i figli si chiede un divieto di cinque anni. Su questo punto, durante le presentazioni finale del processo, Engoron ha mostrato dei dubbi, facendo delle domande precise all’accusa sul loro ruolo: “quale prove avete, io non ne ho viste, che fossero al corrente della frode?”. 

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