(Adnkronos) –
L’Ucraina attacca in Russia, penetra nella regione di Kursk e consolida le proprie posizioni arrivando ad avanzare per 30 km nel territorio nemico, aprendo una nuova fase della guerra in corso da 2 anni e mezzo. Il nuovo scenario costringe la Russia e Vladimir Putin a confrontarsi con una nuova realtà: la guerra, ora, è in casa. E il presidente russo deve prendere atto delle lacune dell’apparato difensivo, con le linee di coscritti – soldati di leva – e dei ceceni del battaglione Akhmat ‘bucate’ dalle forze di Kiev.
Sui social e sui canali Telegram spuntano video che documentano i passi falsi della Russia: colonne di mezzi bruciati, decine di soldati prigionieri. E’ passata quasi una settimana dall’inizio del blitz ucraino e la risposta russa fatica a svilupparsi in modo efficace.
Il Cremlino ha deciso di contrastare l’offensiva ucraina come se fosse un’azione terroristica. E’ stata quindi annunciata un’operazione antiterrorismo non solo nell’oblast di Kursk, ma anche in quelli di Belgorod e Bryansk. Al comando, quindi, c’è Alexander Bortnikov, capo del Servizio federale per la sicurezza (Fsb): tocca a lui coordinare le azioni per contrastare “gli atti terroristici” compiuti in Russia e le “unità delle forze armate ucraine”.
La scelta di Putin viene vivisezionata da esperti e analisti. L’Institute for the study of war (Isw), think tank americano, osserva che il Cremlino avrebbe potuto dichiarare un formale stato di guerra o introdurre la legge marziale: in questo modo, avrebbe potuto adottare misure più drastiche di quelle previste dall’operazione antiterrorismo. Il varo di provvedimenti più restrittivi, però, avrebbe certificato l’emergenza che, al momento, Mosca cerca di ridimensionare nonostante l’evacuazione di 80mila civili.
Secondo Verstka, testata di riferimento per l’opposizione, il Cremlino ha chiesto a deputati e senatori russi di non commentare cosa accade a Kursk “fino a nuovo avviso” e di limitarsi a fare riferimento solo alle comunicazioni ufficiali come spunto per considerazioni e valutazioni.
La decisione con cui Putin ha affidato la gestione della crisi a Bortnikov è un’implicita dichiarazione di sfiducia nei confronti dell’apparato militare presente a Kursk, nonostante il tentativo del capo di stato maggiore, il generale Valeri Gerasimov, di mantenere il totale controllo della situazione.
Il capo dell’Fsb, del resto, in passato si è distinto per i risultati ottenuti in contesti complicati: a lui, secondo l’Isw, va attribuito un ruolo rilevante nella gestione della rivolta della Wagner, la compagnia di mercenari che sotto la guida di Evgheny Prigozhin marciò verso Mosca per 2 giorni a giugno dello scorso anno.
La missione di Bortnikov, in questo caso, si presenta complessa per motivi ‘strutturali’. Il numero 1 dell’Fsb dovrà coordinare l’azione di elementi e reparti che fanno parte a organismi diversi, con la necessità di interagire con il ministero dell’Interno e, ovviamente, con il ministero della Difesa.
Secondo gli analisti, la Russia ha iniziato dal 9 agosto a inviare uomini e mezzi nella regione di Kursk, ottenendo i primi risultati. L’avanzata delle forze ucraine è stata rallentata, a quanto pare, e i reparti di Kiev non avrebbero il controllo sull’intera citta di Suzhda.
Vengono spostate unità da altre zone del fronte, anche dalle regioni di Kharkiv e Kherson, che rischiano quindi di rimanere più scoperte, ma non dal Donetsk. In generale, in base alle informazioni diffuse anche dai milbloggers russi, Mosca pare orientata a fare affidamento sui coscritti: i soldati di leva non dovrebbero essere coinvolti nelle operazioni in prima linea, come ha garantito Putin in passato, ma la linea rossa appare ormai superata abbondantemente.