Ucraina, in Svizzera primo summit sulla pace: “Inizio di un processo”

Nessuno si illude che il summit sulla pace in Ucraina che si è aperto al Buergenstock, un resort di lusso con vista sul Lago dei Quattro Cantoni, in Svizzera, possa porre fine ad una guerra che infuria da oltre due anni inzuppando di sangue di nuovo il suolo europeo, dopo il mattatoio delle guerre che accompagnarono il collasso della Jugoslavia. Ma forse, per dirla con il presidente della Finlandia Alexander Stubb, per arrivare alla pace da qualche parte bisogna pur cominciare. “Non riusciremo a negoziare la pace in Ucraina qui al Buergenstock, ma desideriamo ispirare un processo che porti ad una pace giusta e duratura”, ha sintetizzato la presidente della Confederazione Svizzera Viola Amherd nel resort circondato da pascoli popolati da brune alpine e sorvolati da nibbi bruni.

Per il ministro degli Esteri svizzero, Ignazio Cassis, il summit “è un momento importante, perché è la più grande conferenza sulla pace da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina. Significa dare la speranza agli ucraini e a tutto il pianeta che anche questa guerra” può finire. L’Ucraina, che ha chiesto espressamente alla Svizzera di organizzare questo summit, sfrutta a fondo l’occasione, dimostrando ancora una volta di essere particolarmente abile anche nella guerra delle parole, oltre che in quella combattuta con le armi. Il presidente Volodymyr Zelensky ha sottolineato che “ogni nazione è ugualmente importante per noi e tutto quello che verrà deciso qui sarà parte del processo di pace che è necessario. Credo che faremo la storia, qui al summit”.

Al vertice, che si tiene in un Paese storicamente neutrale come la Svizzera, sono presenti 92 Stati, 57 dei quali rappresentati a livello di capi di Stato e di governo, 30 a livello ministeriale, mentre 5 hanno inviato solo dei diplomatici. Questi ultimi sono tutti Paesi di un certo peso: il Brasile, il Sudafrica, gli Emirati Arabi Uniti, Israele e l’Indonesia. La Russia non è stata neppure invitata, secondo la stampa svizzera perché il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha chiarito al collega svizzero Cassis che Mosca non avrebbe accettato l’invito in ogni caso, sicché Berna avrebbe deciso di non invitare i russi per non irritarli ulteriormente.

La Cina, senza il cui aiuto l’apparato militare-industriale russo avrebbe maggiori difficoltà ad alimentare lo sforzo bellico in Ucraina, non è presente. Il cosiddetto Sud Globale ha reagito in modo abbastanza freddo alla conferenza di pace in Svizzera: le medie potenze che intendono mantenere buone relazioni anche con Mosca, come Brasile, India, Indonesia, Sudafrica, Arabia Saudita, tutti Paesi rilevanti se l’Occidente vuole isolare il nascente asse Russia-Cina-Iran-Corea del Nord, hanno scelto di partecipare, ma a un livello basso. E chi ha partecipato al massimo livello, come il presidente del Kenya William Ruto, ha parlato chiaro: la Russia, ha detto, “dev’essere al tavolo” e “l’appropriazione degli asset russi” decisa dal G7 è “illegale” e “inaccettabile”.

Malgrado le assenze, però, per una volta si dovrebbe iniziare a parlare di pace, di come arrivare a porre fine a una guerra che va avanti da oltre due anni, con costi umani ed economici altissimi. La reazione del Cremlino al summit sulle rive del Lago dei Quattro Cantoni è stata gelida. “La Russia non ha nulla da trasmettere ai partecipanti al vertice svizzero sull’Ucraina e spera che la prossima volta il conflitto venga discusso in un evento più costruttivo”, ha dichiarato all’agenzia Tass il portavoce Dmitry Peskov.

Tuttavia, a Mosca l’iniziativa della Svizzera deve aver procurato qualche fastidio, se venerdì il presidente Vladimir Putin ha dettato condizioni di pace che implicherebbero una resa totale dell’Ucraina, che dovrebbe lasciare a Mosca quattro regioni che l’esercito russo non controlla completamente. Per la vicepresidente Usa Kamala Harris, Mosca non vuole negoziare con Kiev, ma vuole semplicemente “la resa” degli ucraini. A spiegare che cosa significhi il vertice svizzero per Kiev è il capo dell’ufficio di presidenza dell’Ucraina, Andriy Yermak: una volta che sarà approntato un “piano” per la pace in Ucraina con il contributo della comunità internazionale, dice, Kiev cercherà di presentarlo alla Russia in un “secondo summit, a livello di leader”. Ma Kiev, chiarisce, non accetterà “alcun compromesso sull’indipendenza, sulla sovranità e sull’integrità territoriale”. Integrità territoriale che è uno dei nodi del conflitto Russia-Ucraina, dato che, a rigore, comprende anche la Crimea, occupata da Putin nel 2014, con una reazione debole dell’Occidente.

E’ dunque un tentativo di definire il terreno per le trattative che dovrebbero svolgersi in futuro. Come hanno documentato in aprile su Foreign Affairs Samuel Charap e Sergey Radchenko, nella primavera del 2022 Russia e Ucraina erano molto vicine a concludere un accordo che avrebbe posto fine alla guerra, dando prova entrambe di essere disponibili a fare concessioni. Non riuscirono per una serie di ragioni, non ultima l’indisponibilità dell’Occidente a fornire a Kiev garanzie vincolanti di sicurezza che avrebbero implicato il rischio, in futuro, di uno scontro diretto con la Russia. Uno dei nodi principali, che Putin ha ripetuto anche venerdì, è proprio la potenziale adesione dell’Ucraina alla Nato, che Mosca vive come una minaccia diretta. Kiev, al contrario, la considera l’unica vera garanzia di sicurezza.

Ora Zelensky punta sulla “pace giusta”, nel tentativo di delimitare il terreno di gioco, con l’appoggio di un numero consistente di Paesi. “Siamo riusciti a riportare nel mondo l’idea che gli sforzi congiunti possono fermare la guerra e stabilire una pace giusta. Questa idea funzionerà sicuramente, perché il mondo ha potere”, ha detto. In Ucraina, ha ricordato Yermak, “purtroppo la guerra continua, i nostri soldati continuano a combattere. Due anni sono un tempo sufficiente a dimostrare che l’Ucraina non è in grado solo di difendersi, ma di vincere e di ottenere una pace giusta”. Il summit si tiene in Svizzera, ma l’Ucraina è molto interessata al suo successo: il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, arrivando, ha ringraziato sia la presidente della Confederazione, Viola Amherd, la padrona di casa, che il presidente ucraino Zelensky.

Oggi si tratterà di diversi temi che riguardano il conflitto in Ucraina, tra cui le questioni umanitarie, come lo scambio dei prigionieri e i bambini ucraini deportati, le minacce nucleari avanzate dalla Russia e le implicazioni della guerra per la sicurezza alimentare. Il summit sulla pace in Ucraina dovrebbe concludersi con una dichiarazione finale: la Svizzera guida e coordina il lavoro sul testo. La dichiarazione dovrebbe essere focalizzata, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, “su tre punti fondamentali. Io credo che si potrebbe partire dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia per farne una zona franca. Poi c’è la questione del grano, che è anch’essa di grande importanza, perché ne fanno le spese anche i Paesi africani. E c’è la questione degli ostaggi, dei prigionieri”. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha sottolineato che il documento sarà centrato anche sul rispetto dei principi chiave della Carta delle Nazioni Unite.

 

(Adnkronos)