(Adnkronos) – Il network dei cappellani militari della chiesa ortodossa ucraina potrebbe essere uno strumento per accedere e soccorrere civili e militari nelle aree del paese invase dai russi in cui è impossibile introdursi. Ma non è utilizzato come potrebbe dalle organizzazioni internazionali. “Con l’aiuto dell’intelligence i cappellani sono in grado di portare medicine, acqua, cibo, sollievo ovunque. Abbiamo accesso lì dove nessuno può introdursi. Chiediamo alle organizzazioni internazionali operative in Ucraina di appoggiarsi a noi per la distribuzione di aiuti nelle aree inaccessibili”. Ad intervenire con l’Adnkronos è Padre Serhiy, cappellano militare e presidente di Eleos Ukraine, che fa parte del Dipartimento sinodale della chiesa ortodossa di Kiev per il servizio sociale, “l’equivalente della vostra Caritas, ma senza scopi confessionali”, legata anche al network nazionale dei cappellani militari.
Padre Serhiy osserva: “constatiamo che purtroppo le organizzazioni non governative seguono la policy di non lavorare con enti religiosi o politici. In questo momento di conflitto è uno spreco non sfruttare il nostro potenziale. Il mio appello è a chi legge di aiutare questa organizzazione a stare in piedi e a sostenerla con aiuti destinati alle aree inaccessibili a causa dell’invasione russa”. In cosa siete più attivi? “Evacuazione dalle aree più calde; distribuzione di cibo e medicinali; organizzazione di rifugi sicuri; sostegno psicologico ed anche battesimi, matrimoni tra soldati, che stiamo celebrando sotto i missili russi. Abbiamo iniziato nel 2014, perché la guerra per noi è iniziata allora”, precisa. Nessun timore nella gestione di passaggi in territori come Mariupol devastati dal fuoco nemico? “Noi siamo soldati. Motivati, sicuri di vincere. La gente è qui per difendere il Paese. Si mette in lista d’attesa per arruolarsi”, rimarca.
Da ‘soldato al fronte’ cosa evince dalle mosse dell’esercito russo? “Non agiscono caoticamente. Le loro sono operazioni ben pianificate. Stanno replicando la strategia adottata in Cecenia: si avvicinano alle città per distruggerle. Per uccidere i civili. Questa è a loro tattica. Accerchiare, spaventare. Usare i loro stessi soldati”. Padre Serhiy, che si trova ad Ivano-Frankivsk al momento dell’intervista, interrompe la comunicazione per il suono delle sirene. Poi si rimette in contatto da un seminterrato: “Noi non abbiamo paura di niente – afferma – Siamo solo intimiditi dalle vittime civili, da cosa potrebbe accadere al popolo ucraino, alle sue donne, ai bambini. Non voglio usare la parola vendetta: Ma i russi dovranno rispondere di ogni singola morte in questa guerra. Che diventerà la terza guerra mondiale se l’Occidente non reagisce, perché la Russia si allargherà e replicherà il modello Ucraina altrove. Se Kiev crollerà, tutta l’integrità europea potrebbe collassare”, conclude.
(di Roberta Lanzara)