Ucraina, Russia e uso armi chimiche: un’ipotesi concreta?

(Adnkronos) – La Russia potrebbe utilizzare armi chimiche, biologiche o nucleari in Ucraina? La Casa Bianca lancia l’allarme da settimane e in quel caso, secondo la Nato, la risposta occidentale sarebbe ‘adeguata’, nel senso -per usare le parole del premier britannico Johnson- di “catastrofica”. L’analisi del Sole 24 Ore di oggi scandaglia questa eventualità, ipotizzando i vari scenari. “Gli eserciti di stanza sui confini orientali dell’Alleanza, così come quello ucraino, avrebbero già ricevuto e predisposto il necessario per proteggersi”, spiega l’articolo. Che osserva: “Comunicazioni sibilline, nelle quali c’è anche molta propaganda, che però nascondono alcuni passi della Russia in questa direzione”.  

Quali? Non solo il fatto che Vladimir Putin abbia già minacciato catastrofi già durante l’annuncio dell”operazione militare speciale’, spiega il Sole24 Ore, ma lui stesso e altri esponenti del governo “hanno accusato l’Ucraina di avere centinaia di laboratori al lavoro su armi biologiche, chimiche e atomiche, e di averne le prove”. Sul fronte ucraino, per quanto riguarda le armi biologiche, la comunità scientifica internazionale ha subito fatto notare che l’Ucraina non aveva, prima della guerra, laboratori di livello di sicurezza tale da poter maneggiare batterio virus pericolosi, ma al momento sul tema le accuse tra Mosca e Kiev si rimpallano e non è possibile arrivare a nessuna certezza.  

Diverso il discorso per le armi chimiche: “Virtualmente, qualunque stabilimento per la produzione di sostanze quali i derivati del cloro o del fosforo potrebbe sintetizzare le materie prime necessarie”. La Russia “possiede strutture adatte per tutti e tre i tipi di armamenti”, spiega l’analisi del quotidiano. Che osserva: “Che possa farvi ricorso è suggerito dalla cosiddetta false flag che sta agitando, ossia dalla creazione di incidenti che pongono le basi per un attacco di quel tipo”. 

Circa la effettiva sussistenza sul suolo russo delle materie adatte per un simile attacco, il quotidiano rileva che sia la Russia che l’Ucraina hanno aderito alla Convenzione internazionale sulle armi chimiche del 1997, che le obbligava a distruggere tutto ciò che esisteva già nel 2017. Il Sole osserva che mentre i controlli avvenuti in Ucraina hanno sempre confermato l’avvenuta distruzione degli arsenali, “gli avvelenamenti dell’ex spia Sergei Skripal e della figlia a Salisbury, avvenuti in gran Bretagna nel 2018, e di Alexei Navalny in Russia nel 2020, entrambi con sostanze della categoria dei Novichock, teoricamente distrutte da tempo, hanno posto pesanti interrogativi su tutto ciò che hanno affermato le autorità russe negli anni”. La Russia ha sempre negato ogni coinvolgimento. 

Sulle motivazioni che potrebbero spingere i russi ad usare armi “dalle quali dovrebbero difendersi anche le loro truppe”, secondo gli analisti “lo scopo è chiaro: terrorizzare le popolazioni, più che aumentare a dismisura il numero di vittime”, spiega il giornale. Per quanto riguarda i controlli, per dimostrare le accuse all’Ucraina, Mosca dovrebbe invocare le ispezioni dell’Opcw (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), ma non lo può fare perché dovrebbe acconsentire ad indagini anche sul suo territorio. Restano i sistemi in remoto, a partire dalle immagini satellitari, e quelle delle segnalazioni sul campo: i sintomi sono inequivocabili, e i campioni biologici diventano prova inconfutabile. 

(Adnkronos)