(Adnkronos) –
Un mese di guerra costantemente accompagnato dalla paura di una seconda Chernobyl. Lo spettro di un incidente, causato o accidentale, in uno dei 15 reattori nucleari ha caratterizzato il conflitto sin dall’inizio. Al 25 febbraio, la dismessa centrale nucleare di Chernobyl, teatro, nel 1986, del peggior disastro nucleare europeo, è già sotto controllo russo e il timore è che le azioni militari nell’area possano portare all’irreparabile. Tanto che già il 28 febbraio l’Ensreg (European Nuclear Safety Regulators Group) ha dovuto convocare una riunione straordinaria per chiedere di assicurare la possibilità al personale operativo e all’autorità di regolamentazione Snriu di svolgere, “senza indebite pressioni”, i propri compiti per garantire la sicurezza della centrale. Ed esprimendo timore per i potenziali danni alle strutture.
Snriu (State Nuclear Regulatory Inspectorate of Ukraine) che ha subito segnalato un aumento dei livelli di radioattività “probabilmente da attribuire ad attività militari nell’area”. Ma l’allarme non hanno fermato le azioni di guerra e i combattimenti che a più riprese hanno messo a rischio l’integrità e la sicurezza delle centrali. Il 4 marzo la centrale di Zaporizhzhia viene colpita dall’artiglieria russa. “Per la prima volta nella storia dell’uomo uno Stato terrorista ha fatto ricorso al terrorismo nucleare’ – ha dichiarato nell’occasione il presidente ucraino Zelensky – Nessuno Stato, tranne la Russia, aveva mai colpito una centrale nucleare”.
Parole che hanno trovato eco in quelle dell’ambasciatore ucraino all’Onu, Serhiy Kyslytsya, intervenuto al Consiglio di Sicurezza sull’attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhya: “La Russia – ha detto – si è deliberatamente impegnata in un attacco armato ad una centrale nucleare che ha violato tutti gli accordi internazionali dell’Agenzia internazionali per l’energia atomica (Aiea)”.
Lo scenario di guerra, in un paese che ospita 15 reattori nucleari in funzione, due in costruzione oltre ai 4 di Chernobyl, preoccupa sempre di più. Lo conferma all’AdnKronos il direttore dell’Isin Maurizio Pernice: “I combattimenti hanno coinvolto seppur marginalmente anche Chernobyl e, ieri, la centrale di Zaporizhzhya con le note conseguenze. Per fortuna i dati sulla condizione degli impianti sono rassicuranti, non si segnalano alterazioni nei livelli di radioattività. Siamo tuttavia davanti a una situazione che richiede la massima attenzione e la massima allerta”.
Sulla questione interviene il 6 marzo anche il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Rafael Mariano Grossi, dicendosi ”profondamente preoccupato” per le notizie che arrivano dall’Ucraina circa la centrale nucleare di Zaporizhzhya, dove il personale regolare continua a far funzionare la centrale nucleare “ma la gestione dell’impianto è ora agli ordini del comandante delle forze russe che controllano il sito”, con tutte le difficoltà di comunicazione che ne derivano.
L’8 marzo la stessa Aiea riferisce di aver perso i contatti con il sistema di trasmissione dei dati dei sistemi di controllo della sicurezza della centrale di Chernobyl, sotto il controllo russo. Oltre a sollevare forti preoccupazioni “per la situazione difficile e stressante che deve affrontare il personale della centrale nucleare di Chernobyl e per i potenziali rischi che ciò comporta per la sicurezza nucleare”.
La difficile situazione in cui si trova ad operare lo staff delle centrali viene denunciata anche da Energoatom, l’azienda di Stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari attive nel territorio del Paese nonché del disarmo dei tre reattori superstiti della centrale di Černobyl: “Zaporizhzhya Npp e la città di Energodar sono sotto il controllo delle formazioni militari russe da 5 giorni” e “i dipendenti della centrale sono sottoposti a forti pressioni psicologiche da parte degli occupanti”.
Il 9 marzo il nuovo allarme: la centrale Chernobyl risulta disconnessa dalla rete elettrica. Energia elettrica che serve in particolare per raffreddare le vasche in cui è immerso il combustibile usato, oramai decenni fa, nei reattori della centrale. Uno stop che “viola le basi di sicurezza cruciali per garantire forniture ininterrotte di energia”, fa sapere l’Aiea. Il giorno dopo, i sistemi dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica che servono a monitorare la centrale nucleare di Zaporizhzhia smettono di trasmettere dati.
Nei giorni seguenti si intensificano gli sforzi per fornire energia alla centrale in ogni modo e ripristinare delle forniture di energia elettrica alla centrale. Il 13 marzo la situazione sembra rientrare. Ma il 14 marzo arrivano notizie di esplosioni alla centrale Zaporizhzhya e di nuovi danni alla rete elettrica che alimenta la centrale nucleare di Chernobyl e la città di Slavutych. Questa volta, secondo il suo ministero dell’Energia, a intervenire sarebbe stata la Bielorussia, fornendo elettricità alla centrale; secondo l’Aiea ”gli specialisti ucraini sono riusciti a riparare una delle due linee danneggiate che collegano l’impianto alla rete elettrica”.
In una successiva intervista, il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, intervistato dalla tv giapponese ‘Tbs’, è tornato sulla vicenda affermando che sarebbe stato il presidente russo Vladimir Putin a interessarsi in prima persona per ripristinare l’energia elettrica alla centrale di Chernobyl ed evitare così un disastro. “Putin mi ha chiamato (era già notte) e mi ha informato che questo rappresentava un grande pericolo per l’Europa”, ha detto Alexander Lukashenko.
Ripristinata l’elettricità, la preoccupazione non rientra. Il 20 marzo, dopo 600 ore di estenuante lavoro, parte del personale della centrale nucleare di Chernobyl è stato finalmente sostituito da 46 volontari che assicureranno il funzionamento in sicurezza della centrale atomica dismessa. È stato il primo cambio di personale ucraino lì da quando le forze russe hanno preso il controllo dell’area il 24 febbraio. E non cessano le azioni militari in queste aree sensibili: il 22 marzo, il Parlamento di Kiev riferisce di diversi incendi scoppiati vicino alla centrale nucleare di Chernobyl. Si tratterebbe di sette incendi boschivi causati probabilmente dal fuoco di artiglieria o da azioni dolose nella zona in mano alle forze russe.
Ad oggi, stando a quanto comunica l’Aiea, l’Ucraina non ha segnalato altri importanti sviluppi in merito alla sicurezza nucleare e i sistemi di sicurezza continuano a funzionare nelle quattro centrali nucleari operative del paese mentre i livelli di radiazione rimangono a livelli normali. Si monitora anche in merito alle notizie degli incendi. Dei 15 reattori ucraini, situati in quattro siti, il regolatore ha affermato che otto sono operativi, di cui due nella centrale nucleare di Zaporizhzhya controllata dalla Russia, tre a Rivne, uno a Khmelnytskyy e due nell’Ucraina meridionale. L’Agenzia continua a non ricevere la trasmissione di dati a distanza dai sistemi di monitoraggio installati presso la centrale nucleare di Chernobyl.
Ma una voce di preoccupazione si leva anche in seno all’Organizzazione mondiale della Sanità: “Siamo preoccupati per l’integrità e la sicurezza operativa degli impianti nucleari e chimici” che potrebbero trovarsi coinvolti negli attacchi all’Ucraina. “L’Organizzazione mondiale della sanità sta lavorando con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica “e continuiamo a chiedere a tutte le parti” coinvolte nel conflitto “di ridurre al minimo il rischio di un incidente nucleare o chimico, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la salute umana”, ha dichiarato il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus.