(Adnkronos) – “La propaganda di guerra c’è sempre stata in ogni conflitto e sempre ci sarà. E’ parte integrante della guerra, sarebbe ingenuo non ammetterlo. Qui la vediamo da entrambe le parti. Per avere notizie certe, dunque, non basta attingere a fonti ufficiali, anche se ucraine: bisogna avere testimonianze dirette, trovare foto e video che testimonino quanto viene comunicato. Non sempre è possibile”. A dirlo all’Adnkronos è Fabio Tonacci, inviato di Repubblica a Kiev per seguire il conflitto sul campo, che analizza così questa fase della guerra: “Sono giorni che l’intelligence alleata parla di un imminente attacco russo massiccio e scioccante, con artiglieria, missili balistici e aviazione. Secondo gli ucraini invece questo attacco non ci sarà, perché sono riusciti a distruggere, sostengono, gran parte dell’arsenale russo. Quel che è certo è che Putin non può semplicemente ritirarsi adesso, sarebbe la sua fine politica”.
“Quindi: o i negoziati arrivano ad un accordo per il cessate il fuoco, oppure l’assedio di Kiev potrebbe durare per molto tempo diventando per Mosca un pantano mortale”, osserva il giornalista. Che descrivendo il ‘sentiment’ degli ucraini, osserva: “Gli ucraini, sia i soldati sia i volontari, sono tutti pronti a combattere, anche nell’ipotesi di una guerriglia quartiere per quartiere. Ti dicono ‘Questa è casa nostra, non ce ne andremo mai’. Sono molto motivati”. Tonacci si trova nella capitale, “al momento chiuso in albergo perché c’è il coprifuoco totale fino a domani -spiega- Stamattina abbiamo sentito centinaia di colpi di mortaio provenire dal fronte di nord-ovest, non è chiaro se siano ucraini o russi. Forse ucraini”.
Raggiunto dalle notizie delle morti di colleghi inviati nel teatro di guerra, Tonacci fa alcune considerazioni: “Non conoscevo personalmente Brent Renaud, né gli altri colleghi morti a Hostomel. Mi dicono che erano molto professionali ed esperti, non certo degli sprovveduti, e questo aumenta l’amarezza provata quando abbiamo appreso la notizia”. Paura no, “tristezza sì, tanta”, dice. “In aree di guerra, purtroppo, c’è sempre un inevitabile margine di imprevedibilità, nonostante le precauzioni che puoi prendere e nonostante il ‘risk assessement’ che bisogna fare ogni mattina prima di andare in un posto o sulla front line. Non ci puoi fare niente. Non so se abbiano voluto colpire deliberatamente i giornalisti. Un fatto, però, è chiaro: le forze armate russe non vogliono avere la stampa occidentale attorno”.