Un patto di stabilità più “equilibrato”, ma anche con regole più “efficaci”, che prevedono una riduzione del debito “più graduale” rispetto a quella prescritta dalle norme tuttora in vigore ma sospese nel 2020. Un quadro che dovrebbe incentivare, secondo la Commissione, le “riforme” e gli “investimenti” di cui l’Ue ha un grande bisogno nel nuovo contesto geopolitico. Per dirla con il commissario Paolo Gentiloni, il vecchio patto di stabilità “ha fatto il suo tempo” e l’Europa non si può rassegnare ad un quadro fatto di “bassa crescita” e “alto debito”. La Commissione Europea ha presentato a Bruxelles le attesissime proposte legislative per riformare il quadro Ue di governance economica, giusto in tempo per consentire ai ministri delle Finanze di avere un primo scambio, o perlomeno di posizionarsi in vista del negoziato in Consiglio, nell’Ecofin e nell’Eurogruppo informale di questo fine settimana a Stoccolma.
Formalmente, a quanto si è appreso da fonti Ue, il dossier non approderà al tavolo dell’Ecofin prima di giugno, perché deve essere fatto prima il lavoro tecnico a livello di esperti, che potrebbe iniziare già settimana prossima. La proposta della Commissione a Stoccolma non è in agenda ma, ha spiegato un alto funzionario Ue, viene “seguita attentamente” e sarà sicuramente “discussa a margine”. Le proposte legislative introducono diverse novità rispetto al quadro che venne sospeso nel marzo 2020, quando l’Ue veniva investita dalla pandemia di Covid-19 e gli Stati hanno dovuto sussidiare le proprie economie, costrette alla chiusura, per evitarne la desertificazione. In sostanza, gli Stati membri che sforano i tetti del 3% del rapporto deficit/Pil e/o del 60% nel rapporto tra debito pubblico e Pil dovranno rispettare delle traiettorie specifiche di bilancio a medio termine che assicurino un rientro del deficit sotto il 3% e che pongano il debito su un percorso discendente in modo stabile. I piani saranno su un periodo di quattro anni, estendibili a sette in cambio di investimenti e riforme in linea con le priorità Ue.
L’aggiustamento fiscale che ne conseguirà sarà sicuramente “più graduale” rispetto a quello richiesto dalle regole sospese nel 2020, ha sottolineato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, e proprio per questo anche più credibile. L’ex presidente del Consiglio ha ricordato a chi notava che la proposta sembra aver tenuto conto delle preoccupazioni dei Paesi nordici che nella Commissione non ci sono né solo “italiani”, né “solo colombe”. Inoltre, come ha osservato un alto funzionario Ue, la Commissione deve mettere sul tavolo proposte sulle quali sia possibile raggiungere un “consenso” tra gli Stati membri, che su questa materia, come ha ricordato Gentiloni, hanno tuttora posizioni “diverse”. Per l’ex premier è stato trovato, dopo oltre tre anni di lavoro (il primo approccio della Commissione alla riforma del patto di stabilità risale a prima della pandemia), un “punto di convergenza di cui sono molto soddisfatto”, perché “ci ho lavorato molto”.
Il percorso di aggiustamento delineato dalla Commissione sarà tagliato su misura per ogni Stato, ma prevederà, per i Paesi con il deficit sopra il 3% del Pil, anche un requisito ‘orizzontale’: un aggiustamento minimo annuo pari allo 0,5% del Pil, un livello che secondo una fonte Ue sicuramente l’Italia supererà in caso di aggiustamento quadriennale e che, in caso di aggiustamento spalmato su sette anni, sarebbe “intorno” a quella cifra per un periodo “significativo” del settennato. Il presidente del gruppo Id Marco Zanni ha pubblicato via social una tabella secondo la quale all’Italia verrebbe chiesto un aggiustamento annuo pari allo 0,85% del Pil, circa 15 miliardi di euro, in caso di traiettoria quadriennale, e in media dello 0,5% annuo per i primi quattro e dello 0,25% per gli ultimi tre in caso di traiettoria settennale (che è quella che probabilmente l’Italia mirerà a ottenere). Non è prevista alcuna ‘golden rule’, cioè un trattamento speciale per gli investimenti ‘verdi’, per quelli nel digitale o per la difesa. Tuttavia i Paesi membri potranno chiedere un allungamento della traiettoria di rientro, da quattro fino a sette anni, se attueranno riforme ed investimenti nel campo della transizione verde e digitale o per la difesa. Per Gentiloni, si tratta di un “altro modo” per ottenere “più o meno lo stesso risultato”.
Se questo basterà a far sì che l’Ue realizzi l’enorme ammontare di investimenti necessario per affrontare la transizione verde e per aumentare la spesa militare, come chiede la Nato, a un livello idoneo ad affrontare in maniera credibile il rinato nazionalismo russo, è tutto da vedere. Un alto funzionario Ue ha fatto tuttavia notare che questi investimenti, se non saranno “sostenibili”, alla fine semplicemente non verranno fatti. Non preoccuparsi della “sostenibilità” del debito pubblico, ha osservato, in ultima analisi porterebbe le economie europee a “schiantarsi”. L’obiettivo della riforma è rendere il patto di stabilità “il più coerente possibile” con l’agenda delle priorità Ue, tenendo conto che “il clima non è l’unica”.
Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti la proposta della Commissione è “certamente un passo avanti, ma noi – sottolinea – avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e Green Deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è. Ogni spesa di investimento, poiché è rilevante e produce debito per il nuovo patto, deve essere valutata attentamente. Quindi, occorre privilegiare solo la spesa che effettivamente produce un significativo impatto positivo sul Pil”. Da una parte la Commissione chiede di investire nella transizione verde e digitale, ma dall’altra, come ha detto più volte Valdis Dombrovskis, il debito è debito’, quindi anche gli investimenti in linea con le priorità Ue vengono conteggiati ai fini della valutazione del rispetto dei parametri di bilancio: resta una contraddizione, ed è da vedere se l’estensione a sette anni della traiettoria di aggiustamento basterà a risolverla.
La riforma proposta prevede anche una radicale semplificazione dei parametri: si passa ad un indicatore unico, quello dell’andamento della spesa pubblica netta, accantonando la pletora di indicatori non osservabili che caratterizza il quadro regolatorio tuttora in vigore (e solo sospeso). Decadono, almeno formalmente, parametri come la riduzione del saldo strutturale e la matrice dei requisiti per l’aggiustamento fiscale, comprensibili solo ai tecnici e in qualche caso anche contestati, perché frutto di stime in parte arbitrarie. Tuttavia, “la crescita potenziale farà parte di qualsiasi valutazione della sostenibilità del debito”, ha osservato un alto funzionario Ue. La semplificazione comporta anche una maggiore cogenza del quadro regolatorio: il parametro della spesa pubblica netta, ha sottolineato il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis, è “osservabile” e sotto il “diretto controllo” dei governi, i quali dunque non avranno “più scuse” per non rispettare gli impegni presi.
Il nuovo quadro regolatorio renderà anche più semplice infliggere sanzioni ai Paesi che non rispettano le regole. Non solo. La procedura per debito, finora mai attivata perché equivalente ad una “bomba atomica”, verrà resa più facilmente applicabile, abbassando le sanzioni previste e rendendola così praticabile. Per gli Stati membri, il quadro rivisto dovrebbe essere meno oneroso dal punto di vista procedurale: invece di emettere raccomandazioni di bilancio annuali, la Commissione si focalizzerà sul rispetto dei parametri di spesa. I Paesi dovranno presentare dei rapporti annuali, focalizzandosi sulla realizzazione piuttosto che sulla programmazione. Sono previste clausole di salvaguardia per la temporanea sospensione delle regole, sia a livello Ue che a livello nazionale, che scatterebbero in casi eccezionali (come è successo con la pandemia di Covid-19).
Ora le proposte legislative verranno discusse dagli Stati membri: l’obiettivo è concludere il lavoro legislativo entro fine anno, cosa che conviene anche ai Paesi, ha sottolineato Gentiloni, poiché all’inizio del 2024 la clausola di salvaguardia verrà disattivata. Un alto funzionario Ue ritiene che ci sia “abbastanza tempo” per far sì che gli Stati si posizionino e si confrontino, concordando una posizione negoziale “entro fine anno”, cosa che farebbe partire il negoziato interistituzionale nel trilogo, una volta che il Parlamento Europeo avrà concordato la propria. Il capodelegazione del Pd Brando Benifei ha sottolineato che l’Aula è pronta a lavorarci da subito. Il primo partito della maggioranza di governo, Fratelli d’Italia, ha espresso una posizione cauta ma pronta al negoziato per migliorare la proposta, pur lamentando l’irrigidimento rispetto alle ipotesi iniziali (frutto del pressing della Germania, che però non ha ottenuto tutto ciò che chiedeva). L’Olanda, capofila dei Frugali, ha accolto con favore la proposta, augurandosi che porti alla riduzione dei debiti dei Paesi più indebitati.