Università, addio all’economista Giuseppe Di Taranto

(Adnkronos) – Addio all’economista Giuseppe Di Taranto spentosi a causa di un male incurabile e fulminante all’età di 77 anni. Di Taranto è stato un osservatore critico ma ragionato e garbato dell’Europa. Docente per anni alla Luiss Guido Carli, dove ha insegnato Storia del pensiero economico e Storia della finanza e dei sistemi finanziari, Di Taranto adesso era professore emerito dell’ateneo. L’economista si era laureato con lode in Economia politica nella facoltà di Economia dell’Università degli studi di Napoli ‘Federico II’ dove era poi stato direttore della Scuola di specializzazione in Diritto ed economia delle Comunità Europee. Capace di raccontare e analizzare con chiarezza i fenomeni economici e finanziari, specie dell’eurozona, Di Taranto, a cui vanno riconosciute rare doti di divulgatore nel crudo settore dell’economia e della finanza, è stato autore, tra l’altro, di saggi come “L’Europa Tradita – Lezioni dalla Moneta Unica” e “La Globalizzazione diacronica”. Di Taranto aveva insegnato anche all’Università Europea di Roma. Immediato il cordoglio espresso con tweet del ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, alla notizia della morte dell’economista italiano
. “La scomparsa dell’economista Giuseppe Di Taranto mi addolora e mi lascia un vuoto enorme. È stato uno studioso di valore, autore di monografie importanti nel campo della storia dell’economia. Il suo pensiero è stato sempre acuto, mai banale e capace di intuizioni. Alla famiglia e alla comunità degli allievi esprimo il mio più sentito cordoglio” ha scritto il ministro Sangiuliano. Ed è arrivato anche da tutto il vertice della Luiss l’addio all’economista Giuseppe Di Taranto che ha insegnato dal 2001 all’ateneo romano. Alla Luiss ha tenuto “i corsi di Storia dell’economia e dell’impresa, di Storia della finanza e dei sistemi finanziari e di Storia del pensiero economico” ha ricordato in un post sul sito della Luiss il Rettore dell’ateneo Andrea Prencipe, mentre il presidente dell’Ateneo, Vincenzo Boccia, gli ha dedicato un editoriale su “Il Sole 24 Ore”.  

“Questa attenzione per la storia – ha scritto il Rettore Andrea Prencipe sul sito della Luiss – rivela il metodo rigoroso e preciso di Di Taranto, che si è fatto interprete attento di questioni riguardanti sia il nostro Paese, che l’Unione europea, per arrivare a tematiche di ancor più ampio respiro, quali la globalizzazione e il libero mercato. Nei suoi studi, ha sempre manifestato un pensiero lucido, critico e mai banale”. “L’impegno costante nella ricerca e la passione con cui vi si è dedicato – ha continuato Prencipe – lo hanno portato a svolgere incarichi presso importanti istituzioni nazionali e internazionali e a essere un oratore apprezzato per la chiarezza delle sue interpretazioni e noto per il coraggio di sostenere tesi talvolta non convenzionali, ma sempre supportate da una approfondita conoscenza della materia”. Il Rettore ha inoltre ricordato che Di Taranto “ha tenuto lezioni e partecipato a conferenze per conto dell’Onu, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, nonché di numerose università italiane ed estere”. “Eppure, come chiunque abbia assistito alle sue lezioni potrà testimoniare, è nel suo ruolo di docente – ha osservato Prencipe – che egli ha riversato maggiore passione e impegno, considerando sempre i suoi studenti come la priorità più alta. Ponendo la didattica al centro della propria attività, Di Taranto si è conquistato l’affetto e la stima dei suoi studenti, gli attestati più importanti che possa desiderare chi, come lui, ha messo il proprio sapere al servizio dei giovani, per garantire loro una formazione ricca e approfondita, che sappia dotarli degli strumenti per migliorare la realtà in cui vivono e la società intera”. “Pino Di Taranto mancherà molto a studenti e colleghi. Ma resteranno i suoi studi e il suo insegnamento, che la nostra comunità di Ateneo saprà custodire nel ricordo” ha scritto infine Prencipe. 

“Raccontano – ha scritto invece il presidente Vincenzo Boccia sul Sole 24 Ore – che John Maynard Keynes e Friedrich August von Hayek – i due economisti, britannico il primo, austriaco il secondo, dal cui pensiero scaturirono due scuole di pensiero ferocemente contrapposte tra loro – fossero a loro volta fieri rivali. Anzi, che si detestassero apertamente, senza neanche lo schermo della cordialità. La proverbiale ironia britannica di Lord Keynes, dicono, veniva totalmente disinnescata dalla semplice presenza di Hayek. L’austriaco, sobrio e compunto, perdeva invece la propria compostezza quando incontrava l’arcirivale”. Il presidente della Luiss ha evidenziato che “accadde che, durante la Seconda guerra mondiale, il governo britannico, preoccupato dai raid aerei tedeschi, ordinasse ai cittadini di spegnere tutte le luci la sera, e di spalare la neve dai tetti durante il rigido inverno, per impedire che i centri abitati fossero visibili dai bombardieri nemici. L’Università di Cambridge dovette organizzare dei turni per ripulire le ampie terrazze dei college. Ogni sera due persone estratte a sorte tra l’intera comunità, docenti, allievi e personale inclusi, avrebbero svolto il compito. Naturalmente – perché il caso è tutto fuorché un caso, e se c’è un autore del grande romanzo della vita bisogna dire che a volte usa colpi di scena un po’ scontati –, una sera, i sorteggiati furono Keynes e Hayek, che lo scoprirono soltanto quando, con la vanga in mano, guadagnarono il tetto del Trinity College”. “Raccontano che, non avendo vie di fuga né pretesti per andarsene, iniziarono a discutere aspramente. Di teoria economica, naturalmente: la discussione andò avanti con toni accesi fino al mattino, e li ritrovarono ancora lì a discutere, le vanghe a terra, il tetto ancora coperto di neve (quella notte, per fortuna, i tedeschi risparmiarono Cambridge). Non so – ha proseguito Boccia – se ho sentito questa storia per la prima volta dal professor Giuseppe Di Taranto, o se piuttosto l’ho letta in qualche libro, anni dopo, e chissà se ho mai avuto modo di parlargliene. Vorrei farlo ora, perché ho sempre pensato che, se i regolamenti avessero previsto tre persone e non due, e il terzo sorteggiato fosse stato proprio lui, avrebbe messo una mano sulla spalla di entrambi, e con la dolcezza e l’affettuosità dei suoi modi avrebbe fatto capire a entrambi che il litigio, quello sì, era il male della conoscenza e dello studio (poi avrebbe strizzato l’occhio a uno dei due, non dico a chi: ma lo sanno già le sue tante studentesse e gli studenti, e le tante persone che hanno letto i suoi libri)”. “Keynes e Hayek, che temo nella vita non si amarono mai, io li ho infatti visti andare d’accordo: fui allievo a mia volta del professore, tanti anni fa all’Università di Salerno, e nelle sue parole, durante le sue affollatissime lezioni, tutte le idee venivano raccontate con passione e uguale dignità, e avevi l’impressione che il mondo degli economisti e l’intera disciplina somigliassero più a una serata tra amici, magari trascorsa a discutere appassionatamente, ma con divertimento, di qualche sport, che a un triste e lugubre mondo fatto di grandi tensioni e ancora più grandi interessi” ha aggiunto l’ex presidente di Confindustria e oggi presidente della Luiss.  

“Non immaginavo ancora che quel corso che seguii e quell’insegnamento sarebbero stati di fondamentale importanza per svolgere la mia attività di imprenditore e per guardare al mondo odierno con uno sguardo attento e consapevole. Quando il professore ci spiegava il passaggio dal tempo del mercantilismo a quello successivo della rivoluzione industriale, sottolineava chiaramente come il ruolo dell’impresa e degli imprenditori avessero cambiato le basi non solo della produzione, ma dell’intero ciclo economico e di vita nel mondo intero, offrendo nuove prospettive di sviluppo, aprendo una pagina nuova del capitalismo, dalle frontiere sempre cangianti” ha scritto inoltre Boccia. “Ho ritrovato il professore tanti anni dopo alla Luiss, con qualche capello grigio in più, ma lo stesso garbo, la stessa dolcezza, intento a fare lezioni davanti ad aule sempre gremite. In più di un momento, di fronte a questioni complesse, ho anzi pensato che nulla potesse andar male se, da qualche parte nello stesso edificio, c’era il professor Di Taranto a fare lezione. Oggi, con sgomento e dolore, sono qui a salutarlo” ha scandito Vincenzo Boccia. “Nessuno dei suoi insegnamenti andrà perduto, e questo era un messaggio di riconoscimento e gratitudine scritto da uno studente di tanto tempo fa al suo professore” ha assicurato infine Boccia nel suo ricordo dell’economista Giuseppe Di Taranto. (di Andreana d’Aquino)
 

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