“Per decidere sul vaccino obbligatorio andrebbe valutato l’impatto biologico, clinico ed epidemiologico del virus. Le categorie più colpite dall’infezione, per esempio, risultano 5-11enni e 40-50enni. Sarebbe auspicabile che almeno i dipendenti della pubblica amministrazione e le forze dell’ordine fossero obbligati a vaccinarsi essendo a stretto contatto con la popolazione”. Lo dice alla Stampa Giorgio Palù, professore emerito di Virologia all’Università di Padova, presidente dell’Aifa e membro del Cts, secondo cui l’obbligo per tutti “resta la soluzione estrema da valutare in base all’andamento della pandemia. Certo non siamo ancora alla situazione austriaca”.
“Il certificato verde – prosegue Palù – è stato un grande successo di politica sia sanitaria sia economica e potrebbe essere rafforzato per alcune attività, stanti i limiti tecnici del tampone sia antigenico sia molecolare. L’immunità, come dimostrano gli studi sulla popolazione, inizia a calare già intorno ai sei mesi specie negli anziani e nei soggetti con patologie concomitanti. È pertanto ragionevole la proposta di abbassare la durata del certificato a nove mesi. L’incremento della protezione data dal ‘booster’ è ottimo nei confronti di tutte le varianti, ma sulla durata si deciderà in base ai dati scientifici”.
Riguardo l’estensione a tutti della terza dose, il virologo sottolinea che “l’Fda americana l’ha autorizzata dai 18 anni e anche da noi l’opportunità sarà presto valutata. I bambini sono sicuramente più esposti alla variante Delta. Entro fine novembre l’Ema dovrebbe pubblicare la sua valutazione rischi-benefici e successivamente l’Aifa si esprimerà”. Quanto ai contestatori del green pass e dei vaccini e allo spazio che hanno in tv, “la comunicazione durante la pandemia è stata talmente assillante da generare una vera infodemia che ha sconcertato la società. È essenziale dare un’informazione corretta al pubblico fornendo le basi conoscitive per interpretare il fenomeno pandemico: che parlino dunque i responsabili politici, delle istituzioni sanitarie e scientifiche”.
Sulla crescita del contagio, Palù non si mostra allarmista, sostenendo di essersi aspettato “una recrudescenza invernale, ma grazie ai vaccini non è esponenziale. L’Italia non può lamentarsi. Tutta Europa sta peggio, perché meno vaccinata. I fattori dei nuovi contagi sono quattro: il clima invernale che facilita la diffusione aerea del virus, la variante Delta più contagiosa, i non vaccinati e il calo dell’immunità. Quanto crescerà ancora il contagio? Sono previsioni da biostatistici, che dipendono da variabili spesso poco controllabili. Dovremmo avere l’umiltà di dire che si tratta di un’evoluzione poco prevedibile. L’unica sicurezza è la protezione data dai vaccini, da rafforzare con la terza dose”.
Quanto alla possibilità che il virus sia fuoriuscito da un laboratorio di Wuhan, Palù dice che “le ipotesi rimangono sempre due. La prima è che il virus sia passato dal pipistrello all’uomo, eventualmente tramite un ospite intermedio, e la seconda che sia uscito per errore da un laboratorio. Il virus ha la stranezza di un’inserzione di dodici nucleotidi in un sito del gene S non soggetto a ricombinazione. Questo ha reso in origine il virus particolarmente infettivo. Non si può dunque escludere una manipolazione. È già successo in passato che un virus sia uscito dal laboratorio. Può capitare se non si rispettano le misure di sicurezza necessarie per il contenimento di agenti ad alta patogenicità. Quello che è certo è che i cinesi non hanno contribuito a far luce sulla questione”.